Archetipo e modello dei battisteri cristiani per l’intero medioevo, l’attuale Battistero dell’Arcibasilica Papale di San Giovanni in Laterano, chiamato anche Battistero di San Giovanni in Fonte o Battistero Costantiniano è stato edificato all’epoca di papa Sisto III (432-440) riutilizzando precedenti materiali da costruzione. L’ambiente interno è occupato al centro da una grande vasca che consentiva il rito dell’immersione, alimentata in origine dall’acqua che fuoriusciva da sculture d’argento a forma di cervo.

Prima di questo intervento, nello stesso luogo, era presente un altro battistero voluto da Costantino I (306-337) le cui caratteristiche architettoniche sono state messe in luce da scavi archeologi. È tuttavia probabile che gli architetti dell’imperatore cristiano adattassero il nymphaeum imperiale datato al tempo di papa Milziade, cioè tra il 311 e il 314.

Addossate al perimetro esterno papa Ilario (461-468) fece aggiungere tre cappelle dedicate a San Giovanni Evangelista, San Giovanni Battista e alla Santa Croce (successivamente abbattuta) oltre ad un atrio con portico a due colonne di porfido biabsidato con catini ricoperti da mosaici. La cappella di San Venanzio, con mosaici a fondo oro, fu aggiunta soltanto nel VII secolo.

Gli studi

II battistero costantiniano fu, come l’attigua vasta basilica di San Giovanni, dotato da Costantino di arredi e proprietà cospicue, e il fatto farebbe pensare ad una fabbrica istituita appositamente e non ricavata utilizzando precedenti assetti. Gli studi di Giovanni Pelliccioni del 1974 (Le nuove scoperte sulle origini del Battistero Lateranense, Edizioni Musei Vaticani) hanno mutato radicalmente le precedenti acquisizioni al riguardo, precipuamente incentrate sulle indagini e deduzioni di Giovanni Battista Giovenale del 1929 (Il Battistero Lateranense nelle recenti indagini della Pontificia commissione di archeologia sacra, Pontificio Istituto di archeologia cristiana). Questi aveva indicato come aula battesimale costantiniana una costruzione circolare sostituitasi a quattro ambienti di una domus romana corredata da una terma adiacente alle costruzioni dei castra severiana.

Il battistero, eretto contemporaneamente alla basilica dall’imperatore, era quindi a pianta centrale, come l’attuale, ma circolare invece che ottagona, e fornito di impianti idrici per il battesimo ad immersione; la vasca al centro era in porfido, interamente rivestita d’argento, ed aveva al centro una colonna pure in porfido sormontata dalla statua dell’Agnus Dei interamente d’oro. Costantino aveva provveduto inoltre a dotare il battistero di altri preziosi ornamenti: sette cervi d’argento e una ampolla d’oro che versavano l’acqua nella vasca, alla cui estremità erano le statue, pure d’argento, del Battista e del Salvatore.

Per Giovenale e per altri studiosi dopo di lui, Sisto III aggiunse un atrio a forcipe, preceduto da un piccolo portico architravato con due colonne pure di porfido; resti di questo ingresso sono ancora visibili nella cappella dei Santi Cipriano e Giustina, insieme a frammenti di tarsie marmoree (sulle pareti) e di decorazione musiva a girali (nella volta). Il Pelliccioni, invece, partendo da una storia diversa delle fasi della domus, ha datato l’edificio circolare negli anni immediatamente precedenti l’intervento costantiniano, individuandovi altresì due fasi edilizie. Questo dopo aver concluso che l’ultima trasformazione della casa, sulla quale insistette la costruzione rotonda, risaliva a circa venti anni prima. Quindi le tracce di tale manufatto, che ancora oggi si possono controllare sotto il pavimento del battistero lateranense, non corrisponderebbero a quelle del precedente impianto costantiniano, ma apparterrebbero a un edificio di destinazione ignota, forse templare, venuto a sconvolgere un assetto edilizio da poco ricomposto.

Costantino si sarebbe limitato a utilizzare tale costruzione per scopi principalmente della liturgia battesimale, cedendo anche al vescovo romano gli ambienti residui della casa. In seguito però, intorno agli anni Quaranta del IV secolo, il battistero sarebbe crollato e sarebbe stato sostituito dalla costruzione ottagonale che oggi vediamo e che si attribuisce normalmente al pontificato di Sisto III. Per il Pelliccioni, l’intervento di quest’ultimo pontefice si sarebbe limitato a poca cosa: soltanto una correzione inerente l’ampiezza delle porte della fabbrica oltre a ristrutturazioni interne, e al peristilio centrale recante l’epigrafe che poeticamente ne ricorda l’operato. All’interno l’edificio presenta infatti un anello di otto colonne di porfido con capitelli corinzi che sorreggono un architrave su cui poggiano altre otto colonne, più piccole, in marmo bianco.

La faccia interna dell’architrave vede raffinate lavorazioni a dentelli, ovoli e baccellature, mentre l’esterna ospita l’iscrizione di Sisto:

Gens sacranda polis hoc semine nascitur almo
quam foecundatus spiritus edit aquis
mergere, peccator, sacro purgante fluento:
quem veterem accipiet proferet unda novum
nulla renascentum est distantia, quos facit unum
unus fons, unus spiritus, una fides.
Virgineo foetu genitrix ecclesia natos
quos spirante deo concipit amne parit.
Insons esse volens, isto mundare lavacro,
seu patrio premeris crimine, seu proprio.
Fons hic est vita, et qui totum diluit orbem
sumens de christi vulnere principium.
Coelorum regnum sperate hoc fonte renati:
non recipit felix vita semel genitos.
Nec numeros quemqua scelerum, nec forma suorum
terreat: hoc natus flumine, sanctus eri.

[Nasce da questo seme divino un popolo da santificare, che lo Spirito fa sorgere in quest’acqua, fecondato: immergiti, peccatore, nel sacro fiume per essere purificato: l’acqua restituirà nuovo quello che avrà accolto vecchio. Non c’è più distanza tra coloro che rinascono e che una sola fonte, un solo Spirito, una sola fede uniscono. La Madre Chiesa partorisce virginalmente in quest’acqua i nati che concepì alla morte di Dio. Se vuoi vegliare, purificati in questo lavacro, sia che ti opprima la colpa dei padri, sia la tua. Questa fonte è la vita, e prendendo principio dalla ferita del Cristo lava tutto il mondo. Sperate il Regno dei cieli, voi che qui siete rinati: non godranno invece la vita dei beati coloro che sono nati una volta sola. Né il numero, né la qualità dei peccati atterrisca alcuno: chi è nato in questo fiume sarà salvo].

Se le cronologie del Pelliccioni risultassero persuasive, si dovrebbe realmente scrivere una nuova storia del battistero. Non solo, infatti, l’imperatore cristiano non avrebbe costruito il battistero, ma neppure Sisto III lo avrebbe riedificato. Inoltre, anche l’atrio a forcipe, trasformato nel secolo XII nella chiesa delle SS. Rufina e Seconda, non sarebbe stato opera di Sisto e la calotta di destra col celebre mosaico delle croci fra i racemi di acanto, sarebbe opera di Anastasio IV (1152-1154), quindi posteriore addirittura al mosaico della chiesa di San Clemente. Le motivazioni che sostengono la mancata attribuzione a Costantino della costruzione della fabbrica circolare appaiono tuttavia deboli per l’insigne archeologa cristiana Margherita Cecchelli.

Gli oratori

Nel corso del tempo l’edificio battesimale venne corredato da una serie di oratori che ne accrebbero la monumentalità e la valenza liturgica. Gli oratori di San Giovanni Evangelista e di San Giovanni Battista, a sinistra e a destra rispetto all’ingresso a forcipe, quello della Santa Croce, ubicato in posizione quasi opposta all’atrio medesimo, e con un articolato accesso, corrispondente all’incirca a quello odierno al battistero. Di questi tre oratori, che furono edificati per volere di papa Ilaro, soltanto due, pur se rimaneggiati, sono ancora esistenti, quelli dedicati all’Evangelista e al Battista. Il terzo oratorio, dedicato alla Santa Croce della quale conservava una reliquia, esterno al battistero, fu demolito per la sistemazione della piazza dall’architetto del Canton Ticino Domenico Fontana (1543-1607) che dando prova di capacità ingegneristiche vi eresse nel 1588 un grande obelisco egizio.

Del sacello della Croce possediamo una incisione edita da Antonio Lafréry del 1568 che lo delinea a pianta cruciforme, con quattro piccoli ambienti angolari, descrivendolo incrostato «tutta di marmi pietre mischie e porfidi e serpentini con alcuni lavori di stucco si come si vede parte fin al presente e d’or fine composito e fu opera di buono architetto».

L’altro oratorio, di San Venanzio, fu aggiunto per volontà del papa dalmata Giovanni IV (640-642) per accogliere le reliquie dei martiri illirici Venanzio e Domnione intorno alla prima metà del secolo VII.

L’oratorio del Battista, a forma ovale, annovera affreschi laterali di fine secolo XVIII sul Battesimo di Gesù e sulla Decollazione del Battista.

Sopra l'altare è presente un tabernacolo formato da due colonne scanalate a spira di serpentino con capitelli e basi dorati sorreggenti l'architrave di marmo bianco. La statua in bronzo raffigurante il Battista entro la nicchia è di Donatello da Formello, la fusione è opera dell'orafo e scultore romano Luigi Valadier, padre del più celebre Giuseppe.

L’oratorio dell'Evangelista, a forma di croce greca, presenta la decorazione della volta campita dall’Agnello mistico e da un tessuto ornamentale a motivi animalistici inquadrati in posizione araldica, definiti entro un articolato gioco di settori ricavati da motivi a candelabri e floreali. Sull'altare la nicchia, tra due colonne di alabastro orientale con capitelli e stilobati di metallo sorreggenti un fronte marmoreo, racchiude la statua in bronzo realizzata da Giovanni Battista della Porta raffigurante San Giovanni Evangelista fusa da Luigi Valadier nel 1772.

Gli interventi

Secondo lo storico Giovanni Diacono, vissuto nella seconda metà del IX secolo, Sant’Elena, madre di Costantino, è stata battezzata nel battistero Costantiniano, mentre è da considerarsi leggenda romana della seconda metà del V secolo la notizia, peraltro riportata al tempo di Sisto V nell’iscrizione presente sulla base dell’obelisco posto in piazza San Giovanni in Laterano, che l’imperatore sia stato battezzato nello stesso luogo.

Al centro dell'aula battesimale, alla fine del secolo XVI, è stata sistemata l'urna di basalto rossastro su poggiolo di due gradini di marmo pario. Sovrapposto all'urna, nella seconda metà del Seicento, è stato realizzato il fastigio in bronzo dorato dall’artista Ciro Ferri (1634-1689). Durante il Sacco di Roma del 1527 i mosaici della volta andarono perduti, Paolo III nel 1540 fece eliminare la volta anulare coprendo la fabbrica con l’attuale legno dorato in cui campeggiano le figure di San Giovanni Evangelista, la Vergine Assunta, San Giovanni Battista.

Gli affreschi interni, con episodi della Vita di Costantino, risalgono al pontificato di Urbano VIII (1623-1644), il cui stemma con le api campeggia sul pavimento. Il pontefice fiorentino nel 1639 incaricò Andrea Sacchi di decorare l'ottagono della cupola con quadri ad olio colossali raffiguranti episodi della vita di San Giovanni Battista e di terminare gli affreschi delle pareti. Collaboratori del Sacchi furono: Andrea Camassei (Trionfo di Costantino e Battaglia di ponte Milvio), Carlo Maratta (La distruzione degli idoli), Giacinto Gemignani (Visione di Costantino). Ai lati dei portali i monocromi raffiguranti San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista, Costantino, Papa Silvestro e le allegorie dello stemma di Innocenzo X.

Lo stesso Urbano VIII ha patrocinato ampi lavori di restauro, i lavori furono affidati all’architetto della Camera Apostolica Domenico Castelli (1582-1657), al quale fu affiancato nel 1633 Gianlorenzo Bernini. L'esterno in laterizio, ornato con un fregio disegnato nel 1657 da Francesco Borromini, mostra alcune tracce di aperture chiuse in epoche precedenti.