Mentre gli adolescenti italiani sono sempre più tecnologici, un po’ per esigenze scolastiche un po’ per l’abitudine sempre più radicata di associare lo svago all’utilizzo di dispositivi smart, oltreoceano qualcosa sta cambiando. Se fino a non molto tempo fa negli Stati Uniti, ma non solo, la preoccupazione era legata al divario digitale tra gli studenti, ovvero tra i meno abbienti e i benestanti che avrebbero avuto accesso a Internet prima degli altri acquisendo così competenze tecnologiche in anticipo, oggi il vero lusso sembra essere il ritorno all’interazione umana e, perché no, ai giocattoli tradizionali.

È quanto fa sapere il New York Times raccontando come un nutrito gruppo di genitori della Silicon Valley sia sempre più preso dal panico per l'impatto che gli schermi stanno avendo sui loro figli e si stia spostando verso stili di vita “off-screen”.

Negli ultimi sei mesi, nelle biblioteche scolastiche di Overland Park, un sobborgo di Kansas City, circa 150 genitori hanno organizzato incontri proprio per parlare di come allontanare i propri figli da quella che sembra essere diventata una vera e propria dipendenza.

Non sembra facile secondo gli organizzatori di un programma con sede a Kansas City chiamato START, che sta per “Stare insieme e ripensare la tecnologia”, i quali sottolineano quanto possa essere difficile sottrarre i telefonini ai giovani studenti delle scuole medie.

Se intanto nelle scuole materne dei quartieri benestanti si sta diffondendo la tendenza di tornare ai giochi del passato e della tradizione, nel frattempo lo Utah ha lanciato una scuola materna solo online finanziata dallo Stato, con un target di circa diecimila bambini.

Secondo una ricerca di Common Sense Media, riportata dal quotidiano statunitense, gli adolescenti di famiglie a basso reddito trascorrono in media otto ore e sette minuti al giorno utilizzando gli schermi per l'intrattenimento, mentre i coetanei appartenenti a famiglie con reddito più alto quel tempo si riduce a cinque ore e quarantadue minuti.

Gli stessi genitori sostengono il manifestarsi di un crescente divario tecnologico tra scuole pubbliche e private anche nella stessa comunità. Mentre la privata Waldorf School of the Peninsula, popolare tra i dirigenti della Silicon Valley, evita l’utilizzo degli schermi, la vicina Hillview Middle School pubblica pubblicizza il suo programma iPad 1:1.

In sintesi, come ha rivelato al New York Times Chris Anderson, ex direttore della rivista Wired, se prima il divario digitale riguardava l'accesso alla tecnologia, ora che tutti hanno questo accesso, il nuovo digital divide sembra essere quello di limitare l'accesso alla tecnologia.

Nel contempo nel nostro Paese, come riportato in una recente pubblicazione di Save the Children “secondo gli ultimi dati Istat a disposizione, più di 4 minori su 10 vivono in abitazioni sovraffollate, privi di spazi adeguati allo studio, e il 12,3% non ha un computer o un tablet in casa per seguire le lezioni a distanza, percentuale che arriva al 20% nel Mezzogiorno. Tra i bambini e ragazzi che invece possono disporre di questi strumenti, il 57% si vede costretto a condividerlo con gli altri componenti della famiglia. Solo il 30% dei ragazzi impegnati nella didattica a distanza, peraltro, presenta competenze digitali elevate e idonee all’uso delle piattaforme online”. Pertanto in Italia potrebbe sembrare ancora lontana quell’inversione di tendenza che tuttavia è già la pulce nell’orecchio di molti genitori.