Partiamo da lontano. Da Adam Smith: “Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse.” Smith era un filosofo scozzese e non esattamente un economista. Visse alla fine del XVIII secolo; pur essendo un progressista del suo tempo viene annoverato oggi tra i conservatori. La sua frase, infatti, è nel primo capitolo di tutti i testi di microeconomia e sembra possa avvalere il TINA (There Is No Alternative) della Thatcher e di Reagan.

Smith coincide con l’affermarsi del capitalismo e la rivoluzione industriale, ciò significa: recinzione delle terre, espropriazione dei contadini, creazione di un mercato del lavoro indipendente, nascita delle manifatture, accelerare drasticamente la crescita e, infine, consolidare il potere della borghesia.

Cosa c'entra tutto ciò con la birra? Per oggi lasciamo in pace sia il macellaio che il fornaio di Smith e proviamo a concentrarci sul birraio. Perchè si pasteggiava con la birra? Erano così diffuse le birrerie? Si beveva anche fuori pasto? La risposta è data da tre “sì”.

Ma dov'erano allocate le birrerie? Fuori da fabbriche e concerie. Il padronato doveva pur rifarsi di parte del salario. Ma lo scopo era solo business? No! Finché il proletariato beveva non si dedicava alla politica e tantomeno al sindacato. Allora come oggi. Anzi, il gruppo di “uomini di fatica” si dilettavano a prendere in giro i pochi utopisti che volevano cambiare le cose.

Dopo una prima “media” già s'intravvedono le prime nebbie, una seconda media fa regredire il pensiero alla “seconda media” scolastica che, per il tempo, era un lusso irraggiungibile. Il padronato aveva tutto l'interesse che il consumo di birra fosse alto, soprattutto al tramonto, mentre l'operaio/bracciante doveva essere in forma per il giorno seguente.

Anche la filmografia contrappone giovani proletari dediti al vino ed al gioco d'azzardo ad un'aristocrazia che, dopo cena, consumava il proprio brandy “discutendo di politica ed affari”! Uno su tutti: il film Titanic.

Quindi si può affermare che bere è di sinistra? Affatto!

In Italia abbiamo avuto prova tangibile che le stragi del sabato sera, causa alcool, hanno iniziato a diminuire (purtroppo solo leggermente) grazie alla “patente a punti” introdotta da Silvio Berlusconi e ostacolata dai proprietari delle grandi discoteche romagnole che hanno avuto per lo più padrini a sinistra.

Se bere conviene al capitale – la Campari ha quasi 2 mld di euro di fatturato su base annua - allora conviene anche allo stato che del capitale ne è, in parte, rappresentante. Ecco spiegato perchè gli happy hours aumentano e non diminuiscono e le folle di giovani inebriati dalla bevanda che ha origini napoleoniche non sono in grado di sindacare, protestare, rivendicare i propri diritti. Non è un caso che quasi tutte le manovre degli ultimi anni siano a debito e, quindi, graveranno sulle nuove generazioni che, post Genova, abbiamo semplicemente “sedato” con l'alcool. Possiamo tranquillamene spendere 40 mld di euro per salvare le banche (manovra tanto dolorosa quanto necessaria per salvare i risparmi delle famiglie) e solo 2 mld per le politiche giovanili e siamo ormai certi che nessuno scenderà in piazza. Se non per un cin-cin.

E lo Stato? Lo Stato che ha a cuore la salute dei propri cittadini? Fa Bingo. Una bottiglia di whisky da 30 euro ha circa il 33% in tasse. 10 euro. Come, per l'appunto, il gioco d'azzardo e il fumo. T'informa che puoi morire e ti vende il pacchetto sul quale lucra. E non solo l'Italia. La Germania, per esempio, dalla vendita di birra guadagna 700 mln di euro anno in tassazione. La Repubblica Ceca ha il maggior consumo pro/capite di birra ma le vicine dell'ex cortina di ferro non son da meno. Alcolismo diffuso di mariti e figli pagato dalle mogli e badanti migrate ad occidente per mantenere un welfare altrimenti al collasso.

Come sortirne? Copiando! L'Islanda, nel tempo di una generazione, è riuscita ad abbassare incredibilmente gli indici sia di alcool che di abuso di droghe. Ha introdotto un coprifuoco per i minorenni (22.00 d'inverno e 24.00 d'estate), una maggiore collaborazione tra istituti scolastici e genitori, l'introduzione di divieti e la creazione straordinaria di attività extrascolastiche e sportive che coinvolgessero gli adolescenti a tempo pieno. Ed oggi è un altro Paese.

Eppure sembra non esservi scorciatoie dalla via islandese in quanto l'abuso di alcol costa. E troppo. Nel vecchio continente sono la bellezza di 125 miliardi di euro, pari all’1,3% del Pil europeo. È la stima dei costi sanitari e sociali provocati dall’alcool in Europa, in media 650 euro all’anno per ogni famiglia. 115.000 persone, soprattutto giovani, muoiono ogni anno negli Stati membri per cause alcool correlate. La metà del Covid. Ma la pubblicità progresso per sortirne non è pari al 50% del Covid. Non dimentichiamo anche questa emergenza.

L'abuso di alcool non è di destra e tantomeno di sinistra. E meriterebbe un po’ di attenzione.