Parliamo di NDE, acronimo di Near Death Experience, fenomeno definito in italiano più genericamente “esperienza di premorte”; ovvero di uno stato di persistenza dell’attività coscienziale pur quando si può constatare nel soggetto la cessazione di ogni funzione vitale. Sembrerebbe infatti che, in presenza di un elettroencefalogramma piatto e un arresto cardiaco accertato, talvolta non venga meno la capacità di avere concrete esperienze, sia uditive sia visive.

Incontriamo Fulvia Cariglia, laureata in sociologia, giornalista e psicologa; vive e lavora a Firenze e si occupa da molti anni di stati modificati di coscienza1.

I soggetti NDE, vittime di un trauma fisico così grave da essere ritenuti morti, dopo la rianimazione raccontano di aver vissuto momenti di piena consapevolezza anche in quella condizione di “non-più-vita”, così ben documentata con gli strumenti della scienza medica. In particolare ricordano di aver visto il proprio corpo esanime - per il quale peraltro non provavano più alcun interesse - di aver udito tutto ciò che accadeva intorno a quel loro corpo - compresa la diagnosi di decesso che lo riguardava - di aver visto così chiaramente quanto avveniva vicino ad esso da descrivere fin nei dettagli l’ambiente, le cose, le vicende.

Ma vi è un seguito non meno affascinante in questo strano viaggio fuori dalla coscienza vigile: l’attraversamento di un tunnel, la vista di una splendida luce confortante, l’apparizione di entità riconducibili a persone note o, talvolta, sconosciute, delle quali comunque il soggetto percepisce l’appartenenza ad un mondo ultraterreno.

Sono grossomodo queste le tappe fondamentali dell’esperienza, cui si possono aggiungere altri elementi più o meno frequenti e più o meno significativi come, ad esempio, il vissuto della life review, ovvero la visione panoramica di tutta o parte della propria vita passata, resa ancor più stupefacente dall’avvertire al contempo gioie e dolori che ne hanno caratterizzato lo svolgersi.

Risulta che le persone che riferiscono di essere state protagoniste di un percorso tanto straordinario sono numerosissime nel mondo.

Gli studi, sia negli Stati Uniti sia in Europa contano in milioni e milioni i casi accertati, considerevole dato che tuttavia non deve stupire se si pensa che il fenomeno, tra l’altro noto fin dall’antichità, si avvale di una letteratura sempre più ampia e circostanziata, sempre più affidabile.

E sul tema va di pari di passo un’amplissima letteratura.

Questo è fuor d’ogni dubbio. Se un tempo non lontano il materiale a disposizione dello studioso era scarso e comunque difficilmente reperibile, oggi la messa a punto di sempre più sofisticate tecniche di rianimazione aumenta l’opportunità del verificarsi dell’esperienza e, stante una maggior informazione generale in proposito, aumenta contemporaneamente l’apertura a parlarne da parte dei protagonisti.

Ma in che cosa possiamo dire si differenzino i racconti di questi protagonisti?

Il punto è proprio questo non si differenziano in termini sostanziali. Ed è quanto maggiormente mette in crisi coloro che vorrebbero ridurre l’esperienza a mera allucinazione. Non può essere frutto di allucinazione una testimonianza che, salvo qualche minimo carattere peculiare al soggetto, risulta sempre uguale nel tempo e nello spazio. Coloro che “ritornano” da uno stato di morte apparente, e sono ancora in grado di interagire in piena consapevolezza con la realtà che hanno per breve tempo abbandonato, riferiscono un vissuto identico nelle sue linee generali, e ciò ad ogni latitudine, a qualsiasi livello culturale e/o sociale e indipendentemente dall’appartenenza religiosa.

E gli esempi significativi non mancano.

Citerei per primi i bambini; i quali non possono aver avuto informazioni precise sul percorso di un soggetto NDE, eppure raccontano la propria esperienza come se la sapessero lunga sull’argomento e, oltretutto, riferendone i vari passaggi in maniera cronologicamente rispondente alla maggior parte della casistica.

Altra classe di soggetti interessantissima per lo studioso è quella costituita dai ciechi dalla nascita. Questi, infatti, pur non avendo mai potuto vedere un oggetto non comune (come può essere un attrezzo chirurgico) al risveglio sono in grado di descriverlo alla perfezione. Privi del senso della vista in piena salute, ne acquisiscono la facoltà proprio quando - è la scienza a dirlo! - non dovrebbero vedere alcunché.

Dopo un’esperienza di NDE si assiste a dei cambiamenti importanti nelle persone, alcune parlano addirittura di avere acquisito dei poteri parapsichici.

Non mi soffermo sui cambiamenti da lei citati, di cui talora si trova testimonianza perché al momento non ci sono studi scientificamente accreditati che ne trattino ma, data per certa una variegata casistica sui mutamenti postumi - dal diventare artisti allo scoprirsi improvvisamente pii e credenti - ancor più certo è che l’esperienza non passa mai ininfluente sulla vita della persona che l’ha conosciuta direttamente.

In generale le persone migliorano: guardano con occhio critico ai propri comportamenti e se ne rammaricano fino al punto di voler rimediare agli effetti che ne sono conseguiti; riconoscono di non sentirsi più al centro di ogni interesse personale e si offrono agli altri con maggiore disponibilità e generosa dedizione; comprendono l’importanza di impiegare efficacemente il tempo che è stato loro concesso di sopravvivere e assaporano ogni giorno con gratitudine come se fosse l’ultimo della propria vita. Ritenendo di aver varcato il confine fra la vita e la morte, in sintesi, si considerano dei privilegiati cui è stata accordata una proroga di esistenza che assolutamente non vorrebbero sprecare persistendo in quelli che ora individuano come errori.

È qui che si rileva il dato statistico più alto in tutta la ricerca NDE: il 99,99% dei protagonisti di un vissuto di premorte si libera della paura della morte e trascorre il resto della propria vita affrancato da quello che sembra essere il tabù più ingombrante della società moderna.

Ascoltando i racconti di queste esperienze straordinarie, ci si rasserena. La frontiera sullo studio degli stati non ordinari di coscienza è ampia e variegata. Il grande tema della rimozione della morte resta, ma è bello pensare possa esserci qualcosa dopo.

1 Fulvia Cariglia ha condotto sull’argomento seminari presso l’Università di Firenze e scritto i testi di trasmissioni radiofoniche Rai; ha diretto la rivista leader nel settore, nonché organizzato congressi internazionali specialistici presso la Repubblica di San Marino ed è autrice di alcune pubblicazioni sul tema, fra cui Territori oltre la vita, La luce e la rinascita, Rinascere dal passato e Incontrare il mistero.