Come afferma lo storico Ernesto Galli della Loggia, durante tutta la sua storia l'uomo ha cercato di dominare la natura e con le pandemie la natura cerca di re-impossessarsi dello spazio sottrattole. La spagnola, per esempio, ad inizio Novecento uccise tra i 50 ed i 100 milioni di persone, molte di più delle vittime della Prima guerra mondiale. Ma non è stata la prima. Per molto tempo le abbiamo definite “peste”: la peste ateniese (circa 430 a.C.), la peste antonina (circa 170 d.C.), la peste giustinianea (circa 541 d.C.), la peste nera (circa 1350), la peste manzoniana (circa 1630).

Verso la fine del 2019 inizia a circolare dapprima in Cina, poi nel resto del mondo un nuovo virus, molto contagioso. Un virus nuovo, sconosciuto al nostro sistema immunitario. In poco più di due mesi cambia completamente lo scenario globale ed una nuova epidemia (verrà definita pandemia dall'OMS l'11 marzo 2020) blocca il mondo intero. Al 17 maggio 2020 (dati OMS) sono 4.494.873 i casi confermati in tutto il mondo; 305.976 i deceduti; l'economia mondiale potrebbe perdere il 6,4-9,7% del PIL (fonte ADB).

Quasi tutti i Paesi hanno chiuso i confini nazionali; i viaggi sono stati fortemente limitati non solo da una regione ad un'altra ma anche da una città ad un'altra. È iniziato il lockdown, il periodo di isolamento con divieto di uscire dalla propria abitazione se non per urgenze o necessità da documentare agli agenti di polizia. Gli esperti dicono che l'occupazione mondiale diminuirà di 158-242 milioni di posti di lavoro ed il reddito da lavoro di 1.200-1.800 miliardi alimentando una gigantesca folla di nuovi poveri. Dall'altro lato abbiamo assistito ad una drastica riduzione dell'inquinamento, gli animali hanno invaso le città deserte, si potevano vedere i pesci nei canali di Venezia, i figli hanno cominciato a passare più tempo con i propri genitori che restano a casa o per telelavoro o perché hanno perso il lavoro. Abbiamo riscoperto ritmi più rilassati. Abbiamo approfittato per fare tante cose che prima “non avevamo il tempo” di fare. In molti auspicano che il mondo di domani non sia come quello di ieri ma che l'epidemia possa portare un nuovo rinascimento basato più sulle persone che sull'economia.

Tra questi l'artista Vincenzo Marsiglia con il suo progetto:

#unritrattoperunirci propone di unirci attorno a un ritratto, il nostro, quello del medico o dell’infermiere che ci sta curando, il ritratto della comunità artistica e culturale che cerca di continuare a fare vivere l’arte…. Siamo tutti le espressioni di questo periodo di pandemia che il mondo sta affrontando. #Unritrattoperunirci propone di creare una grande comunità reale e virtuale chiedendo un selfie che verrà rielaborato in un vero e proprio ritratto digitale grazie all’utilizzo dell’applicazione Interactive Star. Ogni giorno verrà pubblicata una serie di ritratti che sarà l’espressione di un pensiero positivo che diventerà la voce comune, la speranza, lo slancio verso varie possibilità di creare nuove dinamiche che mirano a una solidarietà senza confini. Non siamo soli. Siamo tutti uniti, uniti per sopravvivere, uniti per l’amore dell’arte, uniti attraverso i nostri ritratti.

Così, per approfondire l'argomento, ho posto alcune domande direttamente a Vincenzo Marsiglia.

Come è nato, cosa si propone e come stai sviluppando il tuo progetto #unritrattoperunirci?

Il progetto è nato dall’esigenza di sensibilizzare un’ampia comunità di persone appartenenti alla cultura e non soltanto, per generare un pensiero che cresce sempre di più e diventa il più “virale” possibile. Il progetto si auto-alimenta e auto-sviluppa con la partecipazione delle persone che generano un messaggio positivo.

Perché proprio il ritratto?

Il ritratto è sempre stato un mezzo per comunicare messaggi già nei tempi lontani e tuttora, poi il ritratto, il volto, la persona stessa fa sempre parte del mio concetto di opera interattiva che genera una traccia e crea domande alla persona stessa. Un fattore importante vi è nel concetto del rielaborare queste immagini grazie alla mia applicazione Interactive Star che permette di percepire il vero stato d’animo della persona, l’essenza di chi viene rielaborato.

Per il momento è un progetto, se ho capito bene, che stai sviluppando sui social networks. Prenderà in seguito una forma diversa, penso a un’installazione o mostra o libro/catalogo, oppure no?

Sì, la tua visione è esatta, il progetto si sta sviluppando anche oltre i social, grazie all’appoggio di due realtà importanti, una è la VAR Group azienda leader nel campo della sicurezza digitale e la Fondazione Luca e Katia Tomassini, attenta all'innovazione in ambito digitale e culturale, il direttore artistico è Davide Sarchioni. Queste due realtà esterne hanno appoggiato il mio concetto e grazie alle due curatrici degli eventi esterni Julie Fazio e Laetitia Florescu si realizzeranno delle installazioni site specific, infatti, sto già lavorando per unire sempre più persone per creare degli eventi collettivi. La mia idea è quella di creare un grande messaggio globale senza confini per poter dare forza ad una nuova visione di vita e arte grazie alla tecnologia e all’uomo, quindi la costruzione di un secondo Rinascimento.

Il focus di questo tuo progetto è la volontà di creare una solidarietà senza confini. Un tema che l'attuale virus in tutta la sua drammaticità, ci ha posto di fronte. Il virus ci ha ricordato qualora ce lo fossimo dimenticati, che siamo tutti nella stessa barca. Come può l'arte aiutarci in questo momento così difficile?

L’arte ha un compito fondamentale in questo determinato momento, deve riattivare nuovamente quella forza di comunicazione globale che permette di emanare messaggi positivi e di generare bellezza proprio per poter sgravare tutto il brutto di questi mesi tesissimi tra paure e diffidenze. Vorrei dare luce al tema sentito della solidarietà, in questo caso nell’appoggiare in modo forte l’idea del progetto e il far sentire la propria vicinanza da parte di un gruppo di artisti importanti provenienti dal continente africano, il loro coinvolgimento emotivo mi ha reso orgoglioso.

La quadreria che hai composto, che stai componendo, è focalizzata sul ritratto; porta l'attenzione più sulle persone che sugli individui, cioè prova ad immaginare un futuro simile ad una comunità. Quanto pensi sia fattibile? Quanto siamo disposti a sacrificare per un ideale così grande? Te lo chiedo come artista ma anche come persona che come tutti noi vive questo momento che solo fino a qualche mese fa appariva inimmaginabile.

Quando ho pensato al progetto di sensibilizzazione #unritrattoperunirci avevo nella mente proprio il senso di vedere tante persone una vicina all’altra e concettualmente era oltrepassare, almeno digitalmente, il distanziamento sociale. Ora noi ragioniamo come collettivo, mi piace che sia passato questo messaggio che non è l’individuo ma è il collettivo. Nasce quindi l’idea di una costellazione, oltre il rimando al mio segno (UM, Unità Marsiglia, stella a quattro punte), che si espande e si alimenta sempre di più, nuove connessioni uno con l’altro e la forza si genera grazie alle altre persone e l’individualità perde forza.

Ci sono altri progetti futuri ai quali stai lavorando e che ci puoi anticipare?

Sì, e colgo questa occasione per annunciare un nuovo progetto che sarà curato da Annalisa Ferraro dal titolo Tracce di memoria. Linguaggi tra presente, passato e futuro. Per questa mostra realizzerò un’opera totalmente inedita dove spingerò ancor di più l’utilizzo della tecnologia grazie all’ausilio degli Hololens 2, che genereranno spazi virtuali ma con il concetto della realtà mista tra digitale e reale, con l’emozione della colonna sonora creata da Ocrasunset (Simone Boffa) con il quale sto collaborando da tempo per la realizzazione di una serie di installazioni interattive; quindi la musica, con l’utilizzo delle ultime innovazioni nel campo sonoro, diventa un suono 3D.