Alla metà del Cinquecento si poteva salire sull’alto della collina del Pincio solamente per vie campestri non carreggiabili. Il convento e la chiesa della SS. Trinità dei Monti, gestita dalla Francia e posta sulla sommità, costituiva tuttavia un polo d’attrazione per alti prelati, nobili e dame devote di alto lignaggio che vi si recavano in visita, oltre che per la comunità francese. Tuttavia le carrozze per raggiungere la vetta del colle (61 m s.l.m.) dal quartiere cittadino fortemente urbanizzato del Campo Marzio dovevano fare un lungo giro sul declivio del colle, dalla parte della chiesa di Santa Maria del Popolo.

L’idea di realizzare un più comodo accesso o una scalinata dovette quindi imporsi tra i potenti e i tecnici, ma anche tra i pellegrini e i cittadini. Inoltre la Francia favoriva l’idea di erigere una qualche architettura che doveva esaltare la potenza della nazione che in quel periodo si avviava a ricoprire un importante ruolo in Europa.

Nel 1567 ci fu un primo interessamento dei Maestri delle Strade che costruirono sulla costa due vie tortuose carreggiabili; successivamente si interessò del problema nientemeno che il cardinale Giulio Mazzarino, che solo la prematura morte, avvenuta a cinquantanove anni il 9 marzo del 1661, impedì di tradursi in realtà.

Il legato di Stefano Gueffier per la scalinata

Il diplomatico francese di Le Mans, Stefano Gueffier (1574-1660), addetto all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, sotto i papi Urbano VIII, Innocenzo X ed Alessandro VII, giunto ad ottanta anni decise di lasciare le sue spoglie mortali a Roma, considerata sua seconda patria, e compilare due regolari testamenti, uno per i beni lasciati in Francia e un altro per quelli accumulati in Italia in trenta anni di servizio diplomatico. Quest’ultimo testamento, scritto in francese, è datato 1° gennaio 1655 e porta l’obbligo di spendere ventimila scudi per “far fabricare il più presto che far si potrà doppo la mia morte li gradi avanti la detta chiesa della Trinità conforme il modello, che si troverà con questo mio testamento”.

Successivamente la cifra per la realizzazione della scalinata verrà ridotta a diecimila scudi, per favorire un nipote, Cristoforo Chappus, che negli ultimi anni di vita era andato ad abitare con lui.

La somma destinata alla scalinata viene considerata insufficiente dai Minimi della Chiesa della SS. Trinità dei Monti, tuttavia, potendoli investire in titoli di rendita, intorno al 1700 potevano vantare per lo scopo un capitale che superava i trentamila scudi. I Minimi chiesero e ottennero delle proroghe alla realizzazione, fino al 1717, quando Clemente XI ordinò perentoriamente il conteggio del capitale Gueffier e l’avvio alla costruzione della scalinata.

Il vincitore: l’architetto Francesco De Sanctis

Agli architetti furono chiesti disegni e modelli, e questi risposero con entusiasmo, tanto che tra il 1717 e il 1721 vennero presentati circa venti progetti. Tra questi, tre del vincitore architetto del convento, Francesco De Sanctis; tre attribuiti ad Alessandro Specchi; uno di Antonio Valeri e uno del savoiardo Pierre Hustin.

Nel 1723 iniziano i lavori per la costruzione della Scalinata di Trinità dei Monti secondo il progetto dell’architetto romano Francesco De Sanctis (1693-1740), che si concluderà nel 1726. Questa costituisce lo scenografico raccordo tra la zona bassa di Piazza di Spagna con le pendici del Pincio, sulla cui sommità svetta la chiesa.

La monumentale e allungata scalinata pubblica è soprattutto un monumento funzionale, ritmato da 339 scalini divisi in tre rampe, due laterali e una centrale. L’architetto disegna una scala che non possiede soluzioni di continuità, anche con la presenza di una piazza, e tale che sia visibile da ogni parte e in particolare dalla prospiciente via Condotti.

Ai lati della scalinata l’architetto realizza nello stesso periodo anche due edifici con funzione di “quinte architettoniche”: quello di sinistra ospita oggi il noto Babington’s, la prima sala da tè di Roma; quello di destra è chiamato Casina Rossa, dove visse e morì nel 1821 John Keats, mentre dagli inizi del Novecento è sede della Fondazione Keats-Shelley Memorial.

L’ultimo Restauro

La struttura è stata oggetto di un importante intervento di restauro dall'ottobre 2015 al settembre 2016, più precisamente l’inaugurazione al termine dei lavori si è svolta giovedì 22 settembre 2016. Dal giorno successivo la scalinata è tornata normalmente percorribile.

Responsabile istituzionale dell’intervento è stata l’amministrazione di Roma Capitale, assessorato alla Crescita culturale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. In particolare i lavori sono stati seguiti dalla dott.ssa Anna Maria Cerioni (Direttore Scientifico); dall’arch. Eleonora Scetti (Responsabile del Procedimento); dall’arch. Monica Zelinotti (Direzione dei Lavori).

L’impresa esecutrice del delicato e complesso restauro è stata Il Cenacolo Conoscere e Conservare s.r.l. - Gruppo Pouchain, società specializzata nel settore restauro, recupero e valorizzazione dei beni culturali, con particolare esperienza nel settore architettonico e storico-artistico, non nuova ad interventi problematici e difficoltosi, essendosi già impegnata in innumerevoli lavori, tra questi la Cattedrale di Taranto, le Terme di Diocleziano, le Mura della città di Pisa e i Fori Imperiali. Per l’impresa appaltatrice, hanno fornito il loro contributo il dott. Marco Pouchain (Amministratore Unico), i geometri Giacomo Sabino e Davide Buzzi (Responsabili OG2), la restauratrice Alessandra Dainese (Responsabile OS2).

Il restauro si è reso possibile grazie ad una donazione di 1,5 milioni di euro elargita dal Gruppo Bulgari a Roma Capitale in occasione del 130° Anniversario della Maison. La Scalinata di Trinità dei Monti rappresenta infatti anche il cuore della storia della più importante gioielleria italiana, il collegamento tra via Sistina, dove il gioielliere romano Sotirio Bulgari si stabilì ed aprì il primo negozio nel 1884, ed il negozio attuale al numero 63 di via dei Condotti.

Gli interventi di restauro si sono incentrati sulla pulitura, consolidamento e protezione di tutte le superfici lapidee, incluso il recupero funzionale delle gradinate per garantire la sicurezza di chi la percorre, inoltre sono state effettuate delle verifiche statiche sui muri di contenimento delle rampe superiori.

Dopo un primo periodo di chiusura completa, la scalinata è stata accessibile nelle ore diurne da una delle due rampe laterali all’interno dell’area di cantiere per poi essere nuovamente richiusa nell’ultima fase cruciale di completamento dei lavori.

Il ritrovato candore del travertino dei gradini è tornato quindi a valorizzare la maestosa struttura della scalinata, che sembra adagiarsi sul colle articolandosi in un continuo alternarsi di sporgenze e rientranze.

Nel 2015, a vent’anni esatti dal precedente intervento di restauro, la Scalinata si trovava in pessime condizioni di conservazione. Le superfici lapidee annoveravano diverse forme di lesioni e degrado essenzialmente causate dall’uso continuo, vista la funzione di percorso cittadino dell’opera, e ai processi naturali di alterazione, considerato che il monumento è all’aperto esposto alle intemperie. A queste cause vanno sommati gli atti vandalici, gli usi impropri e la qualità scadente del travertino con cui è stata realizzata. Negli anni questo ha generato danni, in alcuni casi anche irreversibili come fratture, combustioni, scritte vandaliche, che hanno procurato differenziate realtà conservative.

In particolare i gradini mostravano mancanze, lesioni e rotture, assottigliamenti irregolari conseguenziali all’usura; le rampe superiori presentavano fratture e dissesti; i precedenti interventi restaurativi realizzati in momenti differenti avevano perso la finitura a finto travertino; le superfici in travertino degli alzati e dei gradini risultavano fessurate, sporche e coperte da patine biologiche. In numerosi casi le coperture dei parapetti risultavano sollevate dalla infestante vegetazione proveniente dai giardini limitrofi alla scalinata.

Le due grandi epigrafi marmoree presentavano superfici molto disgregate ed erose, con vaste aree di macchie scure causate da formazioni biologiche. In entrambe le lapidi la rubricatura era lacunosa e per l’erosione superficiale alcune lettere avevano perso il solco dell’incisione.

Le superfici delle specchiature laterizie annoveravano lacune, soprattutto nelle integrazioni dei consolidamenti antecedenti, risultavano con notevoli efflorescenze saline cromaticamente disomogenee e sporche, gli intonaci dei muri di contenimento laterale versavano in condizioni pessime con ampi settori staccati.

Su tutto l’esteso paramento lapideo sono state effettuate innumerevoli preliminari verifiche e indagini diagnostiche effettuate da Il Cenacolo, successivamente sono stati realizzati vari cicli di trattamento biocida, e ancora la pulitura effettuata con mezzi meccanici, soprattutto sui parapetti. La stuccatura delle mancanze e dei giunti è stata realizzata con malte a base di calce e polveri di travertino e marmo.

Le operazioni più complesse e delicate sono risultate quelle sui parapetti, dove l’eliminazione delle piante infestanti ha comportato lo smontaggio e il rimontaggio successivo di alcune copertine in travertino; quelle sulle due lapidi marmoree celebrative che si presentavano di difficile interpretazione e decoese; quelle sulle specchiature laterizie, che hanno necessitato di puntuali e lunghe operazioni di riequilibratura cromatica. Naturalmente le operazioni più difficili sono state quelle effettuate sui gradini, finalizzate al ripristino dell’integrità funzionale e di sicurezza, con sostituzioni e tassellature di porzioni anche estese.

Per ultimo è stato revisionato l’impianto di illuminazione artistica, con nuova tecnologia a Led curata da Acea; sono stati restaurati i sedici antichi lampioni in ghisa; è stato potenziato l’impianto di videosorveglianza.

Conclusioni

Cesare Brandi, colui il quale ha codificato con criteri rigorosi la disciplina del Restauro, nel suo fondamentale libro Teoria del restauro, afferma che il restauro richiede un esame “caso per caso” rendendo incerta e problematica l’affermazione di ogni principio generale.

Questo è stato realizzato con grande attenzione e adeguata preparazione nel restauro della Scalinata di Trinità dei Monti, dove lo studio scientifico, il pertinente progetto, l’approfondita diagnostica, le idonee lavorazioni, l’altissima professionalità di tutti gli attori coinvolti, lo spirito fortemente sinergico e collaborativo tra la committenza di Roma Capitale, il finanziatore Gruppo Bulgari e l’impresa Il Cenacolo conoscere e conservare - Gruppo Pouchain, hanno consentito di pervenire ad un intervento significativo e straordinario che guarda al passato, al presente e al futuro, avvicinando le persone ad un “nuovo” spazio di crescita culturale.