Il Cairo è prodromico delle 54 capitali africane. È la rappresentazione fisica del rapporto Oxfam con i ricchi sempre più ricchi – con una concentrazione della ricchezza in sempre meno mani - e una moltitudine di poveri che abitano le periferie “in cammino”. Sì, perché se v'è una cosa che si allarga a macchia d'olio sono proprio le periferie.

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Nel governatorato del Cairo abitano 10 milioni di persone che raddoppiano se includiamo le periferie de “la grande Cairo”, al di qua e al di là del Nilo e triplicano nei giorni lavorativi quando dalle città e villaggi vicini si riversano in Capitale.

Bella, congestionata e senza speranza

Bella in quanto è sorta attorno al Nilo. La parte occidentale del centro storico è stata costruita sul modello di Parigi con ampi viali alberati e architetture che richiamano les Champs-Élysées. Vi sopravvive qualche albero sul quale si concentrano più uccelli che foglie. Ha il museo egizio più importante al mondo, la prima moschea d'Africa e la cittadella di Saladino (condottiero curdo che sconfisse i crociati).

Congestionata e costipata dal traffico 24h su 24h, 7 giorni su 7, con il clacson full time. Un solo dato: secondo l'OMS il livello d'inquinamento atmosferico è 12 volte superiore a quello di sicurezza.

Senza speranza in quanto l'afflusso di nuove popolazioni dalle campagne non cessa. Anzi. Tutte necessitano di servizi essenziali, casa e lavoro. La soluzione è allargare la periferia. Lasciar fare. Le periferie sono semplicemente brutte (valutazione soggettiva e oggettiva) e fanno da contraltare alle vicine piramidi, alle splendide chiese copte e al secondo bazar del mondo dopo Istanbul.

Prima e durante Hosni Mubarak, quando la corruzione andava a mille, vi fu l'idea di fondare la nuova Cairo. Nella terra dei faraoni non si poteva immaginare un quartiere da poco ma una vera e propria megalopoli. Se l'idea risale al 1976 la posa della prima pietra avvenne solo nel 1993 (27 anni fa). Vi fu, a seguire, un doppio rallentamento dei lavori causato dalla carenza di capitali cinesi da un lato e dalla “Primavera araba” del 2011. Ma, nonostante il pessimismo di alcuni osservatori, la città che nacque dal deserto... non ritornò al deserto. Ciò è dato da due fattori: il primo è l'acqua. Siamo tra il Mar Rosso e il Nilo e il sottosuolo ne è ricco. Ve n'è a sufficienza per canali e laghi artificiali, piscine e fontane oltre all'approvvigionamento idrico per 5 milioni di persone.

Il secondo fattore è la borghesia egiziana che acquista, abita e rende verde il deserto. O, almeno, il proprio deserto. La nuova Cairo, in prospettiva 2050, potrà infatti ospitare circa 7 milioni di persone che saranno tutte benestanti e, quindi, con risorse sufficienti per rendere sempre più verde un'area di 700 km2 dove anche i meno abbienti vanno per “poter respirare” o, di giorno, a servizio dei ricchi.

La nuova capitale egiziana sarà costituita da 100 diversi quartieri residenziali, ognuno con la propria piazza pubblica, negozi locali, scuole ed edifici religiosi. In tutto, la città vanterà oltre 1200 moschee e chiese, 553 ospedali e cliniche, centinaia di hotel/ristoranti e un vasto parco a tema.

Se s'è provveduto all'alimentazione idrica con pompe idrauliche che fanno rabbrividire la diga di Assuan come alimentiamo l'energia elettrica? Si stimano 90 km2 d’impianti solari che risponderanno a una parte della domanda di elettricità dell’intera città.

La novità, portata da Abdel Fattah al-Sisi, è che questa città si allargherà sino a divenire una nuova capitale allocando tutte le amministrazioni pubbliche nazionali e internazionali. Come, per esempio, la sede della Lega Araba che oggi si trova in Piazza Tahir dove, non a caso, avvenne la rivoluzione nonviolenta con la cacciata di Mubarak. L'esperimento, solo in parte riuscito ad onor del vero, di allocare i Ministeri altrove ha funzionato a Cotonou in Benin (Africa Occidentale). A Porto Novo, infatti, sono stati allocati tutti i dicasteri e le ambasciate facendo leggermente respirare la città portuale.

Attenzione: siamo ancora nel campo dei “desiderata” e i ritardi riguardo il metrò di superfice che doveva collegare la new con la old town dimostrano quanto i tempi di realizzazione non coincidano mai con quelli di progettazione. Ma tutto ciò sembra non preoccupare gli egiziani che dai tempi delle piramidi avevano procrastinato i progetti di generazione in generazione.

New Cairo fu pensata come una città per una parte della popolazione più che benestante che non voleva più vivere nel caos della capitale cosmopolita egiziana. Fu progettata al fine di ricreare “vivibilità” a decine di chilometri di distanza dall'old town. Con il passar del tempo le periferie della capitale egiziana si stanno allargando e, guardando le stime del “World Population Prospect 2019”, nel 2050 l'espansione a cerchi concentrici dei quartieri poveri ingloberà, con il suo casino, la New Cairo e questa diventerà semplicemente un quartiere della Grande Cairo. I ricchi dovranno cercarsi un'altra “new” ancora più in là.

D'altronde il Cairo ha un primato da difendere: la città più popolosa d'Africa. Seguita sul podio da Lagos e Kinshasa.