Sulle orme delle culture e delle differenze. Sui segni, le azioni, e le storie consumate lungo il Mare Nostrum. È Mediterranea o la danza come inno alla comunione, la storia e la persuasione, identità e ramificazione. È andato in scena sabato 1° febbraio al Teatro Ristori di Verona, una delle realtà teatrali più dinamiche del panorama veneto e del nordest, nell’ambito delle arti coreutiche e musicali (sinfonica, barocca, jazz).

Ma torniamo subito sul palcoscenico, sulle scie di Mediterranea, che nasce nel 1993 per il Balletto di Toscana ottenendo subito uno strepitoso successo. Nel 2008, viene ripreso e rimontato per la compagnia del Teatro alla Scala, su coreografie di Mauro Bigonzetti, che non si limita ad una semplice ripresa dell’originale ma attua una vera e propria riscrittura coreografica, facendo assumere alla coreografia un impatto fisico e visivo ancora maggiore e facendole acquistare il sapore della novità. E oggi, a 25 anni dal suo debutto, la coreografia più rappresentata nel mondo di Bigonzetti, è ripresa e messa in scena dai danzatori solisti della Daniele Cipriani Entertainment.

Mediterranea è un lavoro, una composizione coreutica evocativa: una circumnavigazione del Mediterraneo, attraverso la musica delle culture – ed è una musica straordinaria ad accompagnare lo spettacolo: una colonna sonora, curata insieme a Paride Bonetta, in cui musiche popolari di efficace suggestione si intrecciano a trascrizioni colte, da Mozart a Gyorgy Ligeti - compositore ungherese naturalizzato austriaco, tra i più grandi compositori musicali del XX secolo - e “spingono” lo spettatore in un suggestivo viaggio nello spazio e nel tempo, in una cognizione fluida e dinamica, intensa e appassionata.

E Mediterranea vive proprio dentro momenti di insieme alternati a passi a due, dove questo balletto si dipana mettendo in risalto la forza giovanile e la bellezza, l’energia e la velocità, l’intreccio e la sorpresa. E dove i due protagonisti maschili, l’Uomo di Terra e l’Uomo di Mare, diventano il filo conduttore dello spettacolo, la rappresentazione di un’identità nella quale riconoscersi, e dove è possibile incontrarsi e scontrarsi in un complesso percorso di rinvii e rimandi, di opposizioni concettuali, formalità stilistiche in continuo movimento. Una danza che risulta costruita e strutturata nella coesistenza di emozioni opposte con movimenti carichi di un’energia fluida e dinamica, in cui riecheggiano passaggi lirici e suadenti. Ritmi cadenzati e sostenuti, arti inferiori e superiori che irrompono nello spazio nel quale istituire sinestesie, forme e configurazioni per un quadro nel quale riunire caratteri culturali e formali, dimensioni di storie epocali.

Forme scultoree, classiche e contemporanee, il cui carattere plastico e morbido diventa un unicum, un codice di lettura, prima ancora che coreutica, figurativa, in quanto legata a un’identità oggettuale, una fisionomia formale, i muscoli, la corporeità e la fisicità maschile/femminile, la leggerezza e la presenza. Codici e opposizioni su cui muove questa danza fondata su ritmi e strutturata su cromie - il nero del mistero e della notte, il rosso delle passioni che avvolgono il Mediterraneo, il bianco d’impronta canoviana - che accendono e sorprendono lo spettatore.

E come altra sostanza di questa nuova frontiera, questo potente affresco mediterraneo si chiude in un grande abbraccio finale, vivo e reale, o il simbolo concreto di unione tra le diverse culture che animano Mare Nostrum, in cui oltre alle splendide coreografie di Mauro Bigonzetti risaltano le straordinarie luci curate da Carlo Cerri volte a sottolineare le diverse atmosfere evocative di un balletto dai tratti intensi e coraggiosi.

Una storia che, a 25 anni di distanza - è trascorsa una generazione e un quarto di secolo - vede in Mediterranea, il segno di forme più che mai attuali, in quanto specchio delle nostre terre e del nostro tempo, forza simbolica ma anche dinamica in cui si confrontano culture apparentemente diverse ma la cui radice è comune: il Mediterraneo, o di un mare nostro.