La chiesa del nuovo Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è uno dei luoghi della città in cui la religione e l'arte contemporanea si sono più felicemente incontrate. Entrando nell'aula si percepisce un'atmosfera luminosa e rasserenante che invita al raccoglimento e produce ristoro.

Rimbombano nel pensiero le parole che papa Paolo VI rivolse agli artisti riuniti nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964:

Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità. E non solo una accessibilità quale può essere quella del maestro di logica, o di matematica, che rende, sì, comprensibili i tesori del mondo inaccessibile alle facoltà conoscitive dei sensi e alla nostra immediata percezione delle cose. Voi avete anche questa prerogativa, nell’atto stesso che rendete accessibile e comprensibile il mondo dello spirito: di conservare a tale mondo la sua ineffabilità, il senso della sua trascendenza, il suo alone di mistero, questa necessità di raggiungerlo nella facilità e nello sforzo allo stesso tempo.

La chiesa, inaugurata nel 2014, nasce da un progetto dello studio Traversi di Bergamo e dell'architetto Aymeric Zublena, in collaborazione con tre noti artisti contemporanei, Stefano Arienti, Andrea Mastrovito e il collettivo Ferrario Frères.

È un'architettura nitida ed essenziale. Il corpo principale, quello che ospita l'aula ecclesiale, ha la forma di un parallelepipedo ed è schermato all'esterno da una teoria di esili pilastrini bianchi: viene così a crearsi un corridoio perimetrale, una zona di chiaroscuro, che media l'accesso allo spazio sacro.

Nel volume che illustra il progetto dell'edificio questa sequenza di pilastrini è definita “velario” (La chiesa san Giovanni XXIII, 2014). Da lontano, nell'insieme, la struttura ricorda un monocromo di Dietelmo Pievani dal titolo Superficie (1978), attualmente visibile nella collezione dell'Ubi Banca di Bergamo. Sullo slanciato portale d'ingresso il mantovano Stefano Arienti ha inciso una collina della Giordania, un paese il cui passato è inscindibilmente legato alle vicende dell'Antico e del Nuovo Testamento. Al di sopra dell'incisione è stata posta una grande croce in mosaico di vetro. Varcando la soglia, l'occhio è immediatamente attratto dalla ʻpelle dorataʼ delle tre absidi ideate da Andrea Mastrovito. Lo spazio della rappresentazione è unificato, l'azione si svolge sul monte Golgota. Nell'abside centrale è raffigurata la Crocifissione ai cui piedi si trova un pavone, simbolo paleocristiano della Resurrezione. La Madonna addolorata si trova alla sua destra, nell'abside laterale. È consolata da due Marie e da papa Giovanni XXIII, ma il suo volto esprime un dolore difficile da vincere. Le tre donne hanno corpi massicci e nerboruti; i piedi giganteschi di Maria in primo piano evocano l'immagine dei piedi del contadino inginocchiato davanti alla Vergine col Bambino nella Madonna dei Pellegrini di Caravaggio (1604-1606).

Nell'altra abside, che ospita il tabernacolo, trionfa la vegetazione. Quest'ultimo tema è sviluppato nel Giardino mediterraneo di Arienti sulle pareti laterali dell'aula. La presenza partecipante della natura è così affermata. Sulla controfacciata, prima di uscire, alla destra e alla sinistra del portale d'ingresso, è osservabile La Passione del collettivo Ferrario Frères. Un montaggio fotografico di scene della Via Crucis, impersonate da attori di strada appositamente assoldati, e di immagini della città di Bergamo. Quasi sicuramente il Memling della Passione di Cristo del Palazzo Reale di Torino l'avrebbe apprezzata.

Ferrario Frères ha realizzato un'altra opera all'interno dell'edificio: a voi scovarla! Vi consiglio di guardare all'insù...