Da molti anni la scienza cerca di spiegare l’origine della criminalità cercando di individuarne le possibili cause ponendole in relazione con la conformazione cerebrale. Molti studiosi sostengono che alla base di un comportamento criminale possa esserci un funzionamento poco efficiente di alcune zone del cervello, come quelle che regolano i picchi di emotività e l’istinto, un malfunzionamento individuato come conseguenza di una crescita malsana dell’individuo, dovuta a un contesto di privazione di natura culturale, sociale e anche alimentare.

Se da un lato per alcuni ricercatori comprendere le differenze nell'anatomia del cervello potrebbe aprire la strada a un tipo di analisi predittiva del comportamento violento, dall’altro gli scettici sostengono che le possibili insidie sulla possibilità di presumere che un individuo diventi un assassino prima che abbia compiuto un omicidio potrebbero rappresentare un abuso.

In uno studio pubblicato sulla rivista Brain Imaging and Behaviour e riportato dal Daily Mail, un gruppo di ricercatori afferma di aver osservato, attraverso l’imaging a risonanza magnetica, detta anche tomografia, differenze fondamentali nella materia grigia del cervello dei criminali che hanno commesso omicidi rispetto a quella dei colpevoli di altri reati. In particolare due regioni del cervello hanno mostrato la più grande differenza: le risonanze hanno mostrato che la corteccia orbitale frontale e i lobi temporali anteriori dei colpevoli di omicidio presentano una quantità inferiore di materia grigia rispetto a quella di altri responsabili di reati, violenti e non violenti.

Lo studio, il cui autore è Kent Kiehl, ha coinvolto 808 detenuti maschi e sono stati analizzati i risultati delle risonanze eseguite su duecento colpevoli di delitto con esclusione di coloro che hanno commesso il reato minore di concorso in omicidio. Coloro che hanno commesso un omicidio durante una rabbia violenta e coloro che sono stati giudicati colpevoli di omicidi premeditati sono stati considerati come un unico gruppo. I trasgressori violenti che non avevano commesso un omicidio hanno mostrato ben poca differenza tra le anatomie dei loro cervelli, ma i ricercatori sottolineano che la differenza tra i trasgressori violenti e i colpevoli di omicidio è evidente.

In pratica, per la prima volta, l’analisi scientifica dimostra differenze sostanziali nei cervelli dei componenti dei due diversi gruppi di criminali e fa presagire anche una possibile futura applicazione della ricerca su gruppi di giovani a rischio per valutare la probabilità che possano commettere crimini in futuro. Alcuni neurocriminologi ritengono pertanto che identificando e intervenendo precocemente nei casi in cui il comportamento omicida possa costituire un rischio, gli scienziati potrebbero essere in grado di prevenire gli omicidi prima che si verifichino. Come ha fatto notare New Atlas, New Techonology and Science News, alcuni sono arrivati ad accostare la ricerca alla pratica della frenologia, disciplina medico-scientifica dell'800, non più valida, in base alla quale le funzioni psichiche dipenderebbero da alcune zone del cervello: particolarità morfologiche del cranio umano, come linee, depressioni, bozze, possono condurre all’individuazione di qualità psichiche dell'individuo e della sua personalità. Lo studio di Kiehl non rappresenta ovviamente “una sfera di cristallo”, ma un primo passo della neuroscienza per aiutare a prevedere comportamenti omicidi identificando fattori di rischio neurologico.