Oggi vorrei parlarvi di un rapporto indissolubile che lega la città di Firenze al vino, un rapporto nato già al tempo dei romani e consolidatosi nel tempo grazie a tre famiglie fiorentine che iniziarono a produrlo in età tardo medievale e che ancora oggi lo producono.
Sto parlando delle famiglie Ricasoli, Frescobaldi e Antinori.
I Ricasoli sono la più antica tra tutte le famiglie che costituirono l'aristocrazia fiorentina. Essi si dedicarono alla viticoltura fin dal 1141, senza soluzione di continuità, fatto che li ha potuti fregiare del riconoscimento di quinta impresa familiare più antica del mondo, la seconda nel settore della viticoltura.
Dei Frescobaldi le prime notizie dell'attività vinicola risalgono al 1304 e negli archivi è stato trovato un documento che registra uno scambio in natura, opere d'arte per vino, con il grande Michelangelo Buonarroti.
E infine, la famiglia Antinori che con Giovanni di Piero Antinori già nel 1385 entrò a far parte dell'arte dei Vinattieri.
Se vogliamo fare un itinerario basato sul rapporto tra il vino e la città, vale sicuramente la pena dare un’occhiata ai palazzi appartenenti a queste tre famiglie.
Nel cortile del Palazzo Antinori costruito alla fine del Quattrocento secondo un progetto di Giuliano da Maiano e situato in Piazza Antinori, è visibile il carro su cui venivano trasportati i fiaschi ricoperti di paglia per evitarne la rottura durante il trasporto. Guardando il carro ci si rende conto di quanti fiaschi potevano essere trasportati su un singolo carro.
Nel Palazzo Frescobaldi, invece, costruito tra il 1621 e il 1644 e situato in Borgo Santo Spirito, la parte più bella è costituita dal giardino dal quale si vede il campanile della chiesa di Santo Spirito. Mentre il Palazzo Ricasoli, iniziato verso la fine del Quattrocento, è situato in Piazza Goldoni e si affaccia sul fiume Arno regalando un panorama meraviglioso.
Firenze mette in risalto anche gli “inventori” di questa bevanda: Bacco nella mitologia e Noè nella Bibbia. Una statua di Bacco è situata all’inizio del Ponte Vecchio in via Borgo San Jacopo. Si tratta di un’opera del Giambologna in bronzo. Un’altra si trova, invece, all’interno del Giardino di Boboli ed è stata realizzata da Valerio Cioli intorno al 1560. Essa ritrae il nano di corte di Cosimo I nelle sembianze di Bacco, rappresentato a cavallo di una tartaruga. E, infine, la più famosa, quella di Michelangelo che si trova al Bargello. Uno dei capolavori del grande maestro che rappresenta il dio del vino in uno stato di ebbrezza con la bocca semiaperta e la coppa di vino nella mano destra tenuta a stento ferma tra le mani.
Riguardo a Noè, inventore biblico del vino, i due riferimenti principali si trovano nel centro religioso della città. Il primo in una formella della porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti facente parte del Battistero e l’altro in una formella esagonale di Andrea Pisano, che decora la parte ovest del Campanile di Giotto. In entrambe il vecchio patriarca appare ebbro, sdraiato a terra, dopo aver bevuto la bevanda da lui creata. Un monito sulle qualità del vino. Bere sì, ma con cautela!
Ci sono poi le buchette del vino, una tradizione che risale alla fine del Cinquecento, quando il Granduca autorizzò i produttori di questa bevanda a venderla attraverso delle buchette ricavate nel muro delle loro abitazioni. Il cittadino si recava a questa porticina con il suo fiasco, bussava, poneva il fiasco sullo stipite della buchetta e il venditore glielo riempiva dopo aver riscosso il pagamento. La larghezza del fiasco doveva corrispondere a quella della buchetta, affinché esse fossero tutte uguali e nessuno potesse barare sulla quantità. Il vino venduto attraverso queste buchette era più economico di quello venduto nelle osterie.
Altro sito fantastico dove è possibile constatare l’importanza di questa bevanda in passato si trova nella sede della Compagnia dei Buonuomini situata in piazza San Martino. Essa fu fondata nella prima metà del Quattrocento dal frate domenicano Sant’Antonino Pierozzi per aiutare con varie forme d’elemosina i ricchi vergognosi che avevano perso tutto. All’interno, c’è una serie di affreschi, dipinti alla bottega del Ghirlandaio, che mostrano l’attività svolta dai 12 membri della compagnia per aiutare i poveri vergognosi. Tra questi, ce n’è uno che ritrae due buonuomini versare vino da alcuni fischi nei bicchieri dei bisognosi: vino non acqua!
Il vino e Firenze: un rapporto che non finirà mai. Non resta adesso che andare in una delle enoteche cittadine per degustare un buon Chianti!