Il visitatore che arriva a Livorno con il treno, dall'autostrada o dalla strada di grande comunicazione Fi, Pi, Li entra in città dal suo lato nord-est. Da quella parte di città che alcuni anni fa fu il fulcro di una serie di operazioni urbanistiche che la videro crescere dal nulla e che battezzarono Porta a Terra, memori delle antiche porte presenti sulla cinta muraria della Livorno granducale prima e leopoldina dopo. Ed è proprio all'ingresso di Livorno Centro, che si delinea lo scenario più raccapricciante che dà il benvenuto ai “forestieri”, la carcassa delle antiche Terme liberty.

Una visuale scenica pazzesca che sfrutta la platea di prim'ordine, rialzata, di un cavalcaferrovia datato 1982. Il rischio è dell'incidente automobilistico, perché quando sali la soprelevata un poco alla volta si svela la figura maestosa del complesso termale e lo spettatore allibito volge la testa verso quello spettacolo, incurante delle auto davanti o dell'ampiezza della strada. E' così naturale soffermarsi a osservare quella meraviglia abbandonata all'incuria, avviluppata di vegetazione che per un istante non vedi altro.

Questo è il primo approccio con la città, che certamente sconforta e allibisce. Molti si chiedono il perché di tutto questo e la risposta non è razionalmente spiegabile. Una serie infinita di disattenzioni, di sottovalutazioni, di mancanza di cultura, di sussiego nei confronti della vecchia proprietà, di nessuno che abbia mai rivendicato la dignità di quell'opera, di una Soprintendenza per troppo tempo cieca. Ma cosa sono state le Terme per Livorno, oltre alla creazione di un grande indotto turistico ed economico?

Il grandioso stabilimento termale denominato “Acque della Salute” fu tra i primi in Italia e in Europa come modello di eleganza, completezza delle terapie, varietà di mineralizzazione delle acque e amenità del luogo. Oltre a questo, Livorno offriva ai vacanzieri delle terme i ritrovi mondani dell’Eden, i bagni di mare e i salotti culturali dei signori proprietari delle numerose ville cittadine e dei dintorni. Basti pensare che alla fine del 1800 a Livorno erano presenti 28 uffici di consolato e delegazioni straniere. Va da sé che Livorno era un polo gravitazionale di mezzo mondo e la fama delle nostre Terme ben presto si diffuse in ogni luogo, anche se già consacrate come luogo eccellente di cura nel 1904 con il Gran Premio “medaglia d’oro” all’Esposizione Internazionale di Parigi.

Lo Stabilimento livornese è stato il primo edificio in Toscana costruito in cemento armato utilizzando il sistema brevettato Hennebique ( e tra i primi in Italia), grazie a questa innovazione costruttiva è rimasto in piedi fino ad oggi. Tanta dovizia di ingegno fu utilizzata per realizzare questo gioiello di ingegneria architettonica e tanta dovizia di indifferenza è stata messa in opera per renderlo nella condizione attuale. Per l’ing. Angiolo Badaloni fu il primo lavoro commissionato da privati, poiché fino ad allora aveva sempre lavorato per il Comune di Livorno, realizzando le scuole Benci, Micheli, il mercato delle vettovaglie e contribuendo alla progettazione dell’Accademia Navale.

Con la realizzazione del progetto delle “Acque della Salute” per il quale non aveva limitazioni di sorta, si circondò dei più grandi decoratori, pittori, ceramisti, carpentieri e maestranze del momento. Coadiuvato da medici, geologi e chimici dell’Università degli Studi di Pisa, ognuno nel proprio settore rappresentava un eccellenza. Fu studiata e realizzata una scrupolosa costruzione dei pozzi a tripla cerchia di mura con due intercapedini, allo scopo di proteggere l’integrità delle sorgenti da possibili inquinamenti di filtrazione dal terreno. Perfino lo smaltimento delle acque nere fu controllato per evitare ogni possibilità di inquinare il suolo. I liquami erano raccolti in un serbatoio in cemento, sospeso su pilastri armati e poggiante su una piattaforma anch’essa in cemento, l’opera veniva descritta come una corazzata sospesa sul terreno.

Vari problemi hanno fatto sì che la situazione degenerasse, primariamente l’emanazione delle leggi razziali che indusse la proprietà, nella persona di Chayes, a disfarsi di tutti i beni prima che venissero confiscati dal regime. Un accordo con il proprietario della ditta Recoaro fece sì che le terme passassero a quest’ultimo salvo il fatto di tornarne in parte in possesso al termine della guerra. Prima della cessione, Chayes dichiarò, in un documento consegnato al Corpo Regio delle Miniere per la concessione a estrarre acque in perpetuo, che l’erogazione giornaliera ammontava a 50.000 litri (Sovrana + Preziosa + Corallo + Vittoria). Dopo poco arrivò la guerra che interruppe gli svaghi termali. La città, con il primo bombardamento del 1940 cominciò a svuotarsi, le persone si organizzavano per sfollare lontano dalle mire portuali e industriali dei bombardamenti. La vicinissima stazione ferroviaria venne colpita e distrutta mentre le Terme si salvarono come per miracolo.

Gli Americani si impossessarono del complesso termale e ne fecero il loro Officier’s Club. Conobbero le proprietà delle acque e iniziarono i primi accordi con la Coca-Cola. A questo punto il destino era segnato per le nostre Terme, poiché al termine della guerra gli interessi economici erano in primo piano, la necessità urgente era ricostruire quelle attività che dessero reddito e così si riavviò la produzione dei prodotti Corallo (acqua e bibite) affiancandole alla produzione della nuova bevanda Coca-Cola. L’attività termale non venne ripristinata per il semplice fatto che le priorità di un dopoguerra non prevedevano certo un tipo di vita quale era quello al Corallo. La sala grande fu affittata a Oreste Ghinassi che ne fece un dancing. A seguito degli accordi presi in precedenza con la ditta Recoaro, Chayes rientrò in possesso di parte della proprietà, che si realizzò nell’acquisizione dell’Hotel Corallo sempre costruito da Badaloni nel 1906, due anni dopo l'inaugurazione dello stabilimento termale.

Poi tutto è scivolato in un baratro sempre più profondo e la data nefasta è da ascriversi al 1968. In questo anno la Coca-Cola fagocita tutta la produzione della ditta Corallo, sparisce la famosa bottiglia verde dell’acqua Corallo, nonostante si fosse trovata una nuova sorgente alla Padula che erogava 40.000 litri al giorno di acqua debolmente salina in tutto simile alla sorella famosa (Corallo). Una conduttura in acciaio portava l’acqua del pozzo dell’Angelo (il suo nome) fin sotto lo stabilimento e qui stoccata in due cisterne da 3.000 e 80 mc rispettivamente una sotto le terme e l’altra sulla torre gialla del palazzo della produzione industriale.

L’imminente riapertura del dancing in versione discoteca viene arrestata da un incendio di non nota origine divampato nel salone delle feste delle Terme. Il fuoco viene spento dopo circa sei ore, e il cronista del tempo scrive: “…ci vorranno mesi prima di riavere le terme nel loro splendore…” parallelamente l'Hotel Corallo viene requisito dal Comune per alloggiare i terremotati della Sicilia. Da questo momento un velo nero di abbandono e disinteresse copre tutto il gran palazzo. Si sono succedute amministrazioni, persone differenti hanno ricoperto incarichi di soprintendenza alle Belle Arti, ma nessuno ha operato per un loro recupero, non solo, come a volerle cancellare e togliere dallo sguardo di tutti, un gran cavalcaferrovia fu costruito proprio a fianco alle Terme, quasi a bloccarne i cancelli. Buio, oscuramento, perdita di memoria storica, questo è ciò che si è protratto per oltre 40 anni.

Noi abbiamo il dovere di salvaguardare ciò che abbiamo ereditato dalla storia solo così non si dimentica che dietro a quei ruderi un tempo hanno lavorato, studiato, operato grandi uomini e vi hanno soggiornato, gioito, e gradito il loro soggiorno livornese persone di mezzo mondo dai Re ai personaggi della letteratura, della musica e della politica del secolo scorso. Rabbrividisco nel pensare a quello che deliberatamente non è stato fatto, è coscienza, è rispetto, è quello che lasceremo a nostra volta in eredità e non vorrei fossero solo ricordi.

Nel 2013 è nata l'Associazione onlus “Terme del Corallo” con lo scopo di diffondere la conoscenza, e la necessità del recupero di questo patrimonio storico, di raccogliere fondi per salvare un poco alla volta la struttura liberty. Dietro a questa c'è l'operato di un gruppo di 6.000 persone che attraverso il più famoso dei social network dal 2009, in concomitanza con l'acquisizione del complesso termale da parte del Comune promuove eventi, pubblicazioni, articoli, e sollecitazioni di interventi. Ciò ha portato alla riacquisizione del Parco delle Terme, aperto al pubblico dal giugno 2013 e lo stanziamento dei fondi per il recupero della “sala della mescita” nella quale si bevevano le acque minerali.

Adesso l'Associazione si batte per il lavoro più grande, il recupero dell'intero palazzo, e chiede aiuto a chiunque sia in grado di recepire questa necessità come indispensabile per il mantenimento della nostra eredità storica.

Per informazioni su Associazione onlus “Terme del Corallo”: www.termedelcorallo.com