Firenze è sempre stata un punto di riferimento per lo sviluppo della lingua italiana, il grande poeta Dante Alighieri fu uno dei primi che iniziò a scrivere le sue opere nella lingua del popolo, il volgare, affinché anche i cittadini potessero iniziare a leggere. Il latino all'epoca era cosa di pochi.

Nel 1612 un gruppo di eruditi fiorentini, che nel 1583 avevano fondato un'istituzione culturale chiamata l'Accademia della Crusca, mise al mondo il primo vocabolario della lingua italiana e secondo della storia; il primo era stato realizzato in Spagna un anno prima da Sebastián de Covarrubias e intitolato Il Tesoro della lingua spagnola. Gli eruditi fiorentini per il loro primo vocabolario scelsero le parole dalle tre opere principali delle "tre corone" della letteratura italiana: la Divina Commedia di Dante, il Decamerone di Boccaccio e il Canzoniere di Petrarca. Fu poi Alessandro Manzoni, uno dei più grandi scrittori dell'Ottocento, che venne a Firenze per apportare le correzioni finali alla sua opera maestra I Promessi Sposi dicendo che era venuto in città per “Risciacquare i panni in Arno!”.

A Firenze però nacquero anche tanti di quei modi di dire, o detti che qualsivoglia, che ancora oggi sono di uso comune e nobilitano in alcuni casi il nostro lessico. Andiamo a scoprirne alcuni.

Stare alle porte coi sassi

Nel Medioevo Firenze era cinta da mura possenti alte dieci metri e lungo il cui perimetro si trovavano torri di controllo e altissime porte; nell'ultima cerchia muraria costruita tra il 1288 e il 1333 ce n'erano dodici. Ogni giorno i gabellieri le aprivano all'alba con delle grosse chiavi, conservate ancora oggi nel museo di Palazzo Vecchio, e le chiudevano alla mezzanotte sia d'estate che d'inverno. La chiusura veniva annunciata con tre colpi di martello. Una volta udito quel segnale, coloro che si trovavano fuori della città e volevano rientrarvi, si mettevano a correre. Se erano abbastanza vicini invece, lanciavano dei sassi contro la porta, facendo così capire ai gabellieri di aspettare a chiudere, da qui il detto fiorentino: "Stare alle porte coi sassi", cioè fare le cose all'ultimo minuto.

Tagliare i ponti

Sempre nella Firenze medievale, oltre alle mura, una delle strutture più presenti erano le torri che alcune volte fungevano da strutture difensive, altre da vere e proprie abitazioni. Le torri all’esterno presentavano tutta una serie di strutture in legno come i torrazzi e ballatoi, e poi c’erano i ponti che servivano a collegare le torri di famiglie amiche. Quando queste famiglie da amiche diventavano nemiche “tagliavano i ponti” e ancora oggi questa espressione sta a indicare la rottura dei rapporti tra amici o conoscenti.

A uscio e bottega

Un altro detto che origina dalle abitazioni medievali fiorentine è "a uscio e bottega". Nelle case del Trecento molte volte al pianoterra la bottega era adiacente all'uscio di entrata, per questo motivo questa espressione denota un’estrema vicinanza.

Essere ridotti al lumicino

Questo modo di dire ha origine da una consuetudine che ebbe luogo a partire dalla metà del Quattrocento quando l’arcivescovo domenicano San Antonino creò la Compagnia dei Buonomini, formata da dodici membri, come il numero degli apostoli. I buonomini avevano il compito di aiutare "i poveri vergognosi", vale a dire quelle famiglie ricche che a causa di svariate vicissitudini avevano perso tutto e si vergognavano di chiedere l’elemosina. La compagnia aveva messo loro a disposizione una fessura con una candela in Piazza San Martino e tutte le volte che “i poveri vergognosi” avevano bisogno di aiuto potevano accendere questo lumicino senza essere visti da nessuno, cosicché i membri della compagnia provvedevano ad aiutarli. Da qui il detto: ” Essere ridotti al lumicino” che significa avere perso quasi tutto. La compagnia esiste ancora e la sede si trova sempre in Piazza San Martino ed è aperta al pubblico.

A ufo

Un detto sicuramente molto usato ancora oggi dai fiorentini è "A ufo", ad esempio mangiare a ufo. Da dove nasce questa espressione e che cosa significa? Nasce dalle pietre che dalla cava che si trovava di là d’Arno, dove adesso sorge Palazzo Pitti, dovevano essere trasportate al cantiere della Cattedrale di Santa Maria del Fiore per la sua costruzione, che ebbe luogo a partire dall’8 settembre del 1296 e si protrasse fino al 1468. Queste pietre furono esentate dal pagamento dei dazi durante l’attraversamento del Ponte Vecchio perché erano AD USUM FABRICAE OPERAE, vale a dire per la costruzione della Cattedrale e il materiale era marcato con le iniziali della quattro parole: A. U.F.O., espressione che è venuta a significare a sbafo… gratis…

Gli ultimi due detti riguardano invece il mondo bancario, di cui Firenze fu grande innovatrice, furono infatti i banchieri fiorentini a inventare lettere di credito e buoni del tesoro. Iniziamo quindi da bancarotta.

Bancarotta ed Essere a culo per terra

Il termine origina dai banchieri fiorentini insolventi. In caso di insolvenza infatti l’ufficiale giudiziario rompeva il banco del banchiere che quindi aveva il banco rotto e da qui bancarotta che denota una situazione di fallimento. Sempre per gli insolventi gli ufficiali del governo cittadino riservavano un trattamento speciale chiamato acculata. In che cosa consisteva questa procedura? Al banchiere o commerciante insolvente venivano fatti abbassare i pantaloni e ne venivano battute le natiche ripetutamente sulla pietra che si trovava al centro della loggia del Mercato Nuovo. Tale pietra riproduceva a grandezza naturale una delle ruote del Carroccio, simbolo della Repubblica fiorentina. Da qui originano i due modi di dire: "Essere a culo per terra" che denota una mancanza di denaro e "Sculo" che invece significa sfortuna.

Questi sono alcuni dei detti nati a Firenze e che ancora oggi vengono usati … non solo dai fiorentini!