Abbiate grande cura della vita spirituale,
che è la sorgente della libertà interiore.

Discorso di Papa Francesco durante l'Udienza alla Comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica, 06/06/2013.

Immersi nella frenesia del vivere, calàti nelle giornate senza meta, proiettàti verso obiettivi vani, talvolta oscuri anche a noi stessi, fermiamoci a guardare ciò che il mondo ci rimanda. Il concreto, il visibile, l’immagine, l’apparenza, l’incuria e la mancanza di attenzione verso il mondo, che reclama attenzione. Anche la cura, anche la terapia fisica e psichica, perfino quest’ultima, appare troppo ancorata a schemi, poco attenta alla dimensione spirituale del paziente. Ma chi è veramente la persona che ho di fronte? E perché è venuta a chiedermi un aiuto, un consiglio? Che cosa si cela dietro la domanda di cura?

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza.

Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato, da Ossi di seppia, 1924.

Davanti al “male di vivere” sarebbe necessario un atteggiamento di osservazione attenta, partecipe, una ricerca scrupolosa per capire quale sia il “male di vivere” oggi. Il terapeuta dovrebbe mettersi nei panni dell’altro, in modo da individuare non soltanto la sofferenza, ma anche ciò che ci sta dietro. Dovrebbe avere una sorta di atarassia (dal greco ἀταραξία, “imperturbabilità”), concetto centrale in Democrito così come nelle scuole epicuree, stoiche e scettiche, a indicare una specie di distacco, di liberazione dalle passioni. In una parola, l’atteggiamento che rende tale il saggio.

Ebbene, andando oltre le apparenze, oltre anche la domanda di cura, emerge oggi un fortissimo bisogno di spiritualità, Oggi, infatti, sotto il segno della spiritualità, si risveglia l’attenzione dell’uomo per un livello superiore. E la psicologia? Quella scienza occidentale, nata dalla divisione cartesiana tra res cogitans e res extensa, quella scienza che studia la funzione encefalica e non – non più – l’anima? La psicologia, dall’etimologia poetica di “discorso sull’anima”, che cosa è diventata? Violentata dalla continua ricerca di riscontri scientifici, di misurazioni e di statistiche, di “evidence based”, che cosa ne è rimasto?

La psicologia, e ancor più la psicoterapia, non può più limitarsi all’“evidence based”, all’evidenza dei fatti riscontrati e comprovati statisticamente; non può tralasciare tutto quello che sull’evidenza non si basa, tutto ciò che è nascosto, soggettivo, intimo, come intima è l’anima. L’anima, appunto. Quel soffio di universo che vive in ciascuno di noi. Ogni vivente è nato sotto il segno della spiritualità, soltanto così la mente può volare libera, soltanto così si riesce ad afferrare l’essenza della persona, ad intravederne l’attitudine, il nucleo, l’elemento unico e distintivo.

La Psicoterapia Non Convenzionale segue un orientamento, vicino al concetto di Spirito, di Shen, di Universo, che riscopre e riporta alla luce la “Psyché” greca, un concetto che si accosta sì all’anima, ma che è molto di più, la sua area semantica spazia quasi senza limiti. Oggi si riscopre la vera essenza della psicologia.