Due anni dalle prime scosse del terremoto che ha devastato il Centro Italia. Due anni difficili e durissimi per tutti, animati da tanta voglia di fare e da grande determinazione. Passi in avanti, ma piccoli, di fronte ai quali, ancora non riesce ad aprirsi una luce diversa. Sindaci e cittadini, coraggiosi e forti, lamentano comunque lentezze, ritardi insopportabili, soprattutto riguardo al passo della ricostruzione che sembra arrancare. In diverse occasioni hanno esternato di aspettarsi qualcosa di più dal nuovo governo. Il timore e il rischio è quello di non riuscire a programmare il futuro e peggio ancora di diventare completamente invisibili. Richieste pressanti quelle dei cittadini che non sanno se e quando potranno ricostruire le loro case; analoga situazione per chi non vede prospettive per la propria attività di lavoro.

Martedì 30 ottobre alle 10.00, in occasione del secondo anniversario degli eventi sismici del 2016 che colpirono le Marche e l’Umbria, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro (Piazza Capranica 79, Roma), è stato proiettato il film vincitore del “Nastro d’Argento 2018” nella categoria “Cinema Reale”, La botta grossa. Storie da dentro il terremoto del regista Sandro Baldoni. All’incontro con l’autore e alla discussione che ha preceduto la visione della pellicola, sono intervenuti i senatori della Lega Luca Briziarelli (moderatore), il senatore questore del Senato Paolo Arrigoni, promotore dell'iniziativa, il capogruppo dei senatori leghisti, Massimiliano Romeo, i sindaci dei comuni umbro-marchigiani di Montefalco e Visso, sen. Donatella Tesei e sen. Giuliano Pazzaglini,

''Va riconosciuta l’importante opera di messa in sicurezza e ricostruzione – ha sottolineato Paolo Arrigoni –, ma occorre prepararsi al nuovo. Darsi da fare e far vedere agli italiani come sono questi territori e di cosa hanno bisogno. La Lega si è mossa già due giorni dopo il primo sisma dell'agosto 2016, il 26 eravamo lì presenti a sottolineare la testimonianza non solo di solidarietà ma abbiamo portato a Roma, in Parlamento, subito le istanze dei sindaci''. Poi ha ricordato il caso di Nonna Peppina, l'anziana signora sfrattata perché si era fatta costruire dai suoi parenti una piccola casetta: ''lì ha vinto la nostra tenacia, e Salvini è stato il primo che ha portato conforto e solidarietà promettendo poi quello che è successo, ovvero è stata riconosciuta a Nonna Peppina, con il nostro lavoro in Parlamento il diritto alla sua 'casetta'''. E ancora, ha aggiunto Arrigoni, ''da quando siamo al governo abbiamo risolto gran parte dei problemi rimasti irrisolti con misure molto importanti, le ultime inserite anche nel 'decreto Genova' dove è stato stabilito il nuovo Commissario Straordinario nella persona del prof. Farabollini, persona di esperienza del territorio, un tecnico con il quale già abbiamo instaurato un dialogo continuo". "Insomma - ha concluso Arrigoni - massima disponibilità e collaborazione per far rinascere e ricrescere quelle comunità''.

''Le richieste sono pressanti – afferma il senatore e sindaco di Visso Giuliano Pazzaglini - perché fino ad ora non ci sono state risposte e questo fa sì che sia anche difficile intervenire. Se ci fosse stata solo la necessità di cambiare qualche cosa, intervenire sarebbe stato semplice; i fatti hanno dimostrato che invece qui da cambiare c'è tanto e, farlo in corsa è difficile". "Più volte - continua Pazzaglini - avevo sostenuto che sarebbe stato più opportuno utilizzare una strada conosciuta, come ad esempio quella tracciata dalla Legge 61 del 1998 integrata nello stesso anno dalla delibera della giunta regionale 2153. Quella scelta secondo me aveva portato a una delle migliori ricostruzioni in Italia; il governo Renzi in carica due anni fa, ha fatto una scelta diversa, di ripartire da capo, prendendo una normativa pensata per un territorio completamente diverso dai nostri e purtroppo, di inefficienza in inefficienza, siamo arrivati ad accumulare un ritardo che oramai non sarà più possibile recuperare. L’ emergenza ancora non si è chiusa perché non tutte le casette sono state consegnate e non tutte le aree per attività commerciali (realizzate con la 408), sono concluse; mancano le più importanti, Visso, Camerino, Castelluccio di Norcia e altre ancora. Questo significa che la ricostruzione, che avrebbe dovuto in realtà essere già ben avviata se fosse stato un intervento efficace quello effettuato dopo i terremoti, è invece ancora molto lontana dall’essere''.

Condivide l'iniziativa, ''doverosa'', la senatrice e sindaco di Montefalco, in Umbria, Donatella Tesei la quale subito non fa sconti: ''i sindaci devono essere messi in grado di gestire l'emergenza. Solo loro sono in simbiosi con la comunità, con il territorio e non certo un ufficio unico di ricostruzione che poi si è dimostrato e si dimostra un imbuto. Io spero che con la nomina di Farabollini, un tecnico capace, ci sia modo di poter aprire un dialogo 'tecnico' ma anche 'politico' per far sì che la ricostruzione inizi subito altrimenti se continua così si rischia la desertificazione''. E ancora: ''hanno sbagliato tutto appena dopo il terremoto dell'agosto 2016, hanno voluto imporre al sistema Italia Centrale, il sistema di emergenza dell'Emilia Romagna, che morfologicamente non ha nulla a che vedere con i territori dell'Appennino umbro-marchigiano. Questo non è possibile applicarlo. I sindaci sono il baluardo dei territori e ricordo che nel 1997, durante e dopo l'altro terremoto, furono i sindaci a gestire la ricostruzione con esito positivo''.

Il Commissario Straordinario, appena nominato, prof. Piero Farabollini, geologo, docente a Camerino, studioso del territorio Appennino con ampie pubblicazioni sulle spalle, ha subito messo davanti l'umiltà: ''mi rendo conto del compito gravoso che mi è stato affidato ma ho l'energia per affrontare tali circostanze''. Poi va subito a spiegare perché la ''botta grossa'', riprendendo il titolo del docufilm di Baldoni: "È stato un terremoto forte, anomalo, dobbiamo risalire al 1700 quando in Italia si determinarono delle scosse sismiche pari a questa dell'ottobre 2016. È una lunga storia di terremoto nel territorio umbro-marchigiano, cui bisogna convivere. Camerino con il terremoto del 1799 è andata letteralmente distrutta, rimase in piedi solo una casa. Fortunatamente il 30 ottobre 2016 non ci sono stati i morti, perché tre giorni prima c'era stata la scossa di avvertimento, una scossa forte che ha messo il panico nella gente. Ma il 30 ottobre si è aperta la montagna, questa montagna così bella ma così sfortunata. Bisogna conviverci con il terremoto perché poi bisogna avere coscienza di ciò che dobbiamo e possiamo fare, prevenire, capire le cose migliori da attuare sul campo e ciò ci deve spingere a creare nuove linee guida per il futuro''.

Farabollini snocciola un dato agghiacciante, ''l'evento tellurico del 2016 ha modificato lo scenario di 12 mila chilometri quadrati di territorio, una cosa immensa, ha colpito 138 comuni che rappresentano una comunità importante, una comunità che se non la si assiste nel modo migliore, non le si dà una prospettiva si rischia di non vederla più nel proprio territorio, con il rischio dell'abbandono e della desertificazione. Dunque la ricostruzione deve 'ricostruire' il tessuto locale e il mio compito è di tener conto di tutte le comunità che sul territorio insistono. Io - ha concluso Farabollini - darò il mio contributo tecnico ma il governo mi deve stare vicino''.

Dopo la parte diciamo così ''politica'', si arriva alla proiezione del docufilm con un breve intervento del regista che spiega come è arrivato a girare 'La botta grossa'. Sandro Baldoni ci mette la faccia in questo suo documentario sulla tragedia del terremoto che ha colpito il Centro Italia nell’ottobre del 2016. C’è proprio lui, sfollato tra gli sfollati, a raccontare dall’inizio cosa resta della sua casa crollata, delle sue radici, della sua identità, ora che la terra ha tremato – con una “botta grossa”, appunto, come la chiamano da queste parti – e si è impietosamente portata via tutto in una manciata di secondi. "Ti spappola il cervello!", commenta Baldoni, di fronte alle immagini di devastazione che riprende come in un sequel dei fratelli Cohen ovvero nell’impresa di raccogliere frammenti di realtà che sembrano tirati fuori da un reportage del dopoguerra.

Baldoni si trova a Campi di Norcia, il paese dove ha trascorso le vacanze, dove sono cresciuti i suoi figli; ora lo guarda con gli occhi di chi sente il bisogno di raccontare una storia troppo profonda per non entrarci dentro con tutto il cuore, stavolta senza necessità di curarsi troppo di tecnica e convenzioni, perché la realtà dei fatti è più importante, come lo sono le persone del posto, i loro sguardi smarriti, i loro racconti intrisi di paura e dignità. La resilienza è un sostantivo, derivato dalla metallurgia, che indica la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi e quindi in generale di un sistema di adattarsi a un cambiamento. In psicologia è l’atteggiamento di chi fa fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di chi va avanti e riorganizza la propria vita nonostante le difficoltà. L’opposto dunque dei concetti di ‘fragilità’ e ‘vulnerabilità’.

La Pro Loco di Campi è il set privilegiato della prima parte del film (la seconda racconta degli sfollati di Visso e Ussita e della loro creazione di comunità sulla costa): un’Arca di Noè, quella di Campi di Norcia, in versione antisismica, costruita per una resistenza di tutti i giorni, grazie all'ostinazione e alla volontà di ricominciare subito a rimboccarsi le maniche, del Prof. Roberto Sbriccoli che l'ha definita ''Piccola Repubblica Autonoma di Campi''. Sempre quel Roberto Sbriccoli che a Campi di Norcia promuove il progetto Back to Campi per riportare il turismo nella Valle Castoriana fra Norcia e Visso.