Un volto sofferente e scavato da cui traspare il dolore della malattia, il rifiuto e una vita ai margini. Iconografia dell’artista incompreso, dell’uomo vinto da demoni che lo spingono verso il colore, verso una natura che prevale su ogni istinto. Eccita e al contempo calma. Antonio Ligabue affascina e taglia con la precisione di un bisturi l’anima di chi ha la fortuna di ammirare le sue opere. E Padova ha questa fortuna perché al geniale pittore italo-svizzero (Zurigo 1899 – Gualtieri 1965) è dedicata la mostra monografica Antonio Ligabue. L’uomo, il pittore inaugurata presso i Musei Civici agli Eremitani. L’esposizione, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, è curata da Francesca Villanti e Francesco Negri.

Il pittore Ernst Ludwig Kirchner, uno fra i maggiori esponenti dell’espressionismo, ha affermato che «se si potesse trasformare completamente la sofferenza in creatività, si schiuderebbero nuove, incredibili possibilità». Ed è a partire da questo binomio, fatto di sofferenza e di creatività, che possiamo descrivere l’esperienza esistenziale e artistica di Antonio Ligabue, una delle personalità più interessanti dell'arte del Novecento, le cui opere diventano la fondazione di un modello liberatorio che ripara le ferite, le violenze e i soprusi della vita. La mostra è organizzata e prodotta da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, con la direzione generale di Alessandro Nicosia, in collaborazione con la Fondazione Museo Antonio Ligabue e il Comune di Gualtieri (RE).

«Un evento prestigioso – ha sottolineato l'Assessore alla Cultura Andrea Colasio - in una politica di rilancio delle grandi mostre, che contribuisce a incrementare l'offerta culturale e turistica di Padova città d’arte». Nelle sale verranno esposti più di settanta dipinti, tre dei quali provenienti da collezioni private padovane e mai esposti al pubblico. Insieme ad essi dieci opere su carta e sette sculture, fusioni in bronzo dalle originali che Ligabue realizzò in creta adoperando l'argilla delle sponde del Po, nella Bassa reggiana dove il pittore ha vissuto dopo l'espulsione dalla natia Svizzera, rimanendovi fino alla morte.

Antonio Ligabue nasce nel 1899 a Zurigo e muore il 27 maggio 1965 a Gualtieri, dove era approdato il 9 agosto 1919, espulso dalla Svizzera, dopo un’infanzia e un’adolescenza segnate dall’emarginazione (a soli nove mesi di età fu affidato dalla madre a un’altra famiglia) e dall’insofferenza verso il mondo che lo circondava. A scuola, tuttavia, già si erano rivelati la sua passione e il suo talento per il disegno. A Gualtieri la sua vita resta durissima, soprattutto nei primi anni, in cui, per riuscire a vivere, fa lo scariolante sulle rive del Po. Inizia a dipingere alla fine degli anni Venti, apprezzato da rari estimatori, tra i quali Marino Mazzacurati. Nel 1955 tiene la prima mostra personale a Gonzaga, in occasione della Fiera millenaria, organizzata da Cesare Parmiggiani; nel 1961 un’esposizione a Roma, alla Galleria La Barcaccia, ne segna la consacrazione nazionale (“il caso Ligabue”), dopo un’intensa attività artistica, spesso incompresa e addirittura derisa, che nel tempo susciterà tuttavia l’ammirazione e l’interesse di collezionisti, critici e storici dell’arte. Tra le antologiche più recenti, si ricorda quella, con quasi duecento opere, tenuta nel 2005 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri, in occasione del quarantesimo anniversario della sua scomparsa.

La mostra vuole essere un percorso attraverso la vita e l’arte di Antonio Ligabue, una vicenda esistenziale dominata dalla solitudine, dall’emarginazione, riscattate solo da uno sconfinato amore per la pittura. Un racconto biografico e artistico che si snoda attraverso i temi principali entro i quali si sviluppa l'universo creativo del pittore. L'esposizione si apre con i celebri autoritratti, che testimoniano il forte desiderio di rivelare attraverso l’immagine i tratti essenziali della sua personalità e che evidenziano un’acutezza di indagine caparbiamente inseguita, nonché la capacità di esprimere la continua ricerca di un’occasione di confronto e di umano coinvolgimento, attraverso un’intensità emotiva e una profonda poesia.

Seguono gli animali selvaggi e domestici. “Pittore di animali” è la definizione che dà di sé Ligabue già nel 1928: immediata l’identificazione dell’artista con le figure rappresentate. Una simbiosi che denuncia ancora una volta la sofferenza della sua anima di animale ferito, rifiutato dall’essere umano e che trova negli animali che vivono sulle rive del Po la sua unica famiglia. La fantasia porta poi il pittore in terre lontane, sognate e immaginate sfogliando qualsiasi libro trovasse a portata di mano o studiando con curiosità maniacale le famose figurine Liebig.

Infine, il paesaggio agreste, un microcosmo privilegiato dove Ligabue si sente a suo agio come in nessun altro luogo, dove la sua idealizzazione rivela un’attenzione profonda alla vita silenziosa delle cose della natura, attinta nella verità di un mondo spiato da lontano, filtrata attraverso il ricordo della sua terra natale e ispirata alle immagini delle opere osservate da bambino, frammenti di un mondo che si porterà dietro mischiando ricordi e fantasia.

A corredo, per sottolineare ancora di più lo stretto legame in Ligabue tra vita e arte, per la prima volta sarà visibile al pubblico un'ampia selezione di documenti originali, dedicati alla sua vicenda biografica. Accompagna la mostra un catalogo Skira con testi di Francesca Villanti, Sergio Negri, Giuseppe Amadei e Massimo Scanarini. Per tutto il periodo della mostra, oltre al percorso espositivo, verrà data ai ragazzi delle scuole la possibilità di fare un’esperienza attiva e creativa attraverso laboratori didattici per le diverse fasce di utenza (scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di I e II grado).