Rosa di maggio… si legge spesso, e si intende quel fiore tipicamente godibile nel mese della primavera avanzata quando comincia a scaldarsi la temperatura e i giardini si riempiono di fioriture poderose soprattutto del fiore più amato: la rosa.

Purtroppo il profumo che ne connota da millenni la sua natura in molte specie si è via via perduto proprio a causa della grande selezione artificiale di rose perché fossero grandi, colorate e vistose, resistenti nei petali, autopulenti, cioè la velocità di perdita dei petali finita la fioritura. Il carattere che dà il profumo è un carattere recessivo ovvero con gli incroci spesso non si manifesta negli esemplari prodotti dall’ibridazione, un po’ come gli occhi azzurri rispetto agli occhi scuri nell’uomo. Per molti anni il mercato del fiore ha diffuso quindi la rosa moderna, termine coniato dai botanici e in particolare dai rodologi, studiosi di questo genere, per indicare quel gruppo ormai enorme di esemplari ottenuti dagli ibridatori dalla fine dell’Ottocento introducendo le specie di rose originarie della Cina e dell’estremo Oriente.

È recente invece lo studio dell’origine della fragranza dei fiori, ci si chiede perché i fiori profumino! Un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida capeggiati da David Clark studiando il carattere genetico che controlla la durata dei petali delle comuni Petunie hanno individuato e sequenziato 12 geni responsabili della produzione di sostanze che danno l’aroma di rosa, di chiodi di garofano e molti altri. In questo modo sono stati capaci di recuperare i cosiddetti aromi e fragranze perdute e studiare il perché alcune di esse catturino di più il gusto degli amanti dei fiori e dei loro profumi. Insomma vorrebbero creare – o forse l’anno già creata ? – la banca del gene delle fragranze. Questa notizia è preoccupante forse come il fatto che molte manipolazioni effettuate sugli organismi viventi ci abbiano spinto, nella ricerca della conoscenza, a varcare dei limiti senza valutarne le conseguenze. Ma tornando al centro del nostro discorso intorno al profumo delle piante non va dimenticato che la natura nelle sue manifestazioni e nei suoi caratteri ha sempre la sua ragion d’essere e anche il profumo dei fiori non ha una finalità di mera piacevolezza bensì … una precisa utilità. Così ci spiegano il botanico Stefano Mancuso e la giornalista scientifica Alessandra Viola, che conobbi in occasione di una presentazione del loro ultimo lavoro in cui cercano di chiarire al grande pubblico in forma divulgativa e divertente il bello dell’intelligenza delle piante ovvero della loro sensibilità “diffusa”.

Le piante non possiedono un solo organo per percepire gli odori come accade per l’uomo bensì hanno miliardi di cellule deputate, con recettori diffusi dalle radici alla parte aerea, a percepire sostanze volatili e loro stesse usano delle molecole volatili – “BVOC – Biogenic Volatile Organic Compounds cioè Composti Organici Volatili di Origine Biogenica per ricevere informazioni dall’ambiente e per comunicare tra loro e con gli insetti, il che accade continuamente” (Mancuso, Viola, 2013). Secondo gli autori del testo, gli odori delle piante sono come una sorta di linguaggio, che utilizzano per capirsi, per farsi riconoscere e per inviare degli allarmi emettendo un odore forte in un certo momento quando magari si manifesta un pericolo. Quindi anche i fiori stessi, come la rosa, con il suo profumo non fa altro che inviare un messaggio “privato” per avvisare un insetto che è pronta per essere impollinata.

E fino a qui gli scienziati sono arrivati, ovvero, il profumo di molti fiori costituisce uno stratagemma perché la vita possa perpetuarsi, quindi che gli insetti facciano il loro lavoro e si possa così fecondare il fiore e si possa produrre il frutto e il seme. Ma il profumo delle piante non si limita alla parte del fiore. Pensate a quante piante sono portatrici di aromi gradevolissimi, salvia, menta, timo, elicriso, moltissimi pelargoni odorosi con le foglie al profumo di limone, canfora, arancia, rosa ecc. e molto spesso gli aromi non sono collegati a una sola molecola ma a più molecole oppure aromi diversi provengono da una stessa molecola con una struttura chimica diversa! Non è chiaro ancora il meccanismo secondo il quale certe piante profumino più di altre, perché alcune non profumino affatto e perché solo in certe parti della pianta.

Ma la manipolazione delle piante più profumate avviene da millenni quando prìncipi, collezionisti e viaggiatori ne fecero un loro oggetto di desiderio coltivandole in giardini segreti, estraendone gli oli essenziali. Riti, esoterismi, alchimie sono le pratiche legate all’uso delle piante soprattutto quelle dotate di poteri terapeutici, di emanare profumi e aromatizzare e conservare i cibi. Come nel mondo antico dall’India alla Grecia all’Egitto, i balsami erano comunemente utilizzati per molti usi, dall’igiene alle cure di bellezza; ancora oggi le sostanze aromatiche e gli oli essenziali rappresentano un utile rimedio a molte affezioni e risultano efficaci per migliorare il nostro stato di benessere godendo solamente del loro aroma.

Da uno studio recente riportato dal Journal of Agricoltural and Food Chemistry sembra che l’inalazione di alcune sostanze aromatiche agisca positivamente nell’uomo alleviando gli stati di stress. La percezione di un odore agisce sugli stati emotivi, su alcune sinapsi del nostro cervello per cui sembra sia in grado di indurre uno stato di benessere o malessere nei casi in cui sia legato a ricordi più o meno gradevoli. Associamo gli odori a momenti del nostro vissuto e la memoria inconscia del corpo ci riporta a quegli stati d’animo. È chiaro che siamo in grado di distinguere il profumo di gelsomino da quello di arancia ma questa percezione a volte può collegarsi al momento in cui abbiamo avvertito quello specifico profumo.

L’aromaterapia, che viene compresa nell’ambito della più ampia branca della fitoterapia, quindi la cura attraverso l’uso delle piante, affronta anche tutto un campo di pratica nell’utilizzo degli oli essenziali come rimedio agli stati psicologici con benefici diversi grazie all’impiego di principi attivi diversi. Il limone emana un aroma che sembra sia efficace come antidepressivo, mentre il profumo della lavanda sembra che induca serenità e rilassamento. La vista di un campo che pullula di fiori di diverso tipo, soprattutto selvatici è sicuramente efficace nell’indurre sensazioni di benessere e di serenità come è ormai provato che la visione di paesaggi verdeggianti con viste ampie e sinuose nelle forme come le colline e alvei fluviali abbia dei veri e propri effetti curativi, soprattutto per coloro che sono costretti a vivere in spazi artificiali e urbani per la maggior parte della loro vita.

Riconsideriamo quindi l’importanza del profumo dei fiori, allenando il nostro senso dell’olfatto, recuperando specie dai profumi antichi come la rosa, le piante selvatiche di campo che possono darci un grande sollievo anche in brevi uscite fuori porta. Le mente, l’origano, la melissa e la camomilla sono solo alcune piante aromatiche che facilmente sono rintracciabili nei luoghi di campagna non lontani dalla città. Godiamo di questa possibilità di riconoscerli, raccoglierli e utilizzarli anche per utilizzarli in ottime tisane sia con le foglie fresche sia essiccate. Dalla grammatica alla pratica… come scrive una simpatica cacciatrice di erbe dell’Appennino modenese, Donatella Mongardi: la botanica è “nel piatto”!