Per Giovanni Termini [Assoro, 1972] la scultura è un’intuizione formalizzata ma pur sempre dubitativa che intende mostrarci l’esperienza stessa dell’arte, il suo essere “in situazione”.

Come dichiarato nel titolo, Visioni d’insieme, la personale concepita per gli spazi del MAC di Lissone rimanda a una totalità così come alle sue parti costituenti, permettendo allo spettatore di confrontarsi con le singole opere e al contempodi gettare uno sguardo sul ventennale percorso dell’artista. Dello stesso avviso è anche la ricerca di Termini che – essendo determinata dagli elementi che la regolano – è indivisibile malgrado le sue parti continuino a essere scindibili.

Come di consueto, Termini si sforza di dimenticare l’effetto per concentrarsi unicamente sul processo: le sue sono “opere-cognitive” e non già dei semplici “oggetti-contemplativi” in quanto si sforzano di interrogare l’idea stessa della scultura. Non per nulla, l’artista ricorre sovente a materiali predisposti al montaggio, specificità che connatura la sua ricerca tra le forme assemblate (anziché tra quelle scolpite), che per converso restano delle forme scomponibili.

La peculiarità di una struttura scomponibile è infatti alla base della monumentale installazione Zona Franca che dopo dieci anni viene riproposta a Lissone. La cassa in vetro, sospesa sull’imponente struttura di ferro zincato, occupa lo spazio e lo contiene a sua volta; l’artista tiene tuttavia a precisare che il vero contenitore delle forme non è lo spazio ma il tempo.

Termini equipara l’arte a un cantiere, un ambiente dove le opere vengono definite da tautologici lavori in corso. I materiali preformati e premeditati veicolano sempre i loro referenti culturali, di cui l’artista accetta – senza mai subire – la fascinazione. Il cemento eil ferro, il legno eil vetro, il cartongesso e i tubi zincati, sono elementi di un’archeologia industriale che è ancora possibile riconfigurare e/o risignificare per ottenere delle forme-tipo, o per meglio dire delle forme-fondamentali.

Assieme a Zona Franca sono presenti altre due installazioni di grande formato: Attraverso, struttura in ferro zincato che defunzionalizza l’impianto luci del complesso museale, e Tempo imperfetto, una videoinstallazione su parete in formica e legno. Il percorso espositivo si completa quindi con alcuni disegni e altri contrappunti visivi, tra cui Idea di coesione (un blocco di cemento che contiene i “residui di un’operosità”) e le Tre buste (fuse in bronzo nichelato, cromato e ramato) disseminate negli spazi espositivi.

Non potendo più essere un oggetto inerte, l’opera d’arte diventa l’esito di un pensiero che si è incarnato, motivo per cui la ricerca di Giovanni Termini sfocia in una lenticolare verifica della propria disciplina, alla ricerca dell’autenticità e dell’autorialità della scultura.