Marco Martelli vive e lavora a Firenze, è pittore, architetto e figurante-mimo; ha esposto in numerose gallerie in Italia, Svizzera, Canada e Stati Uniti.
Guardando le opere di Marco Martelli ci immaginiamo una passeggiata tra i vicoli di una città vecchia, osservando edifici e palazzi che si stagliano contro un cielo terso, dal blu intenso. La luce del sole rischiara le superfici di queste antiche case, facendone risaltare i colori. L’attenzione per i dettagli architettonici si unisce all’atmosfera sognante legata a quel cielo, quasi irreale, cosparso a volte da nubi leggere che sembrano impreziosire ancor più quella distesa di colore, memore del blu lapislazzulo rinascimentale. I tagli dei dipinti sono invece fotografici, e la composizione è giocata su rispondenze di linee e contrappunti chiaroscurali. (Barbara Frigerio)
Dietro le cose. Dietro la prima immagine delle cose.
Tutto quello che ogni giorno, ogni momento, cade dalla realtà davanti al nostro sguardo distratto, lo vediamo risorgere dalle tele di Marco Martelli, ma cambiato, trasformato, uguale e diverso, rivestito di una prima e dimenticata bellezza, denso di un enigma che ancora forse incatena qualche ritardatario spettatore, intrappolato nella fitta rete della metafisica. La sensazione è di inoltrarsi insieme all'occhio indagatore del pittore, occhio magico che riveste di luce nuova e di attenzione, in quello spazio misterioso che circonda le cose e che ci sfugge.
Il segreto degli oggetti, l'arcano del loro fascino doppio, si libera dal pennello di Marco che lento, preciso, nuovo, riporta i contorni della vita con qualcosa di più, la sua visione, una visione che stacca, evidenzia le nuvole, gli alberi, le persone cercando di intuirne il suono, il profumo, la vita silenziosa e interiore. E tra le nuvole, gli alberi, le persone si intuisce che non c'è differenza, la materia è tutta animata - cosi' il pittore sente - ogni cosa è dello stesso amalgama, non esiste contrasto, tutto è parte di un'unica chimera e di un unico incondizionato amore.
Martelli percepisce l'energia degli oggetti, la pulsione recondita di ciò che sta intorno, il cielo, per primo, si anima, diventa dinamico, incomincia a ruotare e porta nella sua ruotazione tutto ciò che contiene, l'immagine è irrequieta e sospesa, un filo immaginario e reale, senza inizio e fine, porta all'interno di ogni quadro rilevando una privata intuizione del sacro e del labile equilibrio che ci tiene tutti. Dove siamo? Cosa guardiamo davvero? Bicchieri e bottiglie sono all'improvviso strani pesci che nuotano in una danza azzurra senza direzione, senza rotta, e non è piu' possibile capire quali siano i piani della visione e quali gli orizzonti, capire chi guarda e chi è guardato, capire se siamo noi a guardare gli oggetti, e non piuttosto loro a spiarci, a soggiogarci, cosi' dolcemente precipitati dagli effimeri spazi in cui sostano.
Le opere di Marco possiedono un livello di azione inconscia che agisce adagio sulla nostra emotività, sono palcoscenici in cui gli oggetti, spesso materiali di recupero trovati a un cassonetto, inutili per molti, ma preziosi per l'artista, diventano attori di una strana rappresentazione che si nutre anche di quelli che furono i contenuti e le sospensioni - vibrante vocazione all'eterno - del realismo magico novecentesco cosi' come della pittura assoluta di Piero della Francesca e dei giotteschi. E da questo richiamo diretto alla forte e visionaria tradizione italiana, il pittore attinge altresì la precisione quasi violenta del colore che fende gli occhi come una lama acuminata, che isola i concetti spingendo a restare attoniti ed inebriati dinanzi alla sensazione di un nuovo impero di bianchi e profondissimi blu, a permanere in un iperrealismo caldo, pieno di vibrazioni, in uno stato di interruzione in cui ricevere i segnali di realtà ancora mai viste, di sciarade per cui l'artista si fa interprete e tramite.
Quello che vediamo è un interno, un libro appeso a un albero, una macchina da scrivere nel primo pomeriggio, il riflesso di una maiolica, un vaso adagiato su di una tegola, la vertigine di una cattedrale assolata, un vestito steso al sole, ed è, nello stesso tempo molto di più. Non si tratta di mera rappresentazione, ma di essenza, di sensibilità, e quella che appartiene a Marco si fa colore, pigmento e luce per esprimere le emozioni di quegli elementi quotidiani incastonati in profondità nella sua testa; essi sono il mondo che ci regala, istanti che lo innamorano e lo catturano, sono istanti di una vita e istanti propri degli oggetti, belli come totem, assoluti come icone, chiusi in una immobilità in cui vorremmo entrare per conoscere, alla fine, di che pasta sono fatti i sogni.
Testo di Silvia Cosi