La dieta alimentare ha radici antiche e gli uomini oggi si nutrono di alimenti che erano sul piatto dei nostri antenati, dai legumi ai cereali agli ortaggi alle piante officinali con proprietà terapeutiche. La storia del cibo è una storia antichissima e fa parte dei nostri usi, dei comportamenti, e ha influenzato i modi di vivere e di relazionarci. Voglio citare il lavoro di un filosofo della scienza che ha affrontato con molto acume questi argomenti, Telmo Pievani, curatore del percorso museale delle nuove serre del Giardino della Biodiversità da pochi anni inaugurato a Padova nell’antico Orto botanico. “Come le piante hanno addomesticato noi”, è proprio il caso di dire poiché se l’uomo da raccoglitore di piante spontanee è diventato alle soglie del neolitico un coltivatore, ha radicalmente modificato il suo stile di vita scoprendo cereali e legumi che avrebbero migliorato il suo modo di vivere.

Però dopo millenni di coltivazione e di “addomesticamento” delle piante da parte dell’uomo va ricordato che di 8 milioni circa di specie viventi “attualmente non più di 120 specie coltivate forniscono il 90% del cibo umano fornito dalle piante, e 12 specie vegetali e cinque specie animali da sole forniscono oltre il 70% di tutto il cibo umano. Solamente quattro specie vegetali (patate, riso, mais e grano) e tre specie animali (bovini, suini e polli) forniscono oltre la metà di tutto il cibo umano”. Questo è quanto è dichiarato nel documento La legge del seme pubblicato pochi anni fa. Si basa sui contributi dati e sulle discussioni avvenute durante un incontro lavorativo tra avvocati e scienziati, maggiori esperti nei loro rispettivi campi e membri della Commissione Internazionale sul Futuro del Cibo e dell’Agricoltura, che si è tenuto al Navdanya International a Firenze a febbraio 2013. Il documento finale è oggi disponibile anche in rete grazie al lavoro di un gruppo editoriale composto da Vandana Shiva, Research Foundation for Technology, Science and Ecology/Navdanya, Caroline Lockhart, Navdanya International, e Ruchi Schroff, Navdanya.

A questo documento fondamentale per il futuro del paese sono ritornata anche grazie alla lettura di un volumetto stampato in proprio da due custodi della biodiversità che da anni sperimentano piante innovative nelle colline dell’Appennino. Sembrerà strano ai più questa definizione “innovativo” per un essere vegetale ma in realtà è un aggettivo molto appropriato, se finalmente guardiamo la natura con uno sguardo diverso. Dalla natura possiamo trarre il nostro alimento, il nostro ossigeno, la nostra cura soprattutto se riproviamo con cura a coltivare specie dimenticate, apparentemente lontane per la loro provenienza oggi invece spontaneizzate in Europa e un po’ sottovalutate. A volte abbiamo piante preziose in giardino e non ce ne accorgiamo! Per questo grazie ai due cercatori di piante Paolo Gullino e e Sofia Cerrano, attraverso la lettura di *Piante edibili, piante incredibili, stampato in proprio da Naturamaestra, posso parlarvi oggi di qualche curiosità culinaria, fitoterapica e giardinistica.

Inizierò da una pianta considerata di serie B da tutti gli agricoltori e giardinieri distratti: l’Amaranto. Spesso nasce spontanea nei campi coltivati perché si è spontaneizzata in Europa, quindi si autoriproduce senza l’intervento dell’uomo, pur provenendo dal Nord America. Il suo nome ricorda il colore della pianta il rosso scuro Amaranthus sanguineus, è annuale e fiorisce da giugno a settembre ma ha una grande capacità di autoriseminarsi come molte piante vagabonde. Il colore vinaccia che è nelle foglie e nelle lunghe spighe, che portano moltissimi semi, le conferisce un aspetto molto decorativo. È anche chiamato Grano degli Dei, così gli Atzechi lo definivano, poiché fin dai tempi più remoti era considerato emblema di immortalità, portatore di buona fortuna e in grado di scongiurare i mali perché i suoi fiori mantengono il colore e la forma anche da secchi. Commestibili sia i semi che le foglie, sarebbe utile per i celiaci poiché non contiene glutine ed è ideale nei minestroni e in insalata, contenendo il 16% di proteine, Calcio, Fosforo, Magnesio e Ferro. Le sue proprietà terapeutiche sono notevoli perché è astringente, calmante ed emostatico, quindi per sanare ferite ed emorragie del naso. Se lo trovate nato per caso in un vaso del terrazzo fatene tesoro. Un amico nel suo terrazzo romano ne ha lasciato lo sviluppo spontaneo in vaso, e si è creato un angolo coloratissimo che contrasta con bulbi bianchi e un bel gelsomino rampicante.

Proprio nel terrazzo di casa o in un angolo di giardino non dovremmo mancare di coltivare un'altra pianta esotica del Sud America, in Paraguay: è la Kaa hee, la pianta del miele. Oggi la si acquista in polvere o pastiglie nei supermercati, ma non se ne conosce bene la pianta da cui deriva, nota come Stevia rebaudiana. È una composita che forma bellissimi cespugli con foglie verdi smeraldo dal sapore dolcissimo che ricordano la menta o la melissa. È bene sapere che resiste fino a -10° C, quindi è coltivabile in tutti i nostri climi. Essendo un dolcificante naturale da 9 a 450 volte più dolce dello zucchero, sia come pianta fresca sia da secca, la possiamo usare per addolcire bevande, caffè, tisane, macedonie e dolci, dopo aver impastato il triturato di foglie nelle torte o le conserve. Al contrario dello zucchero ha un azione ipoglicemica, uno scarso apporto calorico, è ipotensiva e cardiotonica, alleviando la stanchezza mentale e fisica e stimolando la digestione. Ha altre mille proprietà tra cui anche l’uso come cosmetico per la pelle, che tonifica, rende elastica e protegge dalle aggressioni esterne combattendo le dermatiti. Lunga la storia della sua scoperta ad opera del farmacista Rebaudi che per primo ne estrasse la parte essenziale, e poi con Mose Bertoni nel 1903. L’industria dello zucchero ne ha ostacolato per quasi un secolo la sua introduzione come pianta edibile. Coltiviamola e ne avremo benefici tutto l’anno, in estate come pianta fresca e in inverno, una volta fatta essiccare. Anche in agricoltura risolverebbe molte problematiche migliorando la fertilità dei terreni e stimolando la crescita delle piante, soprattutto le orticole.

Voglio citarvi altri due miracoli naturali che sono poco conosciuti e facilmente coltivabili: il basilico sacro e la salvia sacra. Il primo, in latino Ocimum tenuiflorum, è detto anche basilico di Tulsi (hindi) o tulasi (in sancrito), è coltivato in India e in Asia in generale, da cui proviene, come pianta sacra perché simbolica nella tradizione religiosa hindu, si identifica infatti con la sposa di Vishnu, Lakshmi, emblema di bellezza e fertilità. Coltivabile in casa e nei vasi in estate, prolifica fino a dicembre con foglie e fioriture per 30-60 cm di altezza, foglie verdi con tocchi di rosso e infiorescenze rosa-violaceo molto decorative. Si usa come il normale basilico ma è più speziato e mentolato, è anche un noto rimedio ayurvedico, perché varie parti della pianta curano bronchiti, dissenteria, dermatiti, artriti e problemi oculari. L’eugenolo presente nelle foglie è antitumorale, cardioprotettivo e utile contro il mal di testa. Farsi una tisana con le foglie è utile per i benefici che se ne può trarre durante tutta la stagione, da primavera all’autunno inoltrato.

La salvia come le precedenti piante è anche decorativa per il giardino e il terrazzo e si distingue dalla comune salvia europea per essere quasi bianca. Originaria del Nord America in California, zona simile per clima e vegetazione al nostro areale mediterraneo, è stata importata per la sua bellezza ed è andata per la maggiore nei più raffinati mercati del vivaismo specializzato di questi anni. Richiede sole ma resiste fino al -10°C, la possiamo coltivare in giardino perché è un piccolo arbusto di un metro di altezza con foglie grigio verde quasi bianco e fiori bianchi. Il seme lasciato a bagno da vita a un'ottima bevanda, ci raccontano Gullino e Cerrano nel loro manuale delle piante innovative. I semi si usano anche come spezia e le foglie usate in cucina sono aromatizzanti, ma se messe in infuso sono toniche per il sangue per debellare tosse e febbre. È considerata sacra dai nativi americani chela utilizzano nei riti all’interno delle capanne sudatorie, per il suo potere purificante e disinfettante nelle case disabitate da tempo o dopo casi di malattie contagiose. E non basta poiché è largamente usata come incenso aromatico e molti altri usi ancora…

L’inverno è molto utile per appassionarci a letture utili come questo libro, e in generale in materia di usi insoliti di piante che ci fanno riscoprire l’importanza dell’autoproduzione non limitandoci alle nostrane piante aromatiche e ornamentali ma spaziando nell'affascinante e inesauribile collezione vegetale del pianeta, oggi facilmente raggiungibile con la rete. I semi potrete trovarli cercando queste specie e navigando tra piante innovative… piante edibili e incredibili. Facile crearsi a primavera un piccolo orto botanico portatile facendo crescere e utilizzare specie e varietà inusuali, nuove e antiche. Utilitas et venustas!