Gli hanno dato il permesso e l’ha toccata. L’emozione non si smorza. Un giorno in una sala degli Uffizi ha sfiorato l’opera del genio sommo: l’Annunciazione di Leonardo da Vinci. Il quadro che decise la sua vita.

Lo vide per la prima volta quando era un bimbo e lo chiamavano Tonino perché era smilzo. Lo vide su un sussidiario delle elementari, non si ricorda se in seconda o terza elementare. Una riproduzione in bianco e nero, un po’ polverosa, da anni Quaranta, ma l’aura indecifrabile di Leonardo affiorava. Adesso che non è più Tonino, ma Antonio Menichini, uno dei mercanti d’arte antica più rispettati d’Italia, abituato a maneggiare Correggio, Van Dyck, Orcagna, Tiepolo, Batoni, Bernardino Luini, De Nittis l’innamoramento non è sfumato: “Se avessi l’Annunciazione di Leonardo butterei via tutto. La metterei in camera da letto con uno specchio davanti per ammirarla in tutta la stanza”. Anche al Museo San Matteo di Pisa ebbe un’esperienza meravigliosa: tenne in mano per una mezz’ora un Gentile da Fabriano, lo voltò e scoprì che era dipinto anche sul retro. Che momenti! E accanto c’era un Masaccio.

“Oggi si investe molto sull’arte contemporanea" - spiega Menichini nella sua galleria di via San Maurilio a Milano che porta il nome di una via pisana, del Borghetto, perché lui è toscano, toscanissimo, infatti arguto -."E’ un’arte effimera, fatta dai mercanti. Certo che ci sono i grandi artisti degni dei maestri del passato, ma sono dieci su un milione. Gli altri sono patacche e tutto è legato a una speculazione mercenaria. I bluff vengono fuori alle aste dove l’opera antica e alta è invece sempre riconosciuta. E ricordiamoci che un quadro italiano, beh, ha qualcosa in più. E il mondo lo sa”.

Si dice che l’Occidente sia finito per sempre, stravolto da una crisi economica complessa e interminabile, in un clima da resa dei conti. Menichini ha allestito la mostra Antologia di grandi maestri per scoprire se c’è speranza: “E’ il mio canto del cigno, si sa che il cigno muore cantando. Le opere sono talmente importanti che se non si vende a questo livello non si vende più. Il senso di questa mostra è capire se siamo spacciati oppure no”.

L’antiquario espone una collezione inedita di gran pregio che comprende, fra gli altri, Giove e Semele del Guercino, Ritratto di famiglia da Mosto e Costanzo del Tintoretto, una coppia di dipinti di Pompeo Batoni raffiguranti Ercole al bivio e Venere che consegna le armi a Enea, Leda e il cigno di Boucher, Temistocle si rifugia da Admete di Jacques-Louis David , una tela che ricorda i famosi Oriazi e Curiazi, La Sacra Famiglia di Carlo Francesco Nuvolone, con una Madonna tenerissima dal labbro increspato, proteso in un bacio ideale al Bambino. Menichini è commosso nel mostrare i suoi capolavori e ricorda gli inizi: da ragazzo a Pisa incontrò il nipote del celeberrimo cardinal Traglia che gli comprò la collezione di francobolli e gli donò dei quadri, e le suore di sant’Agostino dei libri sacri. A Firenze, con l’inesperienza e la passione della gioventù girava per musei, gli Uffizi, la galleria Palatina e raccoglieva cose antiche. Ricorda l’amore per i Macchiaioli. Affascinato dalla pittura perché è l’ineffabile “fatta di niente, colori, pennelli. Ed è il tutto”.

Gli dicono che non sembra interessato a vendere: lui spiega che non è così. Fare il mercante d’arte è il suo mestiere e ha clienti famosi come Cartier, Dolce & Gabbana, Versace. “Ma è vero: nulla potrei se non fossi mosso dalla passione”. Anche la passione di osservare che l’arte trasfigura le persone.