Gianluca Balocco

Artista, Fotografo, Scrittore, Architetto.

Come autore e fotografo mi interesso di antropologia e di ambiente. I miei lavori fotografici derivano dalle osservazioni e dai rapporti tra l'uomo e l'ambiente, e dal collegamento tra la storia del pianeta e la vita delle piante. Recentemente ho pubblicato un libro fotografico su questo argomento dal titolo "Naked Plants", il risultato di due anni di lavoro in cui alcuni scienziati, filosofi e storici dell'arte sono stati coinvolti nella mia ricerca. Durante questa esperienza, ho cresciuto e fotografato piante viventi, completamente denudate e sospese in luoghi quotidiani (ambienti familiari, musei, monumenti storici, strade, etc.) per brevi momenti. Questa ricerca mira a svelare la vita, l’intelligenza e la sensibilità delle piante in una dimensione dimenticata dall'uomo.

La ricerca

Nonostante la cultura occidentale sia pervasa da milioni di immagini, credo che il mezzo fotografico (ancora molto giovane) non abbia ancora esaurito la propria potenzialità espressiva e culturale. La fotografia, come il pensiero, ha una dimensione neutra e come tale si manifesta solo quando incontra la realtà. Questo strumento, come il nostro occhio, si nutre d'immagini e si allinea benissimo con le funzioni mentali e neuronali dell'uomo. La fotografia è prima di tutto un linguaggio in cui le immagini come le parole diventano la terza dimensione astratta di un campo spazio/temporale reale. La fotografia non è un linguaggio traducibile (può essere descritta o interpretata) e solo in parte si può considerare "linguaggio universale". Credo che la fotografia trovi la propria dimensione artistica nel momento in cui realizza i propri codici astratti. Nel campo del pensiero definito da immagine/spazio/tempo il nostro cervello si nutre abitualmente di icone e ne produce di proprie a tal punto che il margine tra l'esperienza, l'immaginario e l'emozione è molto labile. Aggiungo un'ultima riflessione sul mezzo fotografico come strumento e linguaggio insostituibile nell'evoluzione dell'uomo, della propria coscienza e della conoscenza. In questi ultimi anni mi sono interessato all'aspetto psicologico e psichico dell'uomo. Mi ha sempre attratto tutto ciò che parlava di mente, pensiero, relazioni inconsce, di filosofia e sociologia. Sono convinto che siano questi gli ambiti in cui l'arte può esercitare la propria missione collettiva. L'arte sta all'uomo come le immagini stanno alla ritualità e ai legami magici. Le icone, luogo astratto permeato dal desiderio, colmano la distanza tra il soggetto ed il gruppo (Gordon Lawrence - Social Dreaming; Frazer - Il Ramo d'Oro).

Le immagini che affollano la nostra mente ci condizionano e noi condizioniamo loro con le nostre personali distorsioni, con gli inevitabili errori di lettura, con le visioni visionarie e le proiezioni interiori. Qualunque mente cerca, divora e produce immagini, parole e suoni senza sosta. Tuttavia nelle immagini ritroviamo un magico senso di appartenenza, il piacere del caos e del divenire, l'amore per la perfezione e l'imperfezione, l'idea della Storia e del Tempo che passa e non passa ma soprattutto la bellezza dello spazio che contiene i nostri istanti così brevi rispetto alla dimensione evolutiva che ci lega al mondo e agli altri esseri viventi (Charles Darwin - L'Origine della Specie). In quest'ultimo anno ho sperimentato le dimensioni iconiche dello spazio (inteso come luogo) e del tempo (inteso come mutamento/evoluzione). Mi piace pensare al lavoro artistico come un atto psicomagico (Rif. Psicomagia - Alejandro Jodorowsky) in cui combino le proiezioni personali con la realtà, le suggestioni tratte dal mio percorso evolutivo con la vita degli altri. Il tutto però con una dinamica work-in-progress, come un rito della mente e della conoscenza che ha bisogno di concretizzarsi per essere semplicemente leggibile. In questi lavori prendo atto dell'importanza del pensiero passivo e del peso delle azioni degli altri sul mio percorso creativo. Le immagini interne possono essere frutto di pensieri automatici e di esperienze mentali indirette come viene testimoniato dalle recenti scoperte sull'attività dei neuroni a specchio*. Il social dreaming come la magia fa parte delle nostre origini. L'usanza di narrare sogni in un collettivo è antica quanto il bisogno di aggregazione dell'uomo per superare i quattro mali di nascita, malattia, vecchiaia e morte. Posso testimoniare che questo lavoro è stato fatto a più mani, con più menti, in uno spazio che non esiste e in un tempo che nasce già obsoleto (Cit .Riccardo Panattoni).

Cenni biografici

All'inizio degli anni '80 studio tecnica della fotografia e oriento la mia ricerca artistica a questo mezzo. In questi anni però considero la fotografia come un semplice espediente per raggiungere un risultato pittorico. Le "foto-tracce" infatti sono delle riprese fotografiche trasformate in immagini pittoriche che derivano da un fotogramma. La fotografia diventa in questa ricerca un mezzo rapido e freddo che replica l'occhio e la mente nel momento in cui cattura un istante spazio-temporale. In questi lavori l'immagine fotografica non viene stampata col tradizionale processo di sviluppo ma è realizzata con la tecnica del calco. Della foto resta una semplice traccia materica composta di alcuni materiali tra cui il gesso, la lana e la carta. Negli anni 90 la ricerca fotografica e video apre un capitolo importante sull'indagine della mente del singolo individuo: fotografare la mente come contenitore della memoria collettiva. I nostri pensieri derivano dalle immagini e si traducono in stati emotivi e mnemonici comuni a tutti. Le immagini fisse dei gruppi di persone creano un collegamento tra la visione fotografica esterna e l'immagine mentale dei singoli appartenenti al gruppo. Viaggio senza passaporto è ispirato alle teorie Bioniane del rapporto tra memoria ed emozioni. Nel 1993 presento alla XLV Biennale di Venezia il risultato del mio lavoro con un'installazione fotografica e video. L'opera deriva da un’esperienza di 3 mesi di studio realizzata con un gruppo di 20 donne lungodegenti di un ospedale psichiatrico. Qualche anno dopo realizzerò un'esperienza simile con un gruppo di Poeti di Marsiglia acquisita dal museo d'Arte Moderna di Marsiglia. Tra le expo principali di questi anni ci sono il Museo per l’Arte Contemporanea di Umbertide, Mistero e Mito nei musei Fukuyama Museum of Art, Chiba Prefectural Museum of Art, The Museum of Art - Kockhi, Ilda City Museum. Museo Correr Venezia - Cinque Stanze tra arte e depressione (A.Bonito Oliva). Nel 1995, in collaborazione con alcuni psicoanalisti, inizio una nuova ricerca in cui tratto l'immagine fotografica come oggetto mentale di un “pensiero collettivo”. Nel 1996, mi avvicino alle teorie di Wilfred Bion e di Gerald Edelmann. In questi anni partecipo ad alcuni Congressi Nazionali di Psicanalisi. Nel 1997 sono invitato a realizzare un'installazione al Lingotto di Torino per il Centenario della nascita di Bion. Tra i cortometraggi girati nel corso degli anni ’90 ci sono The Tube (1994), I poeti non hanno ombra (1995), Brain Beat (1995), Rapid Eyes Movements (1996), Twenty Five Thousand Days (1996), October (1997). Fotografia Europea - Reggio Emilia (Italia) 2015 - Sito specifico Biblioteca delle Arti - Sorbonne Paris Diderot - Installazione e presentazione del libro (Parigi 2015); Festivaletteratura di Mantova (Italia 2015) Sito specifico Sinagoga Norsa e Biblioteca Teresiana.

Articoli di Gianluca Balocco

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