Il lavoro di Michel Paysant si è costruito a contatto con le scienze: «Fare arte mi interessa, ma collaborare con ambiti che a prima vista non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro, con generi differenti, è appassionante», afferma. È così che ha sviluppato una pratica di disegno basata sulla registrazione dei suoi movimenti oculari.

Il progetto, intitolato DALY (Disegnare con gli occhi), è realizzato con un eye tracker (un processo che monitora i movimenti oculari, il percorso visivo, i punti di fissazione e gli spostamenti). Lo strumento diventa quindi l'occhio anziché la mano.

Da una trentina d’anni a questa parte, l'artista ha scelto di collaborare con diversi laboratori, al Louvre, al Centre Pompidou, al MUDAM di Lussemburgo, al Zentrum Paul Klee di Berna, al Dadu Museum di Pechino, al Nouveau Musée National di Monaco e al Centro d’arte vetraria di Meisenthal (CIAV)... Michel Paysant mira soprattutto a interpretare il patrimonio artistico, rivisitando la storia dell'arte e «guardando» le opere attraverso il filtro della propria creazione.

Nel 2022, ha sentito il desiderio di disegnare con gli occhi le Ninfee di Claude Monet. Forse, in primo luogo, per il paradosso insito in questa ambizione: voler disegnare quadri immensi caratterizzati dalla loro vastità, dall'assenza di inizio e fine, considerati uno degli atti di nascita in Occidente della pittura decentrata, All over, dove nessuna parte del quadro ha il primato sull'altra.

Il movimento oculare dell'artista ritrascrive il proprio «cinema interiore», a cui egli dà in seguito una forma tangibile. Disegni su carta eseguiti con l'ausilio di un plotter, luci create a partire dai punti di fissazione dello sguardo al momento della scoperta del pannello dei Riflessi verdi di Monet, il pensiero di Paysant crea opere su carta, su tela, oggetti polimorfi dove le interazioni tra tecniche artigianali e alte tecnologie ridefiniscono il ruolo dello spettatore, della mano e dell'artista.

La cultura dell'interdisciplinarità è al centro del suo immaginario: «i ponti che cerco di immaginare collegano arte, design, artigianato, tecnica, nuove tecnologie e alte tecnologie. Non si tratta né di documentari né di fiction, ma di definire un'estetica del sogno, una visione. Il digitale e la rivoluzione che ne è conseguita mi sembrano un'opportunità per riunire tutti questi ambiti in un linguaggio comune. La mia formazione anglosassone (sono un puro prodotto del Royal College of Art di Londra) ha forgiato in me questo approccio interdisciplinare. Ecco perché mi muovo altrettanto liberamente tra le cosiddette scienze dure (nanotecnologie, neuroscienze...) quanto tra i progetti di ricerca che porto avanti con i vetrai (a Meisenthal), con i ceramisti e persino con i tessitori (in Zimbabwe) [...] Il pensiero di un artista deve passare da una sponda all'altra. Senza tabù o specializzazioni. L’arte non ha nulla da dimostrare. Deve solo sorprenderci, allargare il mondo e continuare a sconcertarci».

Michel Paysant espone da oltre trent'anni nei musei: Centre Pompidou, Musée du Louvre, Musée d'Art Moderne e Musée des Arts Décoratifs di Parigi, Centraal Museum di Utrecht, Zentrum Paul Klee di Berna, MUDAM di Lussemburgo, Galleria d'Arte Moderna di Bologna, Museo Nacional de Artes Visuales di Montevideo, National Gallery of Zimbabwe di Harare, MACBA di Buenos Aires, Nouveau Musée National di Monaco, Museo Nazionale di Riyad, UCCA di Pechino... e centri d'arte: Brooklyn Bridge Space/Creative Time a New York, Mercer Union a Toronto, David Roberts Art Foundation a Londra, Bétonsalon a Parigi, Sinagoga di Delme, FRAC Picardie di Amiens...