I Fioretti sono il poema dell'umiltà, dell'aspettazione fiduciosa: tutto il resto, tutto ciò che non giova a questo sentimento, non è veduto, è come se non esistesse. La realtà è orientata in un certo modo, e ridotta, come avviene sempre nell'opera di un poeta: nulla vi è di estraneo a quell'orizzonte. E perciò il libro è pieno di armonia, ed è tutto consapevole del suo fine; e questo fine, purissimo, spira nella sua prosa come il soffio che informa una fiala di cristallo.
(Attilio Momigliano)
“Perché hai messo mi piace alla foto di quella ragazza, su Instagram, neanche la conosci o forse sì? Durante la ricreazione non avevi meglio da fare?”
Alessandra, con un tono di voce che stava in bilico tra l’arrabbiatura e la dolcezza, si rivolse al ragazzo seduto accanto a lei. Era una ragazzina minuta, dall’apparente età di quindici, sedici anni. Il nome lo avevo intravisto sulla collana che indossava sotto la camicia a rombi dai tanti colori.
Il ragazzo cominciò ad animarsi e a gesticolare, ribadendo più volte che non la conosceva e che quel like era dovuto al tatuaggio sulle spalle che raffigurava due stelle alpine, il suo fiore preferito, quale amante della montagna.
E tra una frase e l’altra intercalava una bestemmia.
“Francesco, voglio crederti, non è bello pensare male di chi si vuol bene. Però da oggi fino a Pasqua non voglio sentire uscire dalla tua bocca una sola bestemmia, se no con me hai chiuso. Questo è un fioretto che devi fare e spero ti faccia togliere il vizio di bestemmiare. Anche questo è un atto d’amore”.
In quello stesso momento si aprirono le porte della metropolitana e i ragazzi scesero mano nella mano. Ero rimasta male nel non poter ascoltare fino in fondo la risposta di Francesco con quell’espressione tra lo sbigottito e il divertito. Mi piace immaginare che abbia accettato il fioretto e che le bestemmie non avrebbero più fatto parte della sua vita. Erano due bravi ragazzi.
Imprevedibilmente la conversazione tra quei due adolescenti sulla metropolitana, si trasforma nel ricordo vivo di una realtà che mi investe in certi periodi dell’anno, senza un apparente motivo. E la Quaresima è uno di quei periodi.
I Fioretti, un rito del cuore che mi aiuta a trascorrere alcuni giorni inquieti della vita, in assoluta dedizione e pace verso Dio e verso gli altri, perché è di pace che ho bisogno ed è pace che devo donare. Un’ irrinunciabile esperienza tra solitudine e moltitudine, tra gesti, promesse, episodi semplici, intimi.
I fioretti più famosi, quelli di S. Francesco, col tempo, divenuti uno stile di vita, anche se a intermittenza, sono un modo per rendere la permanenza su questa terra, gioioso e di utilità per me stessa e gli altri.
Si fanno per promessa, verso Dio, la Madonna o altro santo al quale si è devoti, come ringraziamento per qualcosa di bello che si è ottenuto oppure per fede, senza nessun motivo. Si possono fare come sacrificio, impegno, animati dall’amore per aiutare una persona cara, oltre le preghiere. È una determinazione incrollabile che rafforza la fede e ci aiuta contro le tentazioni.
Nel ricordo di S. Francesco e dei suoi fioretti il pensiero va a Papa Francesco, un ponte temporale di misericordia e tenerezza per essere venuto “dalla fine del mondo” a continuare quelli che sono i principi del poverello di Assisi, assumendo anche il suo nome e ripercorrendo nella Lettera Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale il pensiero del poverello d’Assisi.
Si rivolge a tutti i fratelli e le sorelle, invitando a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio: Beato colui che ama l’altro “quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui”. Una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita.
Avevano in comune il sogno della pace e la visione del Vangelo non come un libro ma come gesti e parole, entrambi uomini della povertà che amavano il creato e l’incontro.
In questo libro si contengono certi fioretti miracoli ed esempi divoti del glorioso poverello di Cristo messer santo Francesco e d'alquanti suoi santi compagni.
(I fioretti di San Francesco)
Ritrovo, dopo mesi, i due fidanzatini, sulla metro, mano nella mano. Non riesco a captare i loro discorsi ma gli sguardi e le movenze, sono uno specchio. Hanno limpidamente superato il periodo sottoposto a Fioretto. Sorrido da sola, come quando leggo sul telefono un messaggio felice.
Anche se giovanissimi e per un motivo non grave o doloroso, me li sono immaginati come due vasetti kintsugi, l’arte giapponese di riparare le lesioni degli oggetti in ceramica, con l’oro. Dare e darci una seconda possibilità, imparando ad accogliere difetti e imperfezioni, sviluppando empatia e avendo sempre rispetto e gentilezza per l’altro.
I fioretti non sono delle “cose” obbligatorie da fare, nascono spontanei e possono essere sostituiti con atti di volontariato o qualsiasi altro gesto che mette in connessione le persone in un tragitto da percorrere insieme, anche se a volte non lo sanno.
La vostra felicità è nel bene che farete, nella gioia che diffonderete, nel sorriso che farete fiorire, nelle lacrime che avrete asciugato.
(Raoul Follerau)