Milanese Doc, discreto, riservato, non espansivo ma molto socievole se coinvolto, nasce a Milano nel 1935. Ha inventato i primi jeans “second skin” ed è stato pioniere della “Shopping Experience”.

Elio Fiorucci era molto di più di uno stilista e di un imprenditore.

Era un genio Artistico con la capacità di concretizzare e di attualizzare le sue visioni, rivoluzionò il modo di intendere e fare moda, dando vita a un nuovo modo di sentirsi donna e di essere femminili.

Instancabile viaggiatore, sempre alla ricerca di spunti innovativi, capace di guardare oltre.

Aveva iniziato lavorando per il negozio del padre e nel 1962 ne aprì uno suo di calzature, per il quale aveva iniziato una produzione molto fantasiosa, suscitando interesse nel mondo giovanile.

Famose erano diventate le calosce colorate, gli stivali in tutte le tinte compreso l’oro e l’argento, i sandali in plastica con margherite applicate, gli zoccoli, le scarpe di corda, i mocassini multicolor di velluto a coste e con l’arrivo della minigonna gli stivali fino a metà polpaccio con tacco basso quadrato.

L’epoca Fiorucci nasce di fatto nel 1967, anno dell’apertura della Boutique a Milano in Galleria Passerella n° 1, angolo Corso Vittorio Emanuele, a due passi dal Duomo.

Location su tre piani allestita in stile modernissimo, utilizzando tra l’altro scaffalature in acciaio sottile con ripiani in plexiglass bianco, lampade alogene e sedili da trattore smaltati al posto dei tradizionali sgabelli. Le addette alla vendita sfoggiavano gli abiti più appariscenti della collezione, e la musica rock suonava ininterrottamente a tutto volume.

Per l’inaugurazione organizzarono una sfilata nella vetrina con modelle in minigonna e con pantaloni aderentissimi e scampanati.

La folla fu tale che dovettero intervenire i vigili.

All’interno la scelta degli articoli era variegata, scarpe, accessori, magliette, maglioni, pantaloni per uomo e per donna, minigonne di panno lenci ad ampi spicchi colorati, magliette aderenti di tutti i colori con stampati fiorellini provenzali.

La produzione con il tempo si amplia a bisacce, cinture, cinturoni con paesaggi e farfalle applicate, jeans scampanati con papaveri ricamati.

Il negozio sforna novità a ritmo continuo, la sua squadra creativa e di ricerca viaggia tra oriente e occidente. L’ufficio stile ispirava, quando Elio e i suoi collaboratori tornavano dai viaggi, avevano le valigie piene di campioni.

Allora non c’erano né internet, né smartphone, per cui si compravano direttamente i capi che ti piacevano magari perché c’era un bottone, una cerniera o un ‘asola particolari.

Quando arrivavano con queste valigie si passavano giornate a studiare e scegliere i modelli su cui si voleva lavorare.

Erano giornate felici, piene di entusiasmo, ognuno faceva quello che gli piaceva, c’era un po’ di anarchia, diciamolo, però questo ha portato una grande bellezza, una grande libertà.

Le persone che lavoravano erano tutte piene di talento, avevano tutte un occhio speciale. La velocità nel captare le richieste del pubblico e dar loro una risposta è una delle ragioni del successo di Elio Fiorucci, il quale sostiene che una nuova moda per essere efficace deve raggiungere il mercato entro 15 giorni, capovolgendo così i vecchi criteri commerciali, che assegnavano al negozio un ruolo passivo tra produttore e consumatore.

Il pubblico Fiorucci è molto più vasto di quello abituale delle Boutiques, i prezzi sono bassissimi, accessibili proprio alla massa di giovani che costituiscono il vero grande mercato che si è aperto alla nuova moda. Il costo particolarmente contenuto rende anche possibile una nuova filosofia d’acquisto, che prevede tempi brevi di utilizzo e continui rinnovamenti del prodotto.

Allo stesso modo l’offerta molto eterogenea dei capi in vendita lascia liberi i compratori di selezionare tra un numero di alternative molto maggiori del solito e stabilire così una propria immagine, indipendentemente dai dettami della moda del momento.

Fiorucci non è uno stilista, per sua stessa ammissione.

La sua attività si sviluppa gradualmente, dal semplice acquisto dei vestiti di altri a una produzione in gran parte imitata, fino ad affermarsi con una propria impronta riconoscibile in tutto il mondo.

La sua abilità è quella di reinterpretare e riproporre cose già esistenti senza pregiudizi sui materiali o sui colori, tipici in questo senso sono ad esempio la tuta militare rosa shocking o la salopette di carta lavabile fino a dieci volte.

Non inventa nulla di nuovo, migliora il passato, ricicla e tira a lucido i ricordi.

Nonostante il suo punto di osservazione sia oggettivamente periferico, è tra i primi a rendersi conto che i ragazzi italiani vogliono uscire da un mondo in bianco e nero e stanno aspettando l’avvento del colore. Quando arrivano gli echi della “Swinging London”, con i Beatles e Mary Quant sa che cosa fare: va in Inghilterra, annusa l’aria, si innamora della Boutique di Biba e torna con la valigia piena di oggetti presi a Carnaby Street.

Ha capito che dietro tutte queste stramberie c’è una rivoluzione del costume in atto e riesce a creare una simpatica enclave mercantile, dove il cambiamento è tollerato, visibile, tangibile persino “indossabile”. Nel 1970 debutta il logo dei due cherubini, che accompagnerà il successo dell’azienda, presi da uno di quei fogli natalizi per decoupage in voga tra i bambini della borghesia britannica in epoca vittoriana.

Il successo è enorme fin dagli inizi: nel 1972 viene fondata la prima Società Fiorucci S.r.l., che raggiunge nel suo primo anno di attività il miliardo di fatturato di vecchie lire.

Nel 1974 viene fondata la Fiorucci Spa in società con la Standa, il che permette di espandersi in tutta Italia e all’estero e passare così dalla dimensione di negozio a quella di industria.

La diffusione è sempre più capillare; nel 1977 i punti vendita sono oltre 600.

Contemporaneamente cresce la diffusione all’estero e nel giro di pochi anni la Fiorucci è presente in tutti i paesi europei, negli Stati Uniti, in sud America, in Giappone e in Australia, di volta in volta con diverse soluzioni imprenditoriali.

Nel 1974 vengono aperti due negozi a Londra, mentre nel 1975 nasce negli Stati Uniti la Fiorucci inc, che distribuisce nei grandi magazzini.

Nello stesso anno, apre a New York nella 59° strada, diventando il secondo marchio italiano dopo Gucci ad arrivare nella grande mela.

La produzione di jeans, nel 1975 costituisce la metà del fatturato totale, 300.000mila paia vendute in 100 giorni.

I modelli sono tantissimi e si succedono rapidamente con l’evolversi della moda: dal buffalo con scampanatura di 32 centimetri che doveva coprire tutta la scarpa, al Montréal con scampanatura di 26 centimetri, al panama con tasche applicate davanti e dietro.

Il patrimonio grafico è fantastico, basti pensare che per ogni linea di t-shirt o di pantaloncini venivano fatte etichette nuove.

Tutto questo si trova nella famosa raccolta di figurine panini, ancora oggi quelle grafiche sono fresche, attuali, parlano da sole.

Le clienti raccontavano che quando si sentivano giù, facevano un giro nel nostro negozio e uscivano di buon umore.

Nel 1983 Fiorucci lancia la moda-palestra, anni in cui la ginnastica era una cosa strana, grazie ad un viaggio in Svezia, dove vede alcune ragazze che facevano la spesa al supermercato con gli scaldamuscoli, perché erano appena uscite dall’allenamento.

Quella visione e quella nonchalance accidentale gli fecero pensare a quanto sarebbe stato bello vedere del pantacollant con colori fluo muoversi per la città …