Per chi ama il tennis, i nomi di Rino Tommasi e Gianni Clerici sono sinonimo di competenza, passione e intrattenimento. Questi due giganti del giornalismo sportivo italiano hanno affascinato milioni di spettatori con i loro commenti sagaci, le loro battute argute e le loro analisi approfondite. Non erano solo telecronisti, ma narratori capaci di trasformare ogni partita in una storia unica, arricchendo il pubblico di dettagli tecnici, storici e aneddoti personali sui giocatori.
Non ricordo esattamente quando la voce di Rino Tommasi e Gianni Clerici è entrata nella mia vita. Un giorno accesi la tv e comparve il canale di Telecapodistria. Trasmettevano le Olimpiadi e rimasi incollato allo schermo per intere settimane. Quindi ci fu tanto pugilato e naturalmente il grande tennis. Dopo aver visto per la prima volta Borg contro Panatta sui canali Rai, nel lontano 1978, la passione per questo sport divenne parte della mia quotidianità grazie ai commenti di questi due giganti del giornalismo moderno, Tommasi e Clerici.
Rino Tommasi, romano di nascita, è stato uno dei primi giornalisti italiani a comprendere l’importanza delle statistiche e della preparazione analitica nello sport. Il suo approccio rigoroso e scientifico l’ha reso il punto di riferimento per gli appassionati, capace di prevedere il risultato di una partita con incredibile accuratezza. Ha portato un’innovazione fondamentale nella telecronaca sportiva italiana: i dati e le statistiche come strumento di narrazione. Prima di lui, il commento era prevalentemente emotivo e descrittivo, Tommasi ha introdotto un metodo basato sulla precisione e l’analisi.
E se Tommasi rappresentava l’aspetto scientifico e numerico, Gianni Clerici era l’anima poetica e letteraria del racconto. Autore di numerosi libri, tra cui l’acclamato 500 anni di tennis, Clerici aveva un occhio attento alla storia, all’eleganza e alla psicologia dei giocatori. I suoi commenti non si limitavano al campo di gioco, ma abbracciavano anche la personalità e lo stile di ogni atleta. Il suo modo di raccontare era affascinante e ironico, ma anche profondamente rispettoso del valore umano di chi scendeva in campo.
Tommasi e Clerici, con i loro stili distinti, si completavano perfettamente. I loro dialoghi al microfono erano caratterizzati da un’ironia sottile e affettuosa, che aggiungeva leggerezza e divertimento alle lunghe partite. Nonostante qualche apparente disaccordo, i due riuscivano a bilanciare perfettamente serietà e divertimento, trasformando ogni telecronaca in uno spettacolo unico. Quando Tele+ cominciò a trasmettere l’Australian Open e i collegamenti cominciavano a notte inoltrata, una canzone risuonava nello schermo.
Tommasi e Clerici cantavano Bongo Bongo Bongo durante il primo minuto della telecronaca. Era la loro apertura speciale. La canzone era stata resa famosa da Sophia Loren nel film Peccato che sia una canaglia del 1954. Rielaborata da Renzo Arbore per il programma Quelli della notte del 1985, venne poi incisa da Christian De Sica nel 1994. Ma la prima a cantarla in assoluto fu Nilla Pizzi nel 1947, rielaborazione con testo di Devilli.
Proprio così. I nostri due eroi aprivano la telecronaca dall’altra parte del mondo con una canzoncina spiritosa e questo preannunciava ore e ore di commenti incredibilmente competenti ma anche dissacranti. Oggi, molti giornalisti riconoscono l’impatto di Tommasi e Clerici nel mondo della cronaca sportiva. Hanno aperto una strada in cui il giornalismo sportivo non si limita alla cronaca, ma diventa racconto e riflessione, in cui ogni partita è un pezzo di storia. Anche dopo il loro ritiro, il loro stile resta un modello di riferimento: le statistiche e l’analisi rigorosa da un lato, la narrazione e l’ironia dall’altro. Naturalmente sono centinaia le frasi diventate storiche, sciorinate durante i tornei più prestigiosi che loro seguivano con puntualità disarmante.
Una massima semplice ma efficace, con cui Tommasi sottolineava l’imprevedibilità del tennis e la necessità di mantenere sempre alta l’attenzione diceva "La partita finisce quando l’ultimo punto è stato giocato." Ma Clerici era anche un grande scrittore, aveva frequentato gli intellettuali più in vista del Novecento italiano. "Giocare a tennis è come fare una poesia: devi mettere insieme le parole giuste" diceva. Ed erano massime di questo tipo che tenevano gli appassionati attenti ad ogni frangente della programmazione. In qualunque momento, oltre ai colpi spettacolari che commentavano, anche le loro uscite estemporanee potevano cogliere di sorpresa chi stava davanti allo schermo, mai certi di cosa potesse succedere da lì a qualche minuto.
E i loro siparietti non erano da meno. Clerici: "Questa partita è come un romanzo russo, lunghissima e imprevedibile." Tommasi: "Sì, ma spero che non finiscano in tragedia."
La coppia formata da Rino Tommasi e Gianni Clerici detiene alcuni record e traguardi storici nel mondo del tennis, non solo italiano ma anche internazionale. La loro carriera insieme è stata una lunga celebrazione dello sport, e le loro voci hanno accompagnato migliaia di partite che sono andate a creare record ineguagliati e, forse, ineguagliabili. Tommasi e Clerici hanno commentato oltre mille partite di tennis insieme, raggiungendo un traguardo che poche coppie di telecronisti possono vantare. La loro collaborazione è durata decenni e ha coperto innumerevoli tornei del Grande Slam, dai primi anni Ottanta fino ai primi anni Duemila.
Sono stati tra i pochi telecronisti italiani ad aver seguito tutti i tornei del Grande Slam (Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open) ogni anno. La loro presenza costante li ha resi familiari agli spettatori, che li attendevano con entusiasmo per ogni grande evento tennistico. Erano talmente associati alla copertura di Wimbledon da essere chiamati "La Ditta" dagli spettatori italiani. Le loro telecronache di Wimbledon erano particolarmente apprezzate per il tono ironico, rispettoso della tradizione e spesso intriso di cultura, che ben si sposava con l’eleganza del torneo.
Gianni Clerici è stato uno dei pochi italiani inseriti nella International Tennis Hall of Fame (2006), un onore che riflette la sua straordinaria carriera come cronista, scrittore e storico del tennis. Questo traguardo ha reso orgogliosa l'Italia e ha confermato l’influenza della coppia a livello mondiale. Anche Tommasi ha ricevuto molti riconoscimenti, sebbene non sia stato ufficialmente inserito nella Hall of Fame, i due giornalisti vengono ricordati come coppia indivisibile, apprezzati per aver contribuito a promuovere i valori dello sport e della cultura in Italia e all’estero. Hanno avvicinato al tennis migliaia di italiani, rendendo questo sport accessibile e affascinante anche per chi non ne conosceva i dettagli. Si può dire che il loro "record" più grande sia stato quello di educare il pubblico, insegnando non solo le regole del gioco, ma anche il rispetto per lo sport e i suoi protagonisti.
Da dove nasceva questa grande passione? Gianni Clerici ha giocato a tennis a livello professionistico prima di diventare giornalista. Da giovane, è stato un promettente tennista e ha partecipato a tornei internazionali, tra cui Wimbledon nel 1953, dove giocò nelle qualificazioni. Anche se non raggiunse i livelli dei grandi campioni dell’epoca, la sua esperienza come giocatore gli ha permesso di sviluppare una conoscenza diretta e profonda del tennis, che ha poi arricchito il suo lavoro da cronista e storico dello sport. Questa carriera da giocatore, anche se breve, ha contribuito a fargli apprezzare ancora di più le difficoltà e le sfide dei professionisti. Clerici portava nelle sue telecronache e nei suoi scritti una prospettiva rara, unendo il punto di vista tecnico a una visione storica, sentimentale e psicologica, influenzata dall’amore per il gioco che aveva vissuto in prima persona.
Rino Tommasi è stato un importante organizzatore di incontri di boxe in Italia. Oltre a essere un appassionato di tennis e giornalista sportivo, Tommasi ha avuto una grande passione per la boxe, che ha seguito sia come commentatore che come promotore. Negli anni Sessanta e Settanta è stato uno dei principali organizzatori italiani di eventi pugilistici e ha contribuito a portare la boxe italiana a livelli elevati, collaborando con campioni di livello internazionale e organizzando incontri molto seguiti dal pubblico.
La sua conoscenza del pugilato e la sua esperienza come promotore gli hanno permesso di dare un grande contributo alla crescita di questo sport in Italia, mantenendo un forte rigore nell’organizzazione e nello studio delle tattiche e delle abilità dei pugili. Anche nelle telecronache, Tommasi portava spesso esempi dalla boxe per spiegare il tennis, dimostrando come le sue due passioni fossero, per lui, collegate dal valore dell’agonismo e della tecnica. Utilizzava il termine KO tecnico quando uno dei due tennisti si avvicinava alla sconfitta. I suoi circoletti rossi per descrivere i punti più significati sono rimasti nella storia e spesso questi termini vengono ancora ricordati nelle telecronache di chi ne ha ereditato la posizione.
Per capire la grandezza del personaggio Rino Tommasi, basta ricordare l’intervista memorabile che realizzò con Marvin Hagler, una leggenda della boxe, prima dell’importante incontro contro Thomas Hearns nel 1985, passato alla storia come “The War.” Tommasi aveva un approccio unico nel parlare con i pugili, con una combinazione di rispetto e schiettezza che gli permetteva di ottenere risposte autentiche e personali.
L'intervista con Hagler è ricordata perché Tommasi riuscì a evidenziare l’aspetto mentale e motivazionale del pugile, esplorando come Hagler si preparava mentalmente agli incontri, in particolare a quelli di altissima intensità e rischio come quello con Hearns. Hagler, famoso per il suo carattere intenso e la sua incredibile tenacia, spiegò a Tommasi la sua filosofia di vita e di combattimento: “È una questione di fame. Io combatto per dimostrare che sono il migliore.” Quell’intervista contribuì a mostrare Marvin Hagler come un campione non solo di tecnica, ma di mentalità. Tommasi, esperto di boxe e profondo conoscitore dell'animo degli atleti, era capace di andare oltre la semplice cronaca sportiva, facendo emergere il lato umano e psicologico dei campioni.
Uno dei momenti spesso ricordati da Gianni Clerici durante le telecronache riguarda il periodo in cui venne inviato in Texas per scrivere un profilo su un giovane e promettente tennista: John McEnroe. Negli anni Settanta, McEnroe era ancora un talento emergente, noto principalmente negli ambienti giovanili americani, ma già prometteva grandi cose. Clerici si recò a Dallas, dove McEnroe stava giocando il torneo universitario NCAA, per vedere da vicino il talento e il carattere del giovane americano.
L’incontro con McEnroe si rivelò un’esperienza unica per Clerici, che subito intravide in lui un genio sportivo straordinario, ma anche un carattere complesso e ribelle. Già da giovane, McEnroe mostrava segni della sua nota personalità focosa, che l'avrebbe reso uno dei giocatori più iconici e controversi della storia del tennis. Gianni Clerici, sempre attento ai particolari, ebbe l'intuizione di segnalare John McEnroe al famoso marchio di abbigliamento sportivo Sergio Tacchini. Tacchini era suo intimo amico. Ma il costo dell’operazione era proibitivo.
Clerici si accollò parte del rischio e quando il tennista esplose a Wimbledon e divenne una star, l’amico stilista gliene fu enormemente riconoscente. Il contratto di sponsorizzazione fu una mossa che si rivelò strategica, poiché McEnroe, con il suo stile anticonformista e il suo carisma, divenne uno dei tennisti più riconoscibili e influenti degli anni Ottanta. Il marchio Tacchini, con i suoi completi bianchi e il design elegante, si adattava perfettamente all'immagine unica di McEnroe. La collaborazione durò fino all’entrata in scena del colosso Nike che si accaparrava negli Novanta tutti gli sportivi più in vista, soprattutto se americani.
Il tennis ha avuto un ruolo importante nella programmazione di Tele+, una delle prime reti televisive private italiane, che ha trasmesso numerosi eventi tennistici. Il tennis stava guadagnando popolarità in Italia, e Tele+ ha contribuito a diffondere l'amore per questo sport attraverso la sua copertura di tornei del Grande Slam e altri eventi internazionali. Tommasi affiancava le telecronache con l’impegno editoriale con i mensili da lui fondati, La Grande Boxe e Il Grande Tennis. Clerici non ha mai smesso di scrivere romanzi. Un successo particolare lo ha ottenuto con Cuore di gorilla, un romanzo ricco di spunti e inventiva.
Oggi il tennis in Italia vive un periodo d’oro come mai accaduto prima. Abbiano il numero 1 del Mondo, Jannik Sinner, e chi segue questo sport da sempre, non può non chiedersi come sarebbero le telecronache del nostro campione fatte da Tommasi e Clerici. Quali iperboli inventerebbero, quali tormentoni accompagnerebbero le partite, come sarebbe bello svegliarsi alle 4 del mattino per assistere a una partita di Sinner dall’altra parte del mondo con una telecronaca storica della coppia più bella del giornalismo mondiale.
Rino Tommasi e Gianni Clerici hanno sempre avuto un grande rispetto e una grande ammirazione per i giocatori più talentuosi. Da Becker a Edberg, da Sampras ad Agassi. E hanno chiaramente ammirato Roger Federer, considerato uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi. I loro commenti su Federer, sia durante le telecronache che nelle loro scritture, hanno catturato l'essenza della sua carriera e del suo stile di gioco. Entrambi hanno sottolineato l'eleganza di Federer in campo. Clerici, in particolare, ha descritto il suo gioco come una fusione di arte e sport, notando come Federer riuscisse a combinare una tecnica impeccabile con un senso estetico che rendeva ogni colpo un piacere da vedere.
Tommasi ha spesso parlato dell’intelligenza tattica di Federer, evidenziando la sua capacità di leggere il gioco e di adattarsi rapidamente alle diverse situazioni in campo. Ha osservato come Federer fosse in grado di controllare il ritmo del match, manipolando gli avversari con la sua abilità nel colpire la palla in modi sorprendenti. Sarebbero questi i commenti riservati a Sinner, ma sicuramente ci sarebbe anche una difesa ad oltranza verso l’alto atesino, che in molti, per invidia o per rabbia, definiscono come poco italiano. La cultura dello sport è sempre stata elemento dominante nella carriera dei due giornalisti. Non tutti gli sportivi però hanno imparato la lezione. Sinner, con il suo carattere, l’eleganza fuori dal campo e in campo, la serietà e la semplicità, rappresenta tutti i valori che Tommasi e Clerici hanno sempre sponsorizzato.
Gianni Clerici è scomparso il 2 ottobre 2022 all'età di 91 anni. La sua morte ha suscitato un grande cordoglio nel mondo dello sport e del tennis, dove era molto apprezzato per il suo contributo alla diffusione e alla narrazione di questo sport in Italia e nel mondo. Attraverso i suoi articoli, ci ha spiegato non solo lo sport, ma soprattutto la vita. Molti ex colleghi, atleti e appassionati di tennis hanno ricordato Clerici come un grande maestro delle parole, un narratore capace di catturare l'essenza di un match e delle emozioni che lo accompagnano. La sua figura resterà sempre legata alla storia del tennis italiano, e il suo contributo verrà ricordato con affetto e stima.
E lo stesso vale per Rino Tommasi. Mentre Hagler e Mugabi se le davano di santa ragione, Tommasi dava vita a una delle telecronache più incredibili mai sentite. “Non ho mai visto un incontro di questa violenza negli ultimi 20 anni” gridava al microfono in piena trance agonistica. Nel nostro personalissimo cartellino il punteggio di Tommasi è talmente elevato da renderlo sicuramente il più grande telecronista italiano della storia dello sport. È bello ricordare i grandi personaggi della cultura italiana.
È bello ed è giusto farlo ogni tanto. Soprattutto quando personaggi di questa caratura, entrati nelle nostre vite in punta di piedi, ci sono rimaste per tanti anni, per insegnarci che un mestiere non è soltanto un mestiere. Che lo sport non è solamente sport. Quando si raggiunge l’estati nel racconto, l’uomo fa sempre un passo verso una nuova evoluzione. Verso il meglio di sé. È questo ci regala un senso che non a tutti è dato di capire fino in fondo.