L'articolo di Anne Weber, "Assembling Ground: Terrestrial Pedagogies for a Regenerative Urbanism", pubblicato nel Journal of Architectural Education nel 2025, propone una riflessione radicale sul ruolo del suolo nell’architettura e nell’urbanistica contemporanee. Weber denuncia le logiche estrattive che dominano la progettazione urbana, evidenziando come esse siano espressione di un’alienazione profonda tra l’essere umano e la terra. Per superare questa frattura, propone una "pedagogia terrestre" fondata su tre principi: rappresentare il suolo come un assemblaggio complesso di relazioni ecologiche e sociali; condurre un lavoro di campo esperienziale e continuativo; studiare in dettaglio i processi materiali e simbolici della costruzione del suolo.
Nel contesto della Wallkill Valley, nello stato di New York, gli studenti coinvolti in questo approccio hanno sperimentato pratiche di de-costruzione, collaborazione e costruzione del suolo, con l'obiettivo di rinegoziare il rapporto tra progetto e territorio. Questo modello si inserisce in un più ampio movimento di pedagogie trasformative, che bilanciano l'atto creativo con una consapevolezza critica delle responsabilità sociali e ambientali del progetto. L'apprendimento si configura così come processo situato, dialogico e relazionale, capace di generare nuove forme di cittadinanza ecologica.
Nel suo libro Making: Anthropology, Archaeology, Art and Architecture, Tim Ingold propone una visione radicale del processo creativo, che si integra perfettamente con i temi della pedagogia terrestre e dell'urbanistica rigenerativa. Ingold sostiene che la creazione non sia un atto di imposizione di una forma predefinita su una materia inerte, ma un processo di "corrispondenza" tra il creatore e i materiali, dove entrambi si influenzano reciprocamente nel tempo.
Questo approccio si oppone alla concezione aristotelica dell'iloformismo, che vede la forma come imposta dall'esterno sulla materia. Ingold, invece, propone una prospettiva in cui la forma emerge attraverso l'interazione continua tra il creatore e i materiali, in un dialogo costante che valorizza l'esperienza sensoriale e la conoscenza pratica. Questo concetto è particolarmente rilevante per l'architettura e l'urbanistica, dove la progettazione dovrebbe essere vista come un processo dinamico e collaborativo con l'ambiente naturale, piuttosto che come l'applicazione di schemi rigidi e predeterminati. In parole semplici, Ingold ci invita a smettere di vedere l’essere umano come separato o al di sopra della natura, come qualcuno che impone forme e progetti a una materia passiva. Invece, propone di riconoscere che viviamo dentro un mondo vivo, in continuo cambiamento, con cui siamo in relazione costante.
Secondo Ingold, non "facciamo" le cose come se fossimo artigiani che modellano argilla inerte secondo un’idea nella mente. Piuttosto, “le cose prendono forma” nel tempo, mentre interagiamo con i materiali, l’ambiente e gli altri esseri viventi. Questo significa che il mondo non è solo un insieme di oggetti da usare, ma un tessuto di relazioni in cui siamo immersi e che plasmiamo insieme, giorno dopo giorno. Ingold enfatizza l'importanza dell'apprendimento attraverso la pratica, sostenendo che la conoscenza autentica deriva dall'interazione diretta con il mondo materiale. Questo principio si riflette nella pedagogia terrestre, che promuove un coinvolgimento attivo con il suolo e l'ambiente, incoraggiando pratiche educative che valorizzano l'esperienza diretta e la partecipazione comunitaria.
Per comprendere le radici storiche di tale approccio, è necessario guardare alla permacultura, sviluppata da Bill Mollison e David Holmgren negli anni '70. La permacultura è un sistema di progettazione integrato che mira a creare insediamenti umani sostenibili, in armonia con gli ecosistemi naturali. Coniata negli anni '70 in Australia, la permacultura unisce concetti di agricoltura, architettura, ecologia e gestione delle risorse per sviluppare sistemi resilienti e autosufficienti.
Il termine "permacultura" deriva dalla contrazione di "permanent agriculture", successivamente esteso a "permanent culture", riflettendo l'idea che una cultura sostenibile non possa esistere senza una base agricola altrettanto sostenibile. Nel 1978, Mollison e Holmgren pubblicarono Permaculture One, delineando un sistema agricolo basato su policolture di specie perenni, arbusti, erbe, funghi e sistemi radicali, con l'obiettivo di ridurre il lavoro necessario per mantenere gli insediamenti umani, minimizzare la produzione di scarti e inquinamento, e preservare o incrementare la fertilità dei terreni e la biodiversità del sistema.
La permacultura si basa su tre principi etici fondamentali: cura della terra, cura delle persone e condivisione equa delle risorse. Questi principi guidano la progettazione di sistemi che soddisfano i bisogni umani in modo sostenibile, evitando lo sfruttamento e l'inquinamento. Negli anni '80, la permacultura si è diffusa a livello globale attraverso corsi di progettazione e la creazione di istituti dedicati. Il Permaculture Design Course (PDC), un corso intensivo di due settimane, è diventato il principale strumento educativo per formare progettisti in permacultura. Ad oggi, si stima che oltre 100.000 persone siano state formate attraverso il PDC in tutto il mondo.
In Italia, la permacultura ha trovato terreno fertile grazie a pionieri come Stefano Soldati, fondatore de La Boa, centro di permacultura e fattoria didattica. L'Istituto Italiano di Permacultura, fondato da Pietro Zucchetti, promuove la permacultura attraverso corsi, progetti e la diffusione di conoscenze pratiche. La sede dell'Istituto, situata in provincia di Cuneo, ospita un sito sperimentale con orto foresta, vigna anti-erosione e sistemi di gestione dell'acqua piovana.
Numerosi progetti in Italia applicano i principi della permacultura, come La Scoscesa in Toscana, un'azienda agricola che produce 148 varietà di piante diverse all'anno e ha implementato sistemi di gestione dell'acqua per migliorare la resilienza del terreno.
Il concetto di "spazio organico" in urbanistica si sviluppò più di un secolo fa, attraverso figure come Frank Lloyd Wright e Alvar Aalto. Wright, con la sua architettura organica, cercava l’armonia tra costruito e paesaggio, come dimostrato nella Fallingwater House, integrata in una cascata. Aalto, con la Villa Mairea, rifletteva un pensiero architettonico che fondeva materiali locali, forme naturali e attenzione alla vita quotidiana, in una visione olistica e radicata nel paesaggio nordico.
Nel Novecento, Christopher Alexander approfondisce questi temi con la nozione di "wholeness" (interezza), ponendo l'accento sulla capacità degli ambienti costruiti di rispondere organicamente ai bisogni umani. Progetti come il Gas Works Park di Richard Haag a Seattle dimostrano la possibilità di conciliare bonifica ambientale e valorizzazione del patrimonio industriale, aprendo la strada a un design rigenerativo che non si limita a mitigare l’impatto ma ambisce a migliorare attivamente la vitalità degli ecosistemi.
In questa cornice, l'architettura contemporanea esplora approcci sempre più audaci ispirati alla natura. Il concetto di biomimetismo, inteso come imitazione dei processi naturali per sviluppare soluzioni progettuali, si intreccia con quello di simbiosi, che vede l’ambiente costruito come sistema co-evolutivo in relazione con il vivente. Progetti innovativi come "Flora Robotica", che combina robotica distribuita e piante viventi per creare strutture adattive, segnano una svolta nella concezione della progettazione bioibrida. Parallelamente, la ricerca sui materiali da costruzione a base di micelio apre nuove prospettive verso un'architettura biodegradabile e autorigenerante, come illustrato nello studio "Fungal Architecture".
L'Europa urbana offre esempi significativi di questa tendenza. A Torino, il Condominio 25 Verde di Luciano Pia si presenta come una foresta abitabile, dove strutture in acciaio corten dialogano con alberi e piante integrati nell'edificio, generando un microclima urbano favorevole e promuovendo la biodiversità. A Parigi, La Serre di MVRDV nel quartiere Issy-les-Moulineaux adotta una struttura aperta in acciaio che ospita balconi, orti e spazi verdi condivisi: un dispositivo architettonico che coniuga densità abitativa, socialità e rigenerazione ecologica. In particolare, La Serre ci invita a ripensare il ruolo di balconi e terrazze non più come appendici decorative, ma come estensioni dell'abitare dove la natura possa coabitare con l'uomo. In questi spazi, è possibile coltivare orti urbani, ospitare impollinatori, creare microhabitat e momenti di socialità. Vivere a contatto con la natura in verticale significa trasformare l'edificio in un ecosistema, e la quotidianità in esperienza ecologica.
La pedagogia terrestre, in dialogo con pratiche come la permacultura e movimenti come le Città di Transizione, delinea un nuovo orizzonte per l’architettura e l’urbanistica. Un orizzonte che non si limita alla sostenibilità, ma propone un approccio rigenerativo, in cui il progetto diventa strumento di cura, ascolto e relazione con il vivente.
Il movimento delle Città di Transizione (Transition Towns) è un'iniziativa comunitaria nata per affrontare le sfide del cambiamento climatico, del picco del petrolio e dell'instabilità economica attraverso la costruzione di comunità locali resilienti e autosufficienti. Fondato nel 2005 da Rob Hopkins, insegnante di permacultura, il movimento ha avuto origine a Kinsale, in Irlanda, con la creazione del Kinsale Energy Descent Action Plan, un piano d'azione per la riduzione della dipendenza energetica. Successivamente, Hopkins ha trasferito e sviluppato queste idee a Totnes, in Inghilterra, dando vita alla prima Transition Town. Nel 2007 è stata fondata la rete internazionale Transition Network, con l'obiettivo di supportare e connettere le iniziative di transizione in tutto il mondo.
In Italia, il movimento ha preso forma nel 2008 con la nascita di Transition Italia, nodo nazionale che supporta le iniziative locali attraverso formazione, facilitazione e condivisione di strumenti. Esperienze significative si sono sviluppate a Monteveglio, San Lazzaro di Savena e in altre realtà, dove cittadini, istituzioni e imprese collaborano per costruire comunità più sostenibili e coese. Queste pratiche, integrate con i principi della permacultura e della pedagogia terrestre, delineano un percorso verso un'urbanistica rigenerativa, in cui l'architettura e il design si pongono al servizio della vita, della natura e della collettività. In questo contesto, la Transizione non è solo un cambiamento tecnico, ma un processo culturale e sociale che invita a ripensare profondamente il nostro modo di abitare il mondo.