In Italia si muore ancora a lavoro, e anche tanto. Solo nei primi mesi del 2024 nel Belpaese si sono segnati ben 181 morti al lavoro, contando sia quelli deceduti per incidenti sui luoghi di lavoro che quelli morti nel tragitto o durante percorsi lavorativi. Numeri che lasciano interdetti e che provocano ancora più timore se si contano i dati dell’anno appena trascorso.

Nel 2023, infatti, secondo l’INAIL sono stati 1041 i morti, 49 in meno rispetto all’anno precedente, 229 in meno rispetto al 2020 e 48 in meno rispetto al 2019. Un trend sicuramente in discesa ma che comunque resta preoccupante. Nel 2023 sono calati i casi mortali in itinere (da 300 a 242), ma sono aumentati quelli avvenuti in occasione di lavoro (da 790 a 799). Nel 2023 sono poi diminuite anche le denunce di infortunio complessive ma sono aumentate le unità riferite alle malattie professionali.

Gli infortuni denunciati all’INAIL, poi, sono stati 585.356, in calo del 16,1%. La diminuzione delle denunce di infortunio ha riguardato tutte le aree del Paese con una consistente flessione al Sud e nel Nord-Ovest, con una particolare riduzione in Campania, Liguria, Molise e Lazio, sia per quanto riguarda la componente femminile che quella maschile, sia per i lavoratori italiani che quelli stranieri ed extracomunitari.

Anche per quanto riguarda le fasce di età c’è una diminuzione ma si registra un aumento nella classe degli under 20, dove circa 9 infortuni su 10 riguardano gli studenti. La questione delle morti sul lavoro ha ripreso un posto importante nell’opinione pubblica italiana a partire dal 16 febbraio quando, a Firenze, in un cantiere di Esselunga un incidente ha provocato la morte di 5 operai.

L’evento ha suscitato forte sdegno e commozione nel Paese tanto che il mondo del calcio ha deciso nel weekend successivo di celebrare la memoria di tutte le vittime sui luoghi di lavoro con un minuto di raccoglimento sui campi di ogni categoria calcistica. L’incidente di Firenze, tuttavia, non è stato l’unico. In 8 giorni si sono infatti segnati 8 morti in tre eventi.

Dopo la strage del cantiere dell’Esselunga, è stata segnalata la morte di un 36enne collaudatore il 21 febbraio di un incidente tra un’auto e la moto che guidava sulla pista Porsche di Nardò, in Puglia, e poi il decesso il giorno successivo di un operaio 52enne schiacciato da un macchinario nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra, nei pressi di Avellino.

Il trend pericoloso ha spinto anche il Governo italiano a muoversi. Nel mese di febbraio sono state approvate nuove misure all’interno del decreto PNRR che punteranno ad aumentare i controlli nei settori lavorativi e ad evitare che si possa lavorare in situazioni poco sicure. Tra i tanti punti ce n’è uno molto curioso, ovvero la nascita di una “patente” speciale. Una sorta di pagella che il titolare dell’azienda dovrà presentare per tenere aperto il cantiere. L’azienda, infatti, dovrà avere almeno 15 punti in questa pagella per poter continuare a lavorare ma ci saranno anche le possibilità di perdere punti: 20 se un operaio muore, penalità più basse in caso di incidenti gravi. I punti, tuttavia, si potranno recuperare attraverso corsi di formazione e buone pratiche lavorative accumulate negli anni.

Ma non è l’unica novità di queste misure, che saranno attive non prima di ottobre 2024. Il Governo, infatti, ha promesso l’arrivo di 766 nuovi ispettori del lavoro, dei quali almeno 466 grazie allo sblocco delle graduatorie di un vecchio concorso rimasto fermo nel tempo, mentre gli altri saranno scelti con un nuovo apposito bando. Il Governo punta molto su queste misure ma sono arrivate già le prime polemiche dai sindacati, con CGIL e UIL che le hanno definite delle “scappatoie”.

Insomma, il dibattito in Italia si è infuocato ma appare chiaro che si sia arrivati ad un punto in cui non si può più chiudere gli occhi. Se si parla di “morte” si pensa subito all’allegoria della sagoma oscura con cappuccio nero e falce in mano. In Italia c’è un’altra morte che, anche se ha un colore candido, non ha nulla a che fare con qualcosa di bello. In Italia c’è da fare i conti con un’emergenza reale, grave, fragorosa. Il lavoro è vita, ma in Italia, spesso, il lavoro questa vita la toglie.