Sono passati ottanta anni dalla conferenza di Casablanca in cui veniva pianificata l’operazione militare ricordata come D-Day, ossia l’inizio dell’invasione da parte delle forze alleate con lo sbarco in Normandia. In realtà un’operazione militare così articolata e complessa era stata pianificata per tempo: circa un anno prima infatti iniziarono le organizzazioni per salvare l’Europa dal giogo del nazifascismo che la stava quasi controllando totalmente.

Il punto di vista prevalente fu sempre quello britannico, dal momento che non soltanto gli inglesi avevano sofferto molto, costituendo ora l’unico caposaldo del Vecchio continente ancora libero e democratico, volevano che venissero rispettate alcune scelte che non fossero un semplice “facciamo finire la guerra”, come per esempio concordare con i tedeschi sulla loro resa incondizionata.

Pertanto venne programmata la cosiddetta Operazione Husky che si sarebbe svolta nel luglio 1943 con lo sbarco in Sicilia. Gli statunitensi erano sempre più decisi ad aprire un fronte in Francia, dove nel 1942 era avvenuta l’Operazione Chariot, con la messa fuori gioco del bacino di carenaggio di Saint-Nazaire, per evitare che le navi da guerra tedesche potessero trovarvi rifugio e rimessaggio. Allo stesso tempo le potenze alleate concordarono sull’idea di liberare il fronte dell’Africa del Nord, nei territori francesi, per sconfiggere gli italo-tedeschi lì presenti. Tuttavia l’intento statunitense era prevalentemente concentrato sul Vallo Atlantico. A Washington, sempre nel 1943, in quella che venne chiamata conferenza Trident, venne accordata l’invasione dell’Europa, soprannominata poi Operazione Overlord.

Le decisioni non furono facili, dal momento che per programmare un’operazione del genere bisognava tenere conto delle forze di cui si disponeva, ma soprattutto di quelle di cui disponeva il nemico, della capacità produttiva in armamento e della possibilità di avere abbastanza possibilità di riuscita; visto che uno sbarco in territorio nemico voleva dire un numero di morti notevolmente alto da mettere in conto. Ecco quindi che alla conferenza di Teheran del novembre 1943, il nuovo incontro assisteva ancora a scontri interni alle forze alleate, con i britannici per niente d’accordo sul numero di uomini e mezzi che avrebbero potuto mettere in campo per quell’operazione e, soprattutto, sul quando sbarcare. L’impegno sul fronte del Pacifico, sulla Germania con continui raid aerei, giorno e notte, suddivisi fra la Raf e l’aviazione americana, avevano fiaccato la resistenza inglese, sia pubblica che militare che di approvvigionamento, e non era affatto semplice pensare che la soluzione fosse così a portata di mano.

Stavolta, però, gli americani furono determinati a farsi ascoltare, dopo che avevano piegato le loro mire alle volontà degli alleati, diedero inizio alla progettazione dell’imponente sbarco che avrebbe salvato la popolazione europea dalla carneficina continua e costante alla quale era sottoposta. Il punto da studiare alla perfezione era proprio il luogo previsto per lo sbarco: bisognava trovare un punto facilmente raggiungibile, dove era facile sbarcare, dove le difese tedesche non fossero troppo presenti e dove si potevano cogliere di sorpresa il nemico il più possibile, ma anche dove si potesse avere copertura aerea amica. La Bretagna, per esempio, da questo punto di vista era troppo esposta. Le informazioni sullo sbarco andavano tenute segrete perché divenne sempre più evidente che il nemico con il proprio spionaggio, anche con dei ricognitori che sorvegliavano proprio le coste francesi, era pronto a prevedere ogni idea di azione.

Ecco allora scattare già dall’agosto 1943 l’Operazione Fortitude, un mascheramento delle intenzioni di sbarco che divenne un vero e proprio depistaggio dei tedeschi che poi converse nell’Operazione Bodyguard, chiamata così poiché si pensava che tutti dovessero avere qualcuno che gli guardava le spalle per potersi sentire sicuri. Nasceranno le finte Landing Crafts nei porti sud orientali della Francia, in modo che ci fossero le ricognizioni nemiche sicure delle intenzioni degli alleati che, invece, eroicamente, sbarcheranno le proprie truppe nel mitico giorno del 6 giugno 1944 ricordato proprio come D-Day.