La nostra civiltà sempre più moderna, connessa e smart ci ha abituato ad interagire con oggetti che arrivano alla nostra portata come il risultato di studi condotti per anni su design, marketing e test di usabilità. Ma come siamo arrivati a parlare di ergonomia, forma e colore dei materiali?

In origine furono le botteghe artigiane. Il proprietario spesso lavorava a fianco dei suoi collaboratori per produrre manufatti che erano molto apprezzati in virtù della loro qualità e genuinità.

Il ruolo dell’artigiano rimase immutato fino alla fine del Settecento. Subì un profondo mutamento nel XIX secolo a causa delle vicende storiche che seguirono: le rivoluzioni americana e francese, la rivoluzione industriale, la scoperta di nuove fonti di energia, l’invenzione dei motori e la scoperta di nuovi materiali.

La produzione aumentò in serie a livello industriale e le caratteristiche tipiche della bottega artigiana vennero meno: in primis la produzione limitata e il medesimo luogo per tutti i processi produttivi.

Il fruitore non era più identificabile con il costruttore e lo stesso costruttore non era più il progettista come fino al Settecento. La creatività andò quindi a sparire dal campo concretamente produttivo.

Agli occhi di critici ed artisti la produzione che caratterizzò l’epoca seguente alla rivoluzione industriale si rese artefice di un eccezionale cattivo gusto. Nel 1851 a Londra si tenne la Grande esposizione delle opere industriali di tutte le nazioni. Nelle sale principali vennero messe in rilievo opere che presentavano inutili ed eccessivi ornamenti. La borghesia ricca aveva sostituito gli antichi mecenati, ed era incolta e priva di gusto.

In molti sentirono la necessità di un rinnovamento. In Inghilterra nacquero nella seconda metà dell’Ottocento numerose scuole di arti e mestieri, per cercare una sintesi tra funzionalità ed estetica degli oggetti. Tali movimenti si propagarono anche nel continente: in questo contesto nacquero l’Art Nouveau in Belgio, la Secessione in Austria, lo Stile Liberty in Italia, lo Jugendstil in Germania.

Nel 1919 Walter Gropius fondò a Weimar, in Germania, il Bauhaus. L’“istituto d’arte e mestieri” nacque per cercare di superare la frattura creatasi tra arte e artigianato e per affrontare i problemi posti dalla produzione industriale.

Architetti, insegnanti, disegnatori, artigiani, fabbricanti, scultori, pittori ed artisti grafici lavorarono in collaborazione strettissima all’interno del Bauhaus. Erano previsti insegnamenti teorici e pratici su forma, colore, composizione, spazio, texture, natura, materiali (pietra, legno, metallo, tessuti, vetro) sulle tecniche costruttive e sui sistemi progettuali. Tra i grandi maestri presenti molto interessati alla didattica si annoverano Klee e Kandinskij.

Dal 1933 Gropius e molti dei suoi collaboratori si spostarono in America. A causa della imminente guerra le condizioni in Germania non consentivano infatti di dare ancora spazio alla carica innovativa della scuola, i cui prodotti e le cui ricerche venivano diffusi attraverso mostre, conferenze, libri, spettacoli. Semplificando, possiamo considerare l’idea di design come idea di progetto: a questo livello nel campo della produzione industriale si colloca la possibilità di creatività.

L’attività di progettare, prima di essere una particolare strumentazione tecnica e professionale, è un’attività caratteristica della mente umana. Il design, il progettare, riferito agli oggetti è sempre esistito, ma nella massa della produzione, come si fa a distinguere un’oggetto di design da uno che non lo è? Soprattutto usandolo, se funziona bene, è di dimensioni proporzionate alle funzioni, il colore è gradevole, la forma complessiva coerente tra le parti ed il tutto, allora è un oggetto di design.

(Nuova avventura dell'arte, P. Vianello, C. Tebaldi, G. Regalia)

Il designer è un progettista con un alto senso estetico. Egli studia i prototipi, ovvero i modelli per la produzione in serie. Conoscendo i valori della forma, condizionandoli alle esigenze e alle possibilità tecnologiche dei materiali, è in grado di rapportarli ai processi di produzione industriale.

Per un designer la forma deriva sempre dalla funzione. Il suo ruolo e di grande responsabilità: pensiamo a quanto il nostro equilibrio psicologico dipenda dall’influenza dell’ambiente, e di conseguenza a come quest’ultimo è stato progettato. Si tratta quindi di decidere, pensare e progettare per l’industria, per l’architettura, i luoghi pubblici, i mobili, gli oggetti.

L’ambiente in quanto “artificiale” dovrebbe davvero essere adeguato alla dimensione umana, considerata in tutta la sua dignità e complessità.

Significativo è stato in Italia l’impatto di tale esperienza progettuale. In tale contesto ad assoluto rilievo assurge l’avventura industriale nata negli anni ’50 da Dino Gavina: dopo un incontro fortuito con Lucio Fontana egli capì che l’industriale del futuro sarebbe stato un uomo capace di avere un dialogo con gli artisti.

Egli propose a Marcel Breuer, il grande architetto protagonista del Bauhaus, di permettere la diffusione degli oggetti progettati negli anni venti a Weimar affinché la loro qualità fosse d’esempio. Sentì inoltre l’esigenza di fare delle modifiche anche nel settore di produzione degli apparecchi di illuminazione. Nacque così la Flos, sostenuta dal geniale lavoro degli architetti Achille e Piergiacomo Castiglioni.

La lampada da terra Arco, venduta in migliaia di esemplari e prodotta dalla Flos, finì per subire pesantemente il fenomeno del plagio da parte di altre aziende concorrenti: al punto che nel 2007 il tribunale riconobbe finalmente la tutela del diritto d’autore, come accade per le opere d’arte, anche ad un oggetto di design.

Tra i fondatori dell’Associazione per il disegno industriale, attiva dal 1956, «i fratelli Castiglioni sono sati protagonisti del design italiano, progettando oggetti e ambienti con forme sempre diverse, geometriche e organiche, irreali e rigorosamente funzionali ma sempre ottenute con una tecnica di stravolgimento che ricorda molto le esperienze surrealiste e dadaiste di artisti come Marcel Duchamp» (Giuliana Ricci, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 22, 1979).

Grazie ad istituzioni come il Bauhaus possiamo parlare di livello qualitativo della produzione, e siamo oggi in grado di lavorare sul concetto di design ed esercitare la professione di designer.