Perché parlare di questo Paese così lontano, così diverso dall’Italia, del quale sappiamo molto poco? È semplice, perché quando lo conosci, te ne innamori immediatamente, nonostante tutti i suoi problemi.

Il Laos, con una superficie di 236.800 Km 2 e una popolazione di sette milioni e mezzo di abitanti, è una Repubblica Popolare Democratica fondata il 2 dicembre 1975. Ex colonia francese, ha ottenuto l’indipendenza il 19 luglio 1949, dopo essere stato per secoli un Paese sotto il dominio prima dei tailandesi, poi dei vietnamiti e dei cambogiani Khmer e in parte anche dei cinesi.

I francesi quando se ne andarono dal Laos lasciarono il potere al re Sisavang Vong che regnò con una forma di monarchia costituzionale fino al 1959, quando gli successe re Savang Vatthana che regnò fino al 1975, anno in cui il partito del Phatet Lao, che significa Paese dei lao, prese il potere proclamando la Repubblica Democratica del Laos. Come sappiamo, questo Paese sfortunatamente venne coinvolto nella guerra del Vietnam che mise a dura prova la proverbiale pazienza del suo popolo, la sua profonda religiosità e la sua mitezza; quando i laotiani parlano tra loro, soprattutto nei luoghi pubblici, non alzando mai il tono della voce, sembra che cinguettino.

Se i laotiani dovessero trovarsi tutto di un colpo in una stazione ferroviaria o in un treno in Europa impazzirebbero immediatamente per i rumori e il caos, per le urla della gente o per le voci forti degli adulti che parlano al telefonino. Purtroppo a causa della guerra del Vietnam, una guerra non sua, il Paese ha ancora molte ferite aperte. Dopo la fuga degli americani dal Paese e poi definitivamente dal Vietnam il 30 aprile 1975, c’è stato un collasso economico con cui i laotiani stanno facendo ancora i conti.

Il Laos è un Paese molto verde; le sue foreste, alcune impenetrabili, ricoprono il 50% del suo territorio che beneficia di un clima tropicale e monsonico piuttosto regolare e di una lunga stagione delle piogge che inizia a maggio e finisce a novembre. Questo clima favorisce lo sviluppo e la crescita della vegetazione, ma nonostante ciò, per gli animali che vivono in Laos la situazione è piuttosto grave, soprattutto per due specie di scimmie che ora sono in pericolo di estinzione: Macaca nemestrina (Nemestrino) e Macaca assamensis (Macaco dell’Assam).

Entrambe vivono simpatricamente con altre tre specie di scimmie: Macaca fascicularis (Macaco cinomolgo), Macaca mulatta (Macaco reso) e Macaca arctoides (Macaco orsino), tutte molto sensibili al degrado ambientale che in questi ultimi decenni in Laos sta avanzando vertiginosamente. Purtroppo, anche per altre specie di scimmie, come quelle dei Gibboni, la situazione non è rosea soprattutto nel Nord del Paese, che è stata maggiormente coinvolta nella guerra del Vietnam.

Il degrado ambientale causato dalla guerra che si è svolta dal 1955 al 1975 ha messo in pericolo molti Gibboni, soprattutto uno particolarmente bello e maestoso, cioè il Nomascus gabriellae (Gibbone dalle guance dorate) di cui non si conosce il numero degli esemplari ancora rimasti. Oltre al degrado ambientale in Laos c’è un altro fenomeno abbastanza devastante per i suoi animali.

Molti di loro vengono abusivamente catturati per essere poi portati clandestinamente in Vietnam e da lì prendere il largo per le destinazioni più disparate, soprattutto in Nord America e in Medio Oriente. In alcuni Paesi del Medio Oriente le scimmie vengono tenute in gabbie “dorate” collocate nei salotti per il diletto e il gioco di ricche famiglie che ostentano in questo modo il loro stato sociale, non per altro. Poi, quando questi signori si stancano di loro le fanno “scarificare”.

I Gibboni che arrivano in Nord America spesso finiscono in istituti di ricerca e nella migliore delle ipotesi negli zoo o bioparchi, come li chiamano ora, per il divertimento dei visitatori. Dopo la guerra, con l’apertura dei mercati con il Vietnam e soprattutto con la Cina, nel Laos hanno cominciato a diffondersi delle brutte abitudini: la caccia indiscriminata degli animali esotici, soprattutto di scimmie, e l’uso di alcune parti del loro corpo per una sorta di medicina tradizionale, un rito che purtroppo in questi popoli è difficili da sradicare.

In questi ultimi decenni, i laotiani stanno esercitando forti pressioni demografiche sul territorio e purtroppo sulla foresta che è al limite della sopportazione, mettendo in pericolo non solo le scimmie che ci vivono ma tutto il suo habitat. La strada sulla quale i laotiani si stanno incamminando purtroppo non lascia ben sperare. Eppure prima della guerra non era così. Da quando è stata raggiunta la pace, anche se mai firmata tra le parti, in questa area del mondo sono sorti altri problemi che sotto molti aspetti sono gravi quanto quelli lasciati dalla guerra combattuta con armi convenzionali, cioè quelli causati dai bombardamenti con ordigni incendiari al Napalm fortemente inquinanti e devastanti.

Ora, dopo decenni dalla fine della guerra, c’è da sperare che il Laos non consenta uno sviluppo indiscriminato del Paese alimentato principalmente da investimenti di capitali stranieri e non controllabili, soprattutto a causa della corruzione diffusa e promossa dalle multinazionali delle estrazioni minerarie e del commercio del legno che è uno dei più pregiati al mondo.

Il Laos dovrebbe rivedere i suoi piani di sviluppo e mettere al centro della sua esistenza non fabbriche inquinanti o il consumismo occidentale ma l’uomo e la salvaguardia della natura. Non dovrebbe commettere gli errori che abbiamo commesso e stiamo commettendo noi in Europa dove al centro della nostra esistenza abbiamo posto solo il profitto a discapito della sostenibilità ambientale e della dignità umana.