Come possiamo accogliere la vita? Qual è l’organo che scambia e filtra ciò che arriva dall'esterno con il mondo interno? I polmoni. I problemi che si manifestano negli organi della respirazione riguardano il bisogno d'aria, spazio e autonomia, un’assenza di gusto per la vita, la perdita del desiderio di continuare a vivere, la paura di vivere o un senso di colpa per essere al mondo. E’ un tema molto complesso e delicato e oggi volevo soffermarmi sulla capacità non tanto di trattare disturbi respiratori che si possono verificare maggiormente ai cambi di stagione, piuttosto la capacità di alleggerirsi, di creare spazio e poter avere uno scambio equilibrato tra interno esterno, tra noi e il mondo circostante, tra noi e gli altri, tra l'aspetto maschile e l'aspetto femminile.

Quante volte infatti veniamo sorpresi da un raffreddore perché in sovraccarico di lavoro oppure perché non ci prendiamo abbastanza tempo per noi oppure perché non riusciamo a recuperare bene le energie? I polmoni rappresentano la vita, il bisogno di spazio e di libertà: tutte le malattie con le “-iti” in generale trattengono di base collera e rabbia e per questi organi, sono spesso connesse a uno scoraggiamento profondo, la paura di perdere la vita. I disturbi polmonari sono collegati anche a chi non riesce a prendersi spazio, aspetta per permettersi di respirare, di provare a trovare un po’ di felicità o lottare per arrivare a qualcosa. Il sentirsi soffocare da una persona, dal lavoro, dalla quotidianità esigendo la perfezione e l'efficienza verso se’ stessi porta a trattenere il fiato.

La leggerezza di cui parlo è un approccio che riconnette allo spazio interiore all'ascolto profondo per aiutare il corpo e la mente razionale a liberarsi da ciò che non serve: con l'ascolto e una buona dose di coraggio, possiamo comprendere che magari siamo noi stessi a soffocarci, probabilmente perché non vogliamo assumerci la responsabilità della nostra autonomia affettiva, l’autonomia lavorativa e finanziaria togliendo ossigeno al territorio.

Creare spazio significa disegnare un cerchio: in quel cerchio ci siamo noi al centro e quello è il nostro territorio da salvaguardare perché spesso le problematiche respiratorie sono collegate alla minaccia che il proprio territorio venga soffocato dalla propria famiglia, dal lavoro, dalla casa, dai figli, dai genitori. Il punto è sempre lo stesso: siamo noi che lo permettiamo. Capire cosa insegna quella dinamica aiuta a far fuoriuscire l’aria e “tirare il fiato”, il perché è un percorso più complesso: cosa ti serve a trattenere il fiato? Cosa ti serve rinunciare alla tua aria alla tua vita per quella dinamica relazionale? Quella situazione?

Quel blocco al centro del torace cosa ti serve? Se trattieni provi ansia, angoscia, hai bisogno di tirare il fiato. Non riesci a fare un respiro completo, da cosa? Da chi? Puoi cambiarlo, puoi aggiustarlo? Un'altra domanda interessante da farsi dopo aver capito cosa possa servire trattenere il fiato è: se tu riuscissi a tirare il fiato come cambierebbe la scena? Cosa succederebbe dentro di te, attorno a te se riuscissi a liberarti di quel peso sul petto? Come ti sentiresti? Che cosa ti viene tolto? Che cosa ti richiama?” ti vengono in mente scene del passato?” “Le stesse scene le rivivi nel presente”? Spesso i problemi in un lato del corpo sono riflessi anche dal lato opposto o possono provenire dal lato contro laterale in una logica quindi sopra-sotto, avanti-dietro o diagonale: nel lato posteriore del corpo in corrispondenza dei polmoni ci sono le scapole e quante volte abbiamo trattenuto pesi eccessivi e abbiamo sentito dolore alle scapole?

Questo sembra l'articolo delle domande da porsi perché in realtà non c'è mai una via e una spiegazione uguale per tutti con linee guida o procedure: hai mai notato che quando non riesci a respirare la tua schiena la zona dorsale tra le scapole è ricurva? Quando hai dolore alle scapole la zona dove risiedono i polmoni è contratta e non riesci a tirare un sospiro ho un respiro completo? Dalle piccole alle grandi cose possiamo trattenere pensieri, sobbarcarci di responsabilità più grandi di noi, probabilmente per una necessità di essere amati, riconosciuti: se tratteniamo eccessivamente, se ci facciamo pesare eccessivamente le responsabilità, i doveri, le attività alla fine cosa ci portiamo a casa?

La mente è influenzata da dinamiche e ferite infantile “ Se mi dai io ti do”, “se fai così sei una brava/o bambina/o”, “Se fai così ti voglio bene” , “ Quando mi dai , ti riconosco”. Con il segnale di dolore il corpo invia segnali: probabilmente stiamo dando troppo all'esterno di noi. Quindi il nostro cerchio rimane aperto, il nostro territorio viene assuefatto togliendo ossigeno.

Ora, cosa è per te l’ossigeno? La leggerezza dove la trovi? Come mai non riesci a scrollarti lo zaino di dosso e ti fai togliere il fiato? Cosa succede se accogli la vita e segui ciò che ami? C’è equilibrio tra il dare e il ricevere o è un perenne dare?

Fermati e ascolta, non con la mente ma con l’intuito che non è l’istinto: ascoltare è portare alla luce la verità delle cose e non a tutti piace in quanto può spaventare, sgretolare ciò che si è pensato di essere e creduto fosse giusto fare. Come stai nella tua leggerezza estiva? Riesci ad ascoltare?