«Quando troverai il coraggio di dipingere con lo stesso coraggio che hai per vestirti, sarai a metà strada». Queste le parole di un professore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze che hanno segnato profondamente la carriera di Genea Lardini, erede e oggi direttrice creativa womenswear della casa di moda italiana Lardini, fondata nel 1978. All’inizio del suo percorso artistico Genea si è ritrovata spesso a cadere nel decorativismo, e questo le ha aperto una finestra nel mondo della moda, dove per lei tutto può esistere. Dalla stagione SS17, la collezione Lardini donna è infatti disegnata da Genea che, con determinazione e passione, ha proseguito e ultimato i suoi studi nel mondo della moda alla Marangoni di Milano e alla Central Saint Martins di Londra, diventando una delle giovani designer più creative e talentuose del fashion system.
L’abbiamo incontrata all’Accademia delle Belle Arti di Brera, a Milano, dove sta attualmente frequentando un corso di pittura contemporanea, alla ricerca di quel coraggio che ispira costantemente i suoi outfit. Nella nuova collezione Lardini donna, in continuità con le tre stagioni precedenti, vediamo una prevalenza del nero. Nell’arte giapponese l’utilizzo del nero definisce le figure e le fa emergere dal fondo, creando delle vere e proprie silhouette e lo stesso pittore Edouard Manet apprese questa tecnica per definire al meglio i suoi soggetti pittorici.

Nelle tue collezioni quale importanza e funzionalità riveste l’utilizzo del nero?

Il nero nelle mie collezioni riveste un ruolo diverso rispetto a quello che riveste nella pittura. L’educazione pittorica insegna che il nero puro sporca le pitture, è un non colore e infatti io preferisco utilizzare il marrone scuro. Nei miei outfit invece il nero è eleganza e sicurezza sempre, ed è moda quando è di tendenza, come in questo periodo. Hai iniziato a studiare pittura all’Accademia delle Belle Arti di Firenze, prima di proseguire gli studi alla Marangoni di Milano, terminandoli in maniera più concreta con dei corsi alla Central Saint Martins di Londra. Quanto il tuo gusto da designer è stato influenzato dalla formazione che hai avuto da vera esteta? Inizialmente pensavo che l’arte e la moda fossero due mondi in conflitto, oggi invece ho capito che è un connubio perfetto, capace di aprirsi a svariate opportunità e la Central Saint Martins me lo ha dimostrato da subito. Credo che la moda oggi sia più facile da realizzare, mentre l’arte non è per tutti, la ritengo ancora un privilegio ed è per questo che è così speciale. Il mio gusto, se così si può definire, è sempre stato lì, l’arte e la mia formazione lo hanno reso più ricercato.

Sei oggi iscritta al biennio di Pittura Contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove stai approfondendo la tua ricerca sul collage. Questa tecnica venne sperimentata agli inizi del Novecento per la creazione di opere d’avanguardia come i cosiddetti papiers collés, dove gli esponenti del Cubismo oltre alla carta utilizzarono ben presto anche pacchetti di sigarette, scatole di fiammiferi, carte da gioco, creando una sorta di “polimaterismo”. Nelle tue collezioni, cerchi di utilizzare anche questa sovrapposizione, giocando con tessuti diversi? Quali tessuti e materiali avete privilegiato per la FW 2023-2024?

Ho iniziato ad affrontare la tecnica del collage già nella prima fase accademica, a Firenze, è la forma d’espressione pittorica più giusta per me, da sempre. Nelle collezioni la trovo nella parte iniziale, nell’ispirazione, nei moodboard, dove mi diverto e tiro fuori le idee più belle. Quando si disegna per un nome bisogna tener ben presente quel nome. Lardini non è Genea che veste di sovrapposizioni, diciamo che i miei collage per la collezione Lardini Donna sono utili per i tocchi, gli abbinamenti di colore, per le silhouette, per i dettagli; quest’anno ho accostato pesantezze diverse, tessuti coprenti e con giusta mano, a tessuti trasparenti leggeri, sono tocchi delicati che fanno la differenza e possono essere giusti per Lardini.

Come mai hai preso ispirazione dagli Anni Novanta per la FW 2023-2024?

Gli anni Novanta come pura tendenza, caratterizzano ovviamente tutta la proposta del capospalla, il nostro know-how, con spalline forti e lunghezze più spinte, con tailleur femminili minigonna e giacca, e look maschili oversize, look presi dalla collezione uomo, difettati su corpo femminile e presentati con tessuti sia maschili che femminili. Le silhouette spaziano tra il sexy, con minigonne, corpetti, trasparenze e tubini, e il rock, con giacche corte, spalline abbinate al denim e con outfit oversize. Dietro ad ogni tessuto c’è una bella ricerca di qualità e pesantezze giuste per i nuovi inverni che non sono più freddi e comportano anche una difficoltà vera e propria nella vendita dei cappotti specialmente in Italia; proprio per questo ho iniziato ad elaborare in maniera più approfondita il trench, che sembra essere una soluzione a questo cambiamento climatico. Per quanto riguarda il colore, prevale già da tre stagioni il nero che tra lucidi e opachi l’ho accostato al sale e pepe, verde salvia e celeste. Un punto molto importante che mi preme evidenziare è il rispetto nei confronti degli animali, per la linea donna le integrazioni in pelle sono esclusivamente eco.

Tre aggettivi per descrivere la tua nuova collezione?

Sensuale, raffinata, femminile

Secondo Genea, qual'è la capitale della moda?

Io come anima sono londinese, Londra è ricca di stimoli, ogni angolo è pieno d‘ispirazione e ti trascina nel suo stile internazionale, dove tutto è possibile. E’ come una grande Saint Martins, dove ti senti libero di esprimerti, un’esplosione creativa. Lardini come brand non lo sento londinese ma è molto più newyorkese, più di Milano, dove la moda ha più leggi ed è più snob. L‘esperienza in Saint Martins è stata dura ma la ricordo come la più bella della mia vita, lì ho trovato il collegamento tra il bello e il creativo.

Cosa significa ed ha significato per te essere la figlia di Luigi Lardini e quale eredità trasmetti nelle tue collezioni?

Essere la figlia di Luigi è un privilegio e anche un’arma a doppio taglio, posso dire che non disegno vestiti perché sono “la figlia di”; sicuramente l’amore per il bello è nel sangue.

Il pittore Henri Matisse definiva la composizione come l’arte di sistemare in modo decorativo i vari elementi di cui la pittura dispone per esprimere i propri sentimenti. Quando crei da quali tipi di sentimenti vieni travolta?

Quando creo sto bene, l’arte è la mia salvezza ed è terapeutica.