Kiki Smith è una delle più originali e affascinanti artiste nell'arte contemporanea, che ha saputo coniugare le tecniche tradizionali, come la fusione, la terracotta, l'arazzo, l'incisione e le installazioni, con la più sofisticata tecnologia digitale di ultima generazione.

I suoi temi si sono ispirati al Medioevo cristiano, alla protoscienza tra il Settecento e l'Ottocento ed il Surrealismo, per rappresentare le ossessioni, le lacerazioni e le contraddizioni dell'umanità. La tematica centrale è sempre stata la corporeità in tutte le sue forme e accezioni, passando dagli esseri umani al mondo animale, ma tenendo sempre in considerazione il mondo femminile, essendo una importante esponente del femminismo mondiale: le sue tematiche si ispirano a temi importanti, come le identità, gli stereotipi sessuali, il rapporto tra il corpo e il mondo e tra l'uomo e la natura, abbracciando in pieno gli ideali femministi e accostandosi all'impegno sociale di altre famose artiste degli anni '80 e '90.

L'immagine femminile che rappresenta è fragile e delicata, ma capace di riscatto e di ribellione: evita sempre lo scontro frontale, ma non è meno coraggiosa di altre artiste più spavalde ed aggressive: le sue opere sono uno strumento per leggere la complessità del reale attuale. Pescando i propri temi dalla nostra società li sa elaborare amplificandoli fino a colpire lo spettatore e portarlo a riflettere su caratteristiche, disuguaglianze e pregiudizi.

Kiki Smith è nata a Norimberga (Germania) nel 1954 e vive e lavora a New York. Figlia di Tony Smith, importante artista esponente del movimento Minimalista, e della cantante lirica Jane Smith, è cresciuta in un ambiente artistico fin dall'infanzia. Ha frequentato l'Hartford Scool of Art del Connecticut: qui ha iniziato a produrre le prime opere artistiche, una serie di nature morte in cui il principale soggetto erano dei contenitori rotondi di medicine e pacchetti di sigarette.

Negli anni successivi precisò che l'incontro con queste sostanze nocive aveva segnato l'inizio della sua ossessione artistica per il corpo.

Trasferitasi nel 1976 a New York entrò a far parte dei Collaborative Projects, un gruppo di artisti il cui interesse principale era di trasformare in modo creativo gli oggetti di uso comune, poi rivenduti al negozio “A More Shop”: questo tentativo di abbattere le barriere tra opere d'arte e oggetti mercificabili sarebbe continuato nel tempo e lo si trova in moltissimi suoi lavori.

Il padre, l'anno precedente alla sua morte, avvenuta nel 1979, le regalò la Gray's Anatomy: l'artista, prendendo spunto immagini del testo, cominciò a disegnare cellule e parti interne del corpo umano. Espose questi lavori per la prima volta in una mostra collettiva nel 1980. Lei stessa ebbe a dire che la morte del padre aveva segnato la sua nascita come artista. La prima reazione alla sua perdita fu di mettere una mano in lattice, che aveva trovato casualmente per strada, dentro al suo acquario e lasciare che uno strato di alghe vi si accumulasse intorno. L'opera che ne risultò ”Hand in Jar”, 1983, avrebbe influito su tutta la produzione artistica successiva.

Infatti da quel momento rivolse la propria attenzione all'analisi dell'interdipendenza tra mondo umano e quello naturale, sviluppando un vivo interesse per tutte le infestazioni parassitiche, le relazioni simbiotiche e i punti di contatto tra la vita e la morte: in questo senso le alghe che crescevano come materia inanimata si trasformavano di nuovo in un essere vivente.

Divennero così temi ricorrenti delle sue opere la resurrezione, la rianimazione e la rigenerazione, che approfondì con studi sulle diverse modalità di trattamento del corpo, studiando anche le valenze che questo aveva assunto dall'antichità fino al Rinascimento.

Nel 1987 realizzò disegni a ricamo i “Nervous Giants”, che rappresentarono un ulteriore approfondimento nei confronti di questa concezione del corpo, dei suoi significati e valori simbolici.

Realizzò quindi disegni e sculture nei materiali più vari (vetro, porcellana, carta, argilla, bronzo) di parti interne ed esterne del corpo umano tra cui “Ribcage” del 1986, una cassa toracica, “Second Choice”” del 1987, in cui vari organi umani sono disposti in una ciotola di ceramica, come reazione al commercio di organi e ”Shield” del 1988, raffigurante il ventre di una donna incinta, rappresentato come uno scudo, mentre in “All Souls” del 1988 compaiono dei feti come simbolo della vita.

Questi lavori però provocarono vivaci reazioni da parte del pubblico, che si riteneva scioccato dai suoi lavori: la reazione di Kiki Smith fu di appropriarsi del nome della leggendaria creatura letteraria di Mary Shelley, che tanto aveva ammirato da adolescente e volle chiamarsi Kiki Frankestein.

Nel 1988 la sorella dell'artista venne a mancare a causa dell'AIDS: ciò rese le sculture dell'artista un simbolo ancora più potente di profonda lacerazione e di vulnerabilità, come nell'opera del 1992 “Virgin Mary”, in cui c'è una figura femminile ferita che si muove carponi lasciando dietro di sé una lunga fila di escrementi. Dello stesso anno “Blood Pool”, dove un corpo femminile piegato in posizione fetale, si presenta con la spina dorsale aperta come una ferita.

Varie sono le sue fonti di ispirazione come le antiche opere d'arte, le figure mitiche e bibliche, ma anche favole e sogni.

Fu proprio un sogno nel quale doveva liberare un uccello, nel 1992 a spingerla verso una maggiore libertà di rinnovamento.

Infatti in “Getting the bird out” un uccello appeso a un filo fuoriesce dalla bocca di una testa umana: l'artista collegò l'uomo all'animale per porre in rilievo la relazione conflittuale che esiste tra natura e cosmo e in particolare lo sfruttamento umano nei confronti della natura.

Incominciò a concepire, da questo momento il mondo come un tutto, nella realtà delle sue contraddizioni. Produsse così una serie di incantevoli composizioni che sembrano appartenere al mondo delle favole o a un passato lontano.

Nel 1996 partecipò alla mostra “Paradise Cage” al Museum of Contemporary Art di Los Angeles in cui realizzò uno scenario celeste di grande impatto, sotto il quale comparivano in un ampio spazio circolare blu, 28 animali in vetro: un richiamo all'Arca di Noè e ad altre leggende.

Cominciò quindi a realizzare disegni di animali, basandosi sulla tecnica del tratteggio, corredandoli di mani, cristalli e stelle ,“Pea body”.

Passò quindi, come molti altri artisti in quel periodo, al video, producendo “Night Time Wolf” del 1999, un'animazione digitale di disegni che mostra un lupo bianco su uno sfondo nero, che corre senza posa verso una destinazione sconosciuta, il futuro, con lo sguardo fisso puntato negli occhi degli spettatori.

Vi è questa profonda fusione tra passato e futuro che caratterizza queste opere e che rappresenta il tentativo di rendere maggiormente comprensibili gli eccessi della realtà contemporanea e il ruolo dell'uomo in essa.

Attraverso immagini poetiche e scioccanti, la Smith stimola il suo pubblico a riflettere esprimendo una rinnovata sensibilità nei confronti della natura e del corpo umano a cui restituisce il suo ruolo di primo piano, in un mondo sempre più tecnicizzato.

Anche la scultura l'attraeva : molte sono le sue creazioni, di notevole impatto emotivo e di grande efficacia creativa, come la scultura “Mary Magdalene”, in bronzo e acciaio: rappresenta in modo inedito il nudo femminile. Il corpo della donna è ricoperto dalla pelle solo nelle zone del viso, dei seni e dell'ombelico, ha le caviglie incatenate e il suo volto si rivolge verso l'alto.

Nel 2001 crea l'opera emblematica “Rapture”, in cui ispirandosi a racconti fiabeschi, rappresenta una figura femminile nuda, che ha sconfitto il suo aggressore, un lupo, ed emerge dal suo corpo disteso ai suoi piedi agonizzante, con atteggiamento fiero e vincente.

Nel 2005, con “Homespun Tales” vince per acclamazione la 51° Biennale di Venezia. E' una sua personale riflessione su di una nobile dimora veneziana: traendo ispirazione dalle ricche esposizioni di ritratti presenti nel Museo della Fondazione, ha ricostruito una struggente storia domestica creando una narrazione capace di mettere in luce l'intraprendenza di un bricolage casalingo. In un gioco di continui richiami, mimando e imitando diversi elementi presenti nella collezione sviluppa la sua personale interpretazione di nostalgia della vita domestica, un habitat tessuto a mano in cui è possibile udire l'eco di tempi e luoghi del passato, in cui si può cogliere il disordine e il decorativo squallore di storie di vite precarie e di occupanti abusivi, di donne pensionanti e senza fissa dimora.

Nel 2010 ha realizzato l'installazione “Lodestar” alla Pace Gallery di New York: sono figure umane a grandezza naturale, dipinte su supporti di vetro opaco.

Nel 2012 presenta tappeti Jaquard al Museo Neuberger Museum of Art. Nello stesso anno per il Claire Town Theater, sul Vivian Beaumont Theater, ha progettato “Overture”, una scultura mobile, fatta con assi incrociate e uccelli ricoperti di bronzo.

La sua più recente riflessione la vede interessarsi sempre più al rapporto tra uomo, natura e cosmo, con una sua grazia tutta particolare, pacificatrice e antidoto ai nostri tempi caratterizzati da odio e brutalità, a volte senza senso. Per esprimere questa visione utilizza soprattutto arazzi jaquard e sculture.

Nel 2019 ha realizzato una mostra molto apprezzata alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, la “What J Spaw on the Road”: è stata la sua prima mostra monografica in Italia, che fino a quel momento non aveva saputo apprezzarla come altri Paesi. Da allora l'artista ha realizzato, in luoghi diversi italiani, molte statue e installazioni di notevole impatto sia ambientale che emotivo. Anche a Milano, nella prestigiosa Citylife, due enormi gatte le “Guardiane”, dominano l'ambiente con la loro presenza minacciosa e rassicurante. Kiki Smith è stata protagonista di oltre 150 mostre dagli anni ottanta ad oggi.

Si è cimentata anche con la narrativa e la saggistica, pubblicando libri tra i quali “Fountain Head” del 1991 e “The Vitreous Body” nel 2001.

Le sue opere si trovano in più di trenta importanti Collezioni Internazionali ed ha ottenuto molto premi e riconoscimenti.

Nel 2012 ha ricevuto la prestigiosa U.S. State Departement Medal of Art e nel 2016 ha ottenuto dall'International Sculpture Center il famoso “Lifetime Achevement” nel Contemporary Sculpture Award.

La donna è sempre stata al centro delle sue tematiche, che ha affrontato con una delicatezza inusuale nel mondo femminista, che in genere presenta le proprie rivendicazioni in modo aggressivo e potente. La sua è una “pietas” tutta particolare, che ha ugualmente grande efficacia nell'attenzione che crea con le sue opere sempre di grande attualità.