Colle Ameno è un borgo insolito e misconosciuto. Un posto strano, fuori dal tempo: un non-luogo dal DNA disperso.

Uno di quei posti che occorre rallentare per trovarli, sfuggenti come sono alle geolocalizzazioni. Esteticamente è un insieme di case attaccate, con due vialetti, una villa e una chiesa di un uniforme color ruggine e come la materia lasciata ossidare è abbandonato a se stesso. Con un orologio fermo e i muri scrostati che mostrano l’intonaco precedente, al quale i bambini attribuiscono significati zoomorfi: il cavalluccio marino, lo squalo… Un mare di fantasia che per le donne è semplicemente umidità che affiora e penetra fin dentro le case, erodendole. Abitazioni dove si sta anche in sette persone, con fuori uno spazio verde che però non invita a giocare. I bimbi fanno alleanza di compiti di scuola e disegno libero attorno a un tavolo accomodato sull’acciottolato.

Stana è il nome di una giovane madre serba che vive qui da 10 anni, con due figli. Mi consiglia di aspettare il passaggio del netturbino per scattare foto più belle, senza i sacchi dei rifiuti, che sono ugualmente rossi come gli usci e il portone. Come tutto il resto. Come l’imbarazzo sulle gote di un ragazzino che prende per mano il fratello minore e si allontana da me che faccio domande. Colle Ameno, in origine, fu sede di produzione di maioliche pregiate in monocromia azzurra, motivi e tipologie ripresi ancora oggi dagli artigiani locali. Un esemplare è presente nel rettangolo di una finestra murata e qualche coccio si può ancora rinvenire se si guarda bene tra l’erba.

Colle Ameno, dopo due secoli dall’edificazione, fu adibito a campo di concentramento, si legge nelle iscrizioni ovali che si intervallano e in una lapide che ne ricorda i morti.
La memoria, qui, consegna paralleli evocativi anche con gli austeri lampioni a pastorale... Colle Ameno si trova nel Comune di Sasso Marconi, nel bolognese.

Il nome grazioso identifica il complesso urbano-architettonico cui l’illuminista Filippo Carlo Ghisilieri, marchese e senatore della città di Bologna, nel 1700 diede il battesimo e anche il massimo splendore. Ghisilieri lo progettò e realizzò come borgo rurale polivalente abitato da braccianti agricoli che lavoravano le terre dei nobili, attorniato da numerosi artigiani che presiedevano alle attività produttive. L’agglomerato si componeva - e sono visibili tuttora - da una villa padronale di rappresentanza, da un piccolo teatro, un ospedale e una fabbrica di maioliche, una stamperia, una chiesa e altri fabbricati di servizio: stalle, fienili, rimesse, scuderie, depositi, cantine e magazzini.

Il nome si ispira anche alla posizione altimetrica e all’allora supposta salubrità dell’aria: fra l’abbraccio delle prime colline dell’Appennino e la pianura del Reno. Colle Ameno è tuttora un mirabile esempio di architettura illuministica che ha saputo unire le esigenze dei signori con quelle della gente non titolata, umile: lo stare in villa con le produzioni artigiane, in armonioso e rispettoso connubio. Un microcosmo dove era fervente anche la promozione culturale che si esprimeva nell’Accademia dei Vari e nella tipografia.

L’Accademia, che fu attiva dal 1752 al 1765, riuniva letterati, teologici, matematici, filosofi, giuristi e poeti, mentre la stamperia pubblicò una cinquantina di volumi di vario genere. Durante la seconda guerra mondiale, Colle Ameno venne utilizzato dall’esercito tedesco come supporto alle forze aeree. Fu ospedale militare, campo di concentramento e smistamento di civili gestito dalle S.S. che rastrellavano uomini nei dintorni della linea gotica.

Fu anche luogo di brutali uccisioni. Nell’immediato dopoguerra accolse numerosi sfollati, finché nel 1960 venne suddiviso in appartamenti utilizzati dapprima per la villeggiatura estiva e poi occupati in maniera stabile da un avvicendarsi di famiglie a tutte le stagioni.

Negli anni ‘70 il borgo fu progressivamente abbandonato e cominciarono i crolli. Nel 1990 il Comune di Sasso Marconi si incaricò di restaurare l’intero complesso monumentale così come appare oggi.

A guardarlo, a camminarci dentro, a indugiare nelle sue stradine, a curiosare tra l’osteria, la bottega e la sede dell’Anpi, a fotografarlo nei particolari e nel suo insieme, questo luogo color del cocciopesto e della terra bruciata, smuove emozioni contrastanti: si avverte nitidamente lo spirito con cui fu costruito ma anche il ribaltamento d’uso a cui fu destinato.

Eppure, tra quelle geometrie perfette di proporzioni e prospettive, in quella segnaletica orizzontale che spiega con parole e immagini la ratio motivazionale, tra lo stendibiancheria instabile e un triciclo messo di sghimbescio, vive e sopravvive l’impeto del genio che lo pensò.

Negli intendimenti del suo ideatore e finanziatore, l’illuminista e illuminato Filippo Carlo Ghisilieri, Colle Ameno fu concepito come un luogo bello e buono dove risiedere in pace tutti insieme. Un posto dotato di autonomie, dove condurre una vita dignitosa, coltivando lo studio delle scienze e delle arti: in una parola l’armonia sopra a tutto, come suggerisce il nome, unicamente proteso a un senso elevato del bene pubblico.

Ora vi abitano famiglie meno abbienti di diverse etnie e una poesia dolce fa capolino a ogni angolo, per poi ritrarsi timidamente, nell’indifferenza dei più. Mentre poco distante sfrecciano le macchine in autostrada. O rallentano verso il casello d’uscita di Sasso Marconi.