Se t’avviene di trattar le acque consulta prima l’esperienza, poi la ragione.

(Leonardo da Vinci)

L’arte, in tutte le sue forme, è l’espressione estetica dell’interiorità e dell’animo umano, un linguaggio capace di trasmettere emozioni e informazioni. L’artista va oltre la materialità, la realtà visibile, l’oggettivazione, operando dentro di sé una sorta di resa, di abbandono che permette di accogliere nuove realtà, nuove informazioni. Una resa che amplia la coscienza e quando la coscienza è ampliata diviene come un’antenna che capta i segnali che vengono dal ‘campo quantico’. Gli artisti hanno una funzione importantissima perché attingono agli archetipi dell’inconscio individuale e collettivo in un processo creativo in cui l’energia vitale e le immagini primordiali vengono modellate sia dal momento storico in cui vive l’artista che dai suoi vissuti. L’artista è portatore di messaggi e l’opera d’arte si può definire ‘visionaria’ poiché in essa si manifestano gli archetipi e il mondo transpersonale.

L'artista può trasformare i materiali grezzi dell'inconscio nel capolavoro artistico: come una sorta di profeta, ne possiede la capacità e il linguaggio.

(Carl Gustave Jung)

Recentemente, come accade spesso d’estate, ho incontrato Federica Rota, un’artista alla quale sono legata da legami familiari, la cui attività artistica ruota intorno al tema dell’acqua e che, attraverso la sperimentazione metodica, ha elaborato una sua personale ed affascinante tecnica che definisce con il nome di ‘Idroemografia’.

La tecnica elaborata e le opere proposte sono il frutto di una lunga ricerca sull’acqua, sulle sue proprietà e i suoi movimenti, con lo sguardo di chi esplora il mondo in modo empirico, attraverso gli strumenti dell’arte e il canale del sentire. Nella visione di Federica acqua e individuo, uno nell’altro, sono in grado di dialogare sui piani sottili e, ‘suonando’ insieme, danno vita ad un incontro alchemico che nell’opera si densifica e si fa materia.

L’acqua è il secondo dei quattro elementi che costituiscono la vita (aria, acqua, terra e fuoco), è in grado di memorizzare le informazioni dell’ambiente, di conservarle e di trasmetterle agli altri elementi. È il ‘messaggero’ e, grazie alle sue qualità, è associata all’emozione, all’adattabilità, alla ricettività e alla flessibilità, non per ultimo al femminile e al processo di continua trasformazione.

L’acqua ha inoltre una grande valenza esoterica, è la sorgente della vita, attraverso questo elemento avviene la rigenerazione alchemica. Essa è un elemento sottile che connette il cielo alla terra, sale verso il cielo in forma di vapore assorbendo le energie astrali e ricade sulla terra sotto forma di pioggia, trasferendo tutte le informazioni acquisite alla terra e fecondandola. Scorre nelle profondità oscure e dense della terra e torna in superficie portando con sé le virtù dei metalli e dei minerali, creando lo scambio tra dimensione superiore ed inferiore. Il suo simbolo è un triangolo equilatero con la punta rivolta in basso a rappresentare proprio questo processo.

Per Federica Rota, pittrice, art director e arteterapista, l’acqua è musa e finestra per poter scorgere ciò che sta oltre il visibile, per esplorare quel legame indissolubile tra l’Umano e la Natura. Federica nasce a San Giovanni Bianco (BG) nel 1986, vive e lavora tra Bergamo e Acqui-Terme, ha esposto le sue opere in diversi contesti sia nazionali che esteri, recentemente è stata selezionata tra gli artisti emergenti a Paratissima Talents 2022 a Torino.

Federica, cosa rappresenta per te l’acqua?

Considero l’acqua una porta, un punto di accesso, di incontro e di comunicazione. L’acqua è il ‘medium’ di tutta la vita biologica, la sostanza che ci sostiene e ci attraversa: potremmo dire che siamo acqua in cui sono disciolte a vari livelli di densità sostanze sia organiche che minerali. Essa abita il mio cervello, le mie ossa, i miei tessuti, il mio sangue, è la vita che scorre dentro e fuori. Chiamo l’acqua ‘primo medium’ perché trasporta vita e quindi informazioni: attività sottili, stati energetici, cicli vitali, trasformazioni, evoluzioni e decadimenti biochimici, tutta l’attività per come si sviluppa nella biosfera.

L’acqua può trattenere le informazioni che trasporta e restituirle in modi significativi, è su questo intreccio che si basa la tua ricerca artistica?

Sì, la mia ricerca artistica parte dalla constatazione del nostro essere indissolubilmente intrecciati con il mondo naturale e dalla necessità di portare questa consapevolezza a un livello più alto, di renderla visibile e manifesta in una figurazione riconoscibile.

Viviamo immersi nell’informazione prodotta da energia organizzata: il mondo è un sistema di informazioni interconnesse.

Vi è informazione fuori da noi in forma di stimoli sensoriali, gesti, espressioni, media e infinita altra informazione che abita nella nostra interiorità. Non possiamo considerarci e considerare ciò che è altro da noi come qualcosa di separato.

Credo che l’acqua sia un elemento vivo in grado di ricevere informazioni e, attraverso la tecnica elaborata, la mia intenzione è di imprimere la sua ‘risposta’.

Mediante acqua e colore su tela ed accompagnando il processo, il mio intento è quello di ritrarre l’acqua, imprimerla su tela, coglierne le forme e i linguaggi in relazione all’uomo, al simbolo, al suono e a ciò che ha vibrazione ed è animato da vita.

Come nascono le tue ‘idroemografie’?

Innanzitutto il vettore principale è l’intenzione di donare qualcosa all’acqua, che sia un’impronta energetica, un’emozione, un’informazione che viene poi restituita dall’acqua in forma visibile grazie al colore che utilizzo come ‘solido di contrasto’. Il significato del termine ‘idroemografie’ è riferito all’acqua e alla sua grafia o scrittura. La parola emo allude al mondo dell’emozione, dal latino emovère – portare fuori, muovere, e anche al sangue e alla vita.

Una constatazione mi ha mosso: i due sistemi - io come organismo vivente e la tela come bacino che raccoglie acqua e pigmenti - siamo simili, fatti degli stessi materiali organici disciolti in acqua.

La traccia genetica di tuo nonno e di mio padre, fratelli ed entrambi fotografi, ha ispirato alcuni passi del procedimento tecnico delle tue opere artistiche…

Nel nostro corredo genetico sono racchiuse le memorie ed i talenti dei nostri avi che credo comunichino sui piani sottili anche se ne siamo inconsapevoli.

Infatti, per questo progetto di pittura concettuale ho iniziato a sperimentare con acqua di fonte raccolta in altura e con pigmenti naturali in essa disciolti, ispirandomi per similitudine al processo di emersione dell’immagine fotografica nel bagno chimico, usando la tela come ‘bacino di sedimentazione’ e affidandomi per la stesura del colore non a pennelli o spatole, ma a un processo che ha nello spazio, nel tempo e nell’informazione i suoi presupposti.

Ho dapprima indagato vari modi in cui il supporto può trattenere un bagno di pigmenti mentre viene esposto all’aria per un tempo molto lungo, finendo così per registrare non solo il processo di sottrazione ed evaporazione del liquido e quindi l’immagine risultante, ma anche i miei interventi intenzionali nonché gli eventi casuali trascorsi nell’ambiente - anche solo i movimenti d’aria o la deposizione di polvere.

Progressivamente ho affinato il processo rendendolo più coerente con l’ispirazione concettuale originaria, cioè con l’idea che la vita biologica comunica in tutte le sue forme attraverso il medium dell’acqua. Da una parte ho quindi rarefatto i miei interventi manuali fino ad eliminarli del tutto, limitandomi, dal punto di vista pratico, a scegliere ogni volta il pigmento da usare e ad allestire il processo in modo sempre più metodico e regolato; dall’altra ho compreso che senza informazione, senza la ‘presenza vitale’, l’opera sarebbe restata muta e amorfa.

Ho iniziato quindi ad accompagnare per periodi molto lunghi la lenta evaporazione del liquido - la produzione di una singola opera può durare molti giorni - con la mia presenza emotivamente attiva, accordando il mio stato interno a una condizione mentale di sottrazione e vuoto, non personale o psicologica, che definisco con il termine ‘amore’.

Qual è l’intento sotteso nelle tue opere?

L’opera risultante, secondo la mia intenzione, è una soglia emotivo/cognitiva attraverso cui la vita organica, nei due poli della natura disciolta nell’acqua da una parte e della mia persona dall’altra, in quel tempo specifico, si raggruma in una pellicola in cui si rapprendono in varie forme e colori gli stati energetici presenti.

È il risultato di un processo in cui l’energia si densifica e si fa materia. È un’opera dinamica: non smette di mutare per tutto il tempo della sua formazione e può continuare a mutare e a restare viva se viene esposta allo sguardo di un osservatore, in uno stato mentale di attenzione partecipe e di apertura di cuore. In questo modo cresce e si modifica ed acquisisce ulteriori significati.

Ciò che l’osservatore ha di fronte, infatti, non è il prodotto dell’ego dell’artista, ma non è nemmeno un mero fatto causale, e non è la sua traccia in forma di ‘object trouvé’: è invece una linea di bilico, un punto di vertigine concettuale in cui i mondi - natura e cultura, mondo e suo ripiegamento in segni e forme - coesistono e compartecipano, e ciò grazie a un’intenzione artistica che incorniciando il processo e informandolo durante il suo svolgimento lo fa diventare quella specifica materia, forma e colore trasferiti su una tela.

L’opera d’arte esprime un messaggio, cosa vuoi trasmettere a chi contempla le tue opere?

Credo che l’opera pone a chi la osserva delle domande: sia sulla propria natura di opera, sia proiettivamente sulla natura di chi la osserva, che si sente in qualche modo rispecchiato, messo in questione, quasi che l’arte potesse scrutare dentro chi la osserva e indagarne l’origine, il punto di contatto con ciò che chiamiamo ‘vita’.

Le opere, così come l’Acqua e l’Arte, invitano a contemplare, a spogliare le vesti della ragione e ad esplorarle ed esplorare affidandoci al nostro sentire.

In una goccia d’acqua si trovano tutti i segreti degli oceani.

(Kabil Gibran)