Focalizzare lo sguardo sull’ identità fotografica, sull’esperienza estetico-artistica e sugli oggetti e le forme è cosa complessa, richiede studi e ricerche, indagini e creatività. In quest’ottica si snoda la mostra “Weston. Edward, Brett, Cole, Cara. Una dinastia di fotografi”, curata da Filippo Maggia (catalogo Skira) in corso al Museo Santa Giulia di Brescia fino al 28 agosto nell’ambito di “Brescia Photo Festival”, la rassegna promossa da Comune, Fondazione Brescia Musei con Ma.Co.f - Centro della fotografia italiana, il cui tema è Le forme del ritratto.

L’esposizione presenta per la prima volta 40 fotografie di Edward Weston (1886-1958), tra i più grandi maestri del Novecento, accanto ad altrettante opere dei figli Brett e Cole e della nipote Cara.

Approdato giovanissimo alla fotografia Weston si specializzò nel ritratto e in seguito nella fotografia artistica. Dal 1923 al 1926 visse in Messico e divenne amico di molti artisti del Rinascimento messicano. Di Weston è la singolare chiarezza dalle forme, motivo per cui ogni zona dell’immagine deve essere nettamente stagliata con materiali e strutture che si spingono al fascino dell’illusione. Non è un caso se nei suoi paesaggi tutto risulta essere nitido - dall’immediato primo piano alla più lontana distanza - come dimostrano i ritratti plastici o i nudi, le dune di sabbia, gli oggetti o i vegetali trasformati in sculture. Fissando la natura e inseguendo l’istante in cui l’illuminazione porta alla propria intensità la materialità del mondo, Weston dimostra la maniera in cui il mezzo fotografico può rivelare corrispondenze e analogie tra una foglia e un drappeggio, i colori del corpo e la polpa di un frutto. Il taglio, la tematizzazione, l’indagine sulla forma e l’acuta visualizzazione caratterizzano ritratti e corpi: Diego Rivera, “Rose” o Tina Modotti, e i nudi le cui forme si snodano tra intrecci e pieghe suadenti, posture eleganti quali simboli di una seduzione che nei paesaggi “Dunes” (1936) ritrovano nuove forme e insenature di una corporeità estetica e paesaggistica. E quale altro straordinario oggetto della rappresentazione westoniana sono le conchiglie in primissimo piano e i celebri vegetable - peperoni, carciofi, cavoli – o di uno sguardo su identità e alterità di estremo fascino.

“Pepper” o “bananas” quale antropologia dell’oggetto, espressione di una potenza visiva di straordinario effetto. E accanto alle sublimi immagini di Edward sono le poetiche fotografie dei figli Brett e Cole. Il primo tutto rivolto al paesaggio con suggestive immagini quali “White Sands” , “Dunes and Clouds” (1947), “Garrapata Beach”, “Abstract (Reflection), 1973”. Forma/astrazione/concettualizzazione o di una visione che assume dinamismo e stupore, dettaglio e intensità. E su analoga lunghezza d’onda, con variazioni e analogie è anche Cole e la figlia Cara tuttora in attività. Così se in Cole lo scarto è dovuto all’annessione del colore, che rende l’immagine strutturata in una prospettiva dai paesaggi trasfigurati, in Cara vive un trionfo magico del dettaglio e del profilo visivo con luci e caratteri spettacolari – “Dune Ridge II”, “Mono Lake # 8”, “Cactus, Arizona”, “Cactus Patterns”, “Dune Light, Oceano (2018), in una sorta di quinta teatrale dove coltivare l’amore per la natura e le sue sublimi forme.