Ad inizio 2020 scrissi, tra queste pagine, Il ritorno dell'Impero. Eravamo ben prima dell'attuale guerra imperiale e gli accordi tra Impero celeste, russo e ottomano precedenti e conseguenti il conflitto.

Ma quali caratteristiche ha l'Impero?

Innanzitutto, come ben rappresenta la foto dell'articolo, è maschio. Mentre la democrazia è femmina. Non è un caso che per valutare il grado di democraticità di un Paese si consideri la partecipazione femminile nella vita politica.

Impero maschio quindi militare. Ha un suo esercito ai confini non più per conquistarli ma per riprenderli. Quindi, nostalgico. Vale non solo per la Russia di Putin che si fa fotografare con la bandiera di Pietro il Grande alle spalle ma anche la Cina di Xi Jinping che detta i compiti a Hong Kong mentre sorvola militarmente Taiwan.

Maschio, nostalgico e militare. Putin era a capo del Kgb con il grado di tenente colonnello. Il militare Xi Jinping è a capo della Commissione militare centrale mentre Erdoğan pronunciò parole militari durante la sua carriera politica che gli costarono quattro mesi di carcere. Sono i versi dello scrittore Ziya Gökalp: “Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e i fedeli i nostri soldati...”. Insomma, non lasciava certo presagire un futuro da figlio dei fiori.

Insomma, l'Impero è maschio, militare, nostalgico, in continua espansione. Il limes, la frontiera, è mobile e non tollera i popoli che non poggiano le proprie fondamenta su dio, patria e famiglia. I nomadi per Hitler e i curdi per Erdoğan sono popoli senza confini. Un po' come le farfalle che vanno al di qua e là al di là del filo spinato e ciò scombina la mappa mentale di colui che non ha un pensiero complesso. Il Patriarca della Chiesa Ortodossa ritiene l'attuale guerra contro l'Ucraina una difesa della famiglia dal dilagare dei diritti civili come se l'orrore fossero due persone dello stesso sesso che si vogliono bene e non il bombardamento di condomini ed asili.

Gli stati democratici e liberali sono nati nel 1648 con la pace di Vestfalia. Questa sanciva un unico attore della politica, dotato di rappresentatività verso l'esterno e del monopolio della violenza legittima all'interno. Lo Stato armato, confinario, burocrate non fu però la risposta esatta per dare ad ogni nazione-popolo una terra pur con la sacra autodeterminazione dei popoli sancita dalla Carta dell'Onu in quanto gli Stati sono 200 ed i popoli 2000 come afferma Galtung. Se dovessimo dare ad ogni popolo uno Stato ci mancherebbero 1800 guerre. Quindi, la vera rivoluzione nonviolenta è data dal riconoscimento delle autonomie delle terre di confine i cui stili di vita, lingue, tradizioni assomigliano al di qua e al di là del limes.

Il paradosso storico è che a riconoscere queste autonomie territoriali fu in primis un Impero che aveva tutti i difetti dell'Impero ma riguardo le minoranze era piuttosto illuminato. Era l'Impero Austro-ungarico. Alcide De Gasperi, prima di diventare premier dell'Italia democratica (posizione che gli permise di scrivere il De Gasperi-Gruber per l'autonomia del Trentino-Alto Adige valorizzando le minoranze etniche come il popolo ladino, mocheno, cimbro e italiano in terra di lingua tedesca) fu prima un deputato del Parlamento di Vienna dove lottò per una maggiore autonomia finanziaria del Sud Tirolo. Quest'autonomia potrebbe essere d'esempio per molte terre di confine. Dal Nagorno Karabakh sino all'Ossezia e l'Abcasia o il Tibet se ci spostiamo dall'influenza russa a quella cinese.

Per cui l'Impero è maschio, militare, nostalgico, in espansione continua ma soprattutto totalitario. Insomma, fatica a riconoscere la complessità della diversità. E allora semplifica. Qui ci stanno i bianchi e lì i rossi. Sarajevo era la culla del multiculturalismo ma per alcuni non era chiaro chi aveva diritto di stare dove. Insomma, un'innaturale necessità di schematizzare, confinare, identificare, piantare bandiere tipico del bambino non abituato a convivere in classe.

Per esempio, la Francia per certi versi è un Impero con la sua legione francese, le atomiche a Mururoa e Fangataufa, la grandeur e il veto all'Onu. Qui dopo la Rivoluzione francese non si trovarono a proprio agio le minoranze siano esse etniche o religiose. E nemmeno con molti tipi di alimentazioni diverse e allora baguette per tutti.

Il passaggio tra la neo-nascente Repubblica e l'Impero di Napoleone seguì la legge fisica di primo grado di azione-reazione.

Ma il confine tra Stato e Impero non è netto ma fluido. Libertà di stampa, autonomia dei poteri, partiti politici, non ingerenza nei programmi scolastici sono dei must ma anche qui troviamo la volontà d'esportare la propria democrazia liberale altrove. In Medio Oriente fu un fallimento. Prima a Baghdad e poi a Tripoli. La democrazia liberale va abbastanza bene a determinate latitudini ma non può andare bene in Africa, Medio ed Estremo Oriente, Sud America. Possiamo accompagnare le transizioni ma mai imporle.

Ma ciò che differenzia nettamente l'Impero, lo Stato intransigente che non permette l'espressione delle autonomie e lo Stato che favorisce autonomie e minoranze è il pensiero complesso.

Nell'Impero vige l'equazione di primo grado. Lui invade, io invado. Non si va oltre. Nello Stato liberale si sale già ad una equazione di secondo grado dove vi sono due risultati e si accompagna l'azione militare con quella diplomatica che è sempre commerciale e finanziaria. Nello Stato di De Gasperi che si muove nella complessità siamo già in un'equazione di terzo grado win win dove si creano le condizioni per una pace duratura. Dove si fondano le istituzioni a garanzia delle future generazioni.

Ebbene l'Europa attuale ove il Parlamento è votato dal popolo - caso unico al mondo - è più estesa dell'Europa di Carlo Magno e quindi è tempo di dotarsi di un proprio esercito al fine da non fungere sempre da ancella in ambito Nato ed al fine di non venire schiacciata dai neo ricostituiti Imperi. Nel contempo, deve dotarsi di una politica estera e corpo diplomatico unico. Insomma, una sorta d'Impero gentile che tiene assieme tutto. Continente, Stati, Autonomie transfrontaliere, minoranze etniche e religiose. Un esempio di convivenza tra tante intolleranze.