Le moderne ricerche scientifiche sono sempre più approfondite e rivolte alla scoperta dei segreti meccanismi biologici dell’invecchiamento. Viviamo la situazione dove abbiamo da una parte la scienza “seria” impegnata nei misteri della vita e dall’altra una divulgazione sguaiata di superficiali informazioni che alimenta una cultura pop di specialisti di long life, di integratori, di chirurgia estetica risolutiva, di consigli e rimedi a buon mercato: una corsa affannosa nel rimanere sempre giovani, ma che a fatica nasconde la nevrotica paura della morte, della vecchiaia e prospetta solo di essere dei longevi… consumatori!

Una recita che confonde i riferimenti fondamentali: il corpo non è una macchina, ma un elaborato meccanismo biologico animato da una serie di forze intellettive, emozionali e spirituali.

L’atteggiamento dell’uomo moderno è ben rappresentato dal personaggio di Faust di Goethe in tormento esistenziale tra il tempo, implacabilmente trascorso, assorbito dalla ricerca dell’erudizione e il desiderio della giovinezza, del piacere non vissuto.

Come è noto si ritrova nell’antro delle streghe e viene sollecitato a ingurgitare l’intruglio magico che dovrebbe ringiovanirlo.

Gli intrugli delle streghe sono le chimere dei rimedi miracolosi che ci vengono propinati on line, nell’alimentazione e nella cosmetica sempre più rampante, ma il rappresentante dell’Agenzia Diabolica che conosce bene, per lunga frequentazione, il mondo umano e i suoi autentici meccanismi, espone a Faust un’autentica verità, ben sapendo che l’animo umano non ama le vie noiose e impegnative, ma solo le scorciatoie illusorie e deraglianti.

C’è per ringiovanirti un mezzo naturale, [...]. Non richiede né soldi né dottori né magie: vai subito all'aperto, in mezzo ai campi, comincia a dare di zappa e di vanga, chiudi te stesso e la tua mente entro uno stretto giro d'orizzonte, nutriti con una pietanza sola, vivi bestia fra bestie e non ti vergognare di concimar tu stesso il campo dove mieti; è questo, credi, il metodo migliore per ringiovanire anche a ottant'anni!

Ma la scelta di Faust è ben diversa…

La longevità è una modalità di intensa spoliazione, di vita semplice, e si spera di pensiero elevato.

È vivere liberandosi, (o librandosi?) è saper dimenticare, è viaggiare leggeri. Alleggerirsi continuamente ed essere bulimici di una intensità di vita, di una ricchezza di entusiasmo e creatività, di amore e coinvolgimento per la vita.

È essere posseduti da una curiosità sempre vigile, da un senso di stupore, da una smania di condivisione, empatia e convivialità.

La longevità come una condizione metabolica intensa e produttiva: ingurgitare vita e non avere, se non poche, scorie metaboliche esistenziali, perché, come sottolinea l’antropologo Marino Niola:

Questi campioni di longevità sono stati troppo occupati a vivere per poter invecchiare. La vera longevità non ammette pazienza. Non concede distrazioni né dimissioni. Casomai decelerazioni. Richiede di dosare con intelligenza il sale della vita. Senza rinunciarci per obbedire a ricette salutistiche che si preoccupano esclusivamente di aggiungere anni alla vita. E mai di aggiungere vita agli anni.

Questo élan vital ci avvicina al vero significato di quella branca della medicina ayurvedica nota come rasayana: il termine sanscrito rasayana è inteso come rasa più ayaman, dove ayaman è riferito alla modalità di migliorare, ottimizzare la quantità e la qualità dei fluidi vitali (rasa) e dei tessuti corporei (dhatu), ma annovera tra i suoi significati anche la via del rasa, la via del succo, della linfa vitale, di un liquido entusiastico, di un’ acqua rigenerante e riproduttiva.

Nessuna disciplina medica occidentale può essere paragonata a questa forma di conoscenza, il cui scopo è di opporsi al decadimento del corpo, favorendo il vigore fisico e la qualità della vita. Il rasayana è antesignano non di una moderna gerontologia, ma di una autentica via di prevenzione per invecchiare lentamente, vivere una vita sana per divenire degli anziani sani e non incappare nella “lunga vita” delle statistiche di anziani perennemente medicalizzati.

Questo è il messaggio universale dell’ayurveda: vivere una “vita sana” per arrivare a essere degli “anziani sani”. A tale riguardo, Charaka, uno dei fondatori dell’ayurveda antica, afferma: “Non fornire alla malattia motivo di manifestarsi”.

Il principale scopo dell’ayurveda è liberare le creature dalla sofferenza, facendo sì che la prevenzione diventi una vera e propria metodologia medica. Per questa ragione l’individuo sano deve essere vigile, consapevole, informato quanto lo è (o dovrebbe essere) il malato nella sua ricerca di guarigione.

Sempre Caraka, affermava già duemilacinquecento anni fa che:

Esistono due tipi di medicina: una che muove le resistenze corporee e l’altra che cura le malattie.

L’ayurveda, definita fin dalla sua nascita come “la disciplina grazie alla quale possiamo distinguere i modi di vita sani e felici da quelli malsani e infelici”, è una filosofia di vita che promuove una consapevolezza discriminante e tende a una salute perfetta.

Questa antica forma di medicina “insiste moltissimo sul fatto che la salute è, nella vita, una condizione dinamica che deve essere costantemente promossa in modo da trarne il maggiore beneficio possibile. La vita deve essere vissuta con gioia, illuminata dalla salute, altrimenti cederà il posto alla corruzione, alla malattia e alla morte” (K.N. Udupa).

Il termine “salute” in sanscrito è svastha, una parola che assume vari significati: "stabilizzarsi nel sé", “rispettoso dell’io”, o “fiducioso nei propri mezzi”. Una condizione esistenziale che viene spiegata in maniera sintetica, ma efficace da Caraka:

La salute è la base principale per lo sviluppo etico, economico, artistico e spirituale dell’essere umano.

Nella filosofia medica ayurvedica la promozione della longevità, non è fine a se stessa, ma, in chiave escatologica, deve aiutare la persona a disporre del tempo necessario ad assolvere il proprio svadharma inteso come un percorso di sviluppo interiore, di manifestazione delle proprie capacità e potenzialità, di una conoscenza e crescita evolutiva orientata verso la realizzazione spirituale, secondo le leggi universali del Dharma, ma senza rinunciare ai piaceri e alle gioie della vita (kama).

Operare per il Dharma, apre il nostro agire, ed il nostro impegno verso l’orizzonte benefico del benessere comune di tutti gli esseri viventi.