Dopo quella militare è tempo della società civile. Anzi, non è mai cessata l'azione della società civile. Non è mai venuto meno quel pluriverso di azioni dal basso che il mondo solidale ha messo in atto il day after l'invasione militare da parte della Russia verso l'Ucraina. Ai confini dello Stato aggredito sono arrivati in un primo momento vestiti, medicine e alimentari ingolfando la complessa macchina degli aiuti. Poi, in un secondo momento, le organizzazioni non governative al confine hanno fatto un appello affinché i vestiti non arrivassero più, le medicine fossero come da elenco (garze e bende valgono più della crema antiacne) accompagnate da un bugiardino almeno in inglese e gli alimentari in scatolame a lunga scadenza. Insomma, l'emergenza sul posto non doveva fare il paio con l'urgenza delle classi agiate europee che volevano approfittare del cambio stagione per “donare” vestiti o ripulire armadietti da farmaci prossimi alla scadenza. Nessuno scandalo, accade da sempre.

Ma adesso sono le istituzioni che dovrebbero rispondere mettendo in campo denaro e regia. Denaro pro civile a compensazione dello straordinario denaro pro militare e regia per coordinare al meglio un Piano Marshall pro Ucraina.

La regia spetta al commissario ad hoc nominato dalle Nazioni Unite che si muove con uno schema ben preciso e rodato che mette attorno allo stesso tavolo organizzazioni governative e non governative, fissa le priorità e aree d'intervento dove è possibile agire in concerto con il governo dell'Ucraina.

Interessante è che il denaro che le organizzazioni transnazionali come il G20 e regionali come l'Europa metterà in campo dovrà passare per il tavolo sopradescritto e non per tavoli paralleli al fine di rendere al minimo il caos che è tipico dell'intervento post emergenza. Ciò può avvenire se si conosce e riconosce l'azione compressa dell'Onu che è composta da agenzie, programmi e fondi dedicati.

Avremo quindi bisogno di denaro per i Caschi Blu che interverranno nelle zone di conflitto al fine di garantire la protezione dei civili. Sarà un intervento tardivo frutto di un accordo di pace in quanto quello tempestivo ha trovato il veto in seno al Consiglio di Sicurezza del paese aggressore.

I caschi bianchi di diversi Paesi europei potranno affiancare le organizzazioni di società civile riconosciute per ricostruire un welfare per le diverse fasce di popolazione. Sono quelle unità della società civile che intervengono nelle “aree di mezzo” tra territori in conflitto e pacificati.

Nel medio periodo si potranno attivare anche percorsi di SCI (Servizio Civile Internazionale) affinché vi siano vere e proprie ondate di giovani europei che si affianchino ai giovani ucraini nella ricostruzione del loro Paese. Inoltre lo SVE (Servizio Volontario Europeo) potrebbe ampliare i progetti che già aveva con l'Ucraina magari con un surplus di 300 euro agli attuali 100 euro di compenso perchè la controparte difficilmente riesce a dare adeguato vitto e alloggio e i giovani SVE non devono essere in alcun modo un peso economico per le organizzazioni di società civile ucraine idonee all'accoglienza.

Le scuole superiori e le Università europee potrebbero ampliare sia i programmi Erasmus plus che la conoscenza della lingua del Paese in ricostruzione con incentivi ad hoc. L'azione non si dovrebbe fermare solo all'Ucraina anche agli Stati confinanti dalla Moldavia alla Bielorussia. Il paradosso è che più uno Stato è riluttante a questa cooperazione e più ne ha bisogno. Bisognerebbe incentivare tutti i tipi di cooperazione che bypassano i governi centrali. La prestigiosa Università statale Lomonosov di Mosca, per esempio, ha condannato l'intervento russo in Ucraina con la coraggiosa firma di 4mila studenti e professori. Importante è non lasciarla sola ma intensificare ogni sorta di progetto che la colleghi al mondo.

Le Ong devono avere un canale preferenziale e sburocratizzato per agire nell'area. A tal fine l'Europa dovrebbe apprendere dall'Onu la cooperazione attraverso le Ong che sono sotto osservazione nei primi anni affinché i progetti vengano realizzati e i budget rispettati ma poi, una volta promosse sul campo, dovrebbe allentarsi la morsa burocratica delle puntuali rendicontazioni. Soprattutto in zone post guerra dove la fatturazione e la registrazione non sono così puntuali come i territori non invasi.

Le camere di commercio tra Paesi europei e l'Ucraina mettono già in relazione imprenditori locali ed europei per affrontare assieme i bandi per la ricostruzione o ristrutturazione riservando la massima attenzione alla sostenibilità secondo i principi elencati nell'agenda 2030. Dovranno essere moltiplicati le expo e le fiere campionarie di prodotti civili (non armamenti) per non isolare ma per rinsaldare i legami. L'Italia fu costruita dalle convention e solo successivamente da guerre e accordi diplomatici. Le diverse professioni nel muoversi in Italia erano stanche di pagare dazio ad ogni frontiera. Non aveva senso. Così dev'essere per l'Ucraina. Poco importa se a brevissimo non potrà entrare in Europa istituzionalmente e formalmente. Importante è che sostanzialmente sia già Europa e quindi lo scambio di persone, merci e monete s'intensifichi.