Il selciato di Via XXIV Maggio risuona di echi andalusi mentre mi dirigo verso il cuore della città vecchia. È soprattutto in questo periodo che il centro storico della mia città mi riporta ai ricordi della giovinezza e sorrido, quindi, mentre scruto le boutiques rimesse a lucido come ogni anno in occasione delle festività ormai alle porte. In una di esse era allocato il Cinema “Radium”, noto alla cittadinanza per le proiezioni vietate ai minori, un argomento che sfiorava il carattere mitologico nei sussurri studenteschi di ogni istituto scolastico locale. Oggi l’offerta - di ben altro tenore - non è occultata da un arcigno bigliettaio ma anzi affidata alla cura di avvenenti commesse che, in modalità discontinua rispetto al passato, vestono con gusto abiti alla moda e invitano i passanti ad acquisti e degustazioni con un accattivante e cortese sorriso. Ed io sono felice che, come dei vecchi amici che festeggiano una immancabile ricorrenza, la Pasqua, la bella stagione e quella turistica siano giunte tutte insieme ad annunciare il risveglio dopo un inverno sì soleggiato ma caratterizzato da brevi ore di luce e implacabili folate di tramontana.

Altre memorie: risalgo Via Galateo proprio di fronte al grande portale di ingresso a una corte dove Patrizia ci aveva ospitati in una delle solite feste che si tenevano ai tempi del liceo. I suoi genitori abitano ancora qui, dove parcheggiavamo le vespe Piaggio una a fianco all’altra - l’amica ha da tempo traslocato nella città nuova col marito e le due figlie, le cose cambiano - nei pressi del Teatro Garibaldi, gioiello cittadino anestetizzato da troppo tempo e in attesa, anch’esso, di una degna ripartenza auspicata dall’intera cittadinanza. Ed eccomi (sono davvero due passi) nella piazza principale del centro storico. Beh a dire il vero è più uno slargo che una vera e propria piazza, impreziosito però dall’incanto barocco della Concattedrale di Sant’Agata: una porzione di basolato scippata all’arteria principale - Via Antonietta de Pace, intitolata alla patriota gallipolina di origine napoletana che dedicò la sua vita all’attivismo politico e soprattutto al prossimo. Percorro dunque la linea retta che spacca e raccorda il centro storico, godendomi quella febbrile e frizzante atmosfera che sta spazzando via l’indolenza che fino a pochi giorni fa permeava vicoli e corti, negozietti e passaggi, balconi ed uffici. È per queste ragioni che i gallipolini e le gallipoline, se costretti a svelarsi, vi racconteranno di come in fondo si sentano più in sintonia spirituale con la Pasqua che col Natale. Il Natale è la festa di tutti e l’origine pagana non ne svilisce certo il significato religioso, e io vi invito a visitare Gallipoli anche durante l’Avvento. Ma è durante i riti della Settimana Santa che conoscerete realmente lo spirito della città salentina, recuperando in extremis una originalità che tanto ha perduto nelle ultime decadi, stemperata da un turismo di massa che ha radicalmente trasformato la quotidianità di questo lembo di terra non adagiato lungo la costa ma perpendicolare ad essa- un’urbanizzazione dettata dalla morfologia del territorio e da cui derivano innumerevoli conseguenze, prima tra tutte una estenuante esposizione ai venti a prescindere dal quadrante di provenienza e soprattutto una circolazione stradale priva di sbocco in uscita che, specie in estate, porta ad esasperare gli stili di guida locali già normalmente improntati a soluzioni estremamente creative (a Gallipoli guidiamo male e parcheggiamo peggio, tenetelo a mente quando ci verrete in vacanza).

Giusto il tempo di adocchiare la casa dove viveva con le due sorelle Don Cesario, il parroco che ha sposato mamma e papà e che ci ha lasciati trenta anni fa proprio durante il periodo pasquale, ed eccomi all’estremo lembo dell’isola che costituisce il centro storico di Gallipoli: la Riviera Nazario Sauro è l’ultima propaggine del territorio cittadino, dove le mura a strapiombo si arrestano bruscamente in un inchino mozzafiato innanzi all’Isola del Campo, allo Scoglio dei Piccioni e soprattutto all’Isola di Sant’Andrea, il bianco faro che svetta in lontananza non più suscettibile di gite e scampagnate come un tempo. Il Parco Regionale di Punta Pizzo e Isola di Sant’Andrea ne tutela infatti l’intero perimetro in quanto sito di nidificazione del gabbiano corso. E’ questo il panorama di cui godo quotidianamente nel periodo estivo, quando come tanti altri residenti locali si riesce a trovare lavoro grazie al massiccio afflusso turistico, una parentesi in cui Gallipoli si scuote di dosso il torpore e diviene meta prediletta di numerosi visitatori italiani e stranieri, un’ondata travolgente che si placa alle porte d’autunno quando si ritorna, dopo tre mesi di ritmi infernali, a un tran-tran più sostenibile.

Ma oggi sono qui per un motivo speciale: finalmente, dopo due anni sventurati, i riti della Settimana Santa vengono ripristinati in toto. Una vibrante allegria pervade chi dispiega tovaglie, chi armeggia con le suppellettili, chi parcheggia il furgone per effettuare consegne. La spiaggia della Purità, l’emblema dello charme del centro storico di Gallipoli, appare di dimensioni oceaniche; persino le sfumature del mare oggi sfavillano più intensamente (qualcuno ha già cominciato i bagni) e l’orizzonte sussurra promesse che parevano inimmaginabili fino a due mesi fa. Sovrastante la spiaggia anzidetta sorge l’omonima chiesa: la sobria facciata bianca, abbellita da maioliche che rappresentano San Giuseppe, San Francesco d’Assisi e appunto la Madonna della Purità, non lascerebbe intuire lo splendore dell’interno, la più gradita delle sorprese per il viandante che non si accontenti di godere dello strepitoso spazio all’aperto antistante alla chiesa.

Che Pasqua sarebbe quella di Gallipoli senza le confraternite? Avete presente quei tizi incappucciati in abito lungo che sfilano in processione per commemorare Morte e Passione del Cristo? Forniti di strumenti tradizionali e muniti dell’immancabile croce personificano i riti della Settimana Santa, impregnando della loro aura mistica e vagamente inquietante le stradine del centro storico mentre tutt’intorno migliaia di fedeli, semplici curiosi, turisti e residenti abituali si scansano per consentire loro di calcare i vicoli che al loro passaggio sprofondano immancabilmente in un religioso silenzio.

Gallipoli è una costellazione che risplende lungo tutto il corso dell’anno. Certo, d’estate le spiagge offrono il meglio di sé ma il vero gallipolino denomina “bagni della salute” quelli che iniziano al termine della tradizionale stagione turistica. Nuotare dopo le festività natalizie a dirla tutta può risultare proibitivo, ma l’inverno gentile che regala tonalità ineguagliabili e il poter avere le spiagge tutte per sé valgono il prezzo del biglietto anche nell’intervallo tra Natale e Pasqua. A maggio i turisti devono ancora arrivare e i bagni sono già cominciati, mentre l’autunno consente un ménage quasi estivo senza dover affrontare temperature insostenibili. Ma a chi mi chiede quale sia il periodo migliore per recarsi a Gallipoli io rispondo, da sempre: “Il Giovedì Santo”. Eh, sì… non vi è un giorno ugualmente speciale, sentito, atteso e vissuto così intensamente come il Giovedì di Pasqua a Gallipoli. Gli studenti hanno giusto iniziato le vacanze pasquali e gli universitari sono appena rientrati in famiglia; le celebrazioni rituali sono al culmine e la stagione turistica riparte ufficialmente. Ci si ritrova dopo l’inverno e si riallacciano quei contatti che la frenesia del quotidiano ha relegato a laconici messaggi o sintetiche mail. Per chi è persona di fede il nucleo della venuta di Gesù Cristo si trasfigura in tragedia e quindi nella Speranza suprema, i non credenti si ritrovano coinvolti in un fermento che rigenera ogni spirito, i parenti si riuniscono, gli amici si aggiornano, e per un ristretto numero di giorni-ma percepito come immensamente dilatato nel tempo- ciascuno si ritrova protagonista di processioni, riti devozionali, celebrazioni continue, per tacere della fine del periodo quaresimale, sorta di salvacondotto generale che giustifica i tipici eccessi delle feste- se capitate a Gallipoli in questo periodo dovete assaggiare gli agnelli di pasta reale: la pasticceria locale è altamente rinomata ma queste delizie del palato sono anche delle straordinarie creazioni artistiche.

La confraternita della Purità, come ogni altra del resto, ha il suo punto di riferimento nel Priore: Mino Maggio mi accoglie all’interno della chiesa, un regalo straordinario perché per noi gallipolini è assai raro poter godere delle bellezze di casa nostra senza doverle condividere coi numerosi turisti che le scoprono e riscoprono sempre più. E mi godo, così, questi lunghi istanti di silenzio, ingannando me stesso come se queste tele superlative e lo sfarzo abbagliante del decoro interno fossero state predisposte esclusivamente per la mia visita.

Aneddoti e leggende non mancano riguardo a tutte le altre otto confraternite che rivitalizzano un centro storico che va sempre più spopolandosi, ma se ho scelto di raccontarvi della Purità è perché uno dei confratelli, Giovanni, che ne fa parte, ha sposato una mia amica storica, Mery. Le amicizie nascono così, da un’intesa silente che il tempo trasforma nel piacere di condividere la quotidianità e soprattutto in un legame duraturo che permane solido a dispetto dei chilometri e delle scelte di vita che portano ciascuno di noi sul proprio percorso. Ecco perché mi reco con piacere a casa di Mery: situata in posizione scenografica di fronte alla Chiesa di san Francesco d’Assisi, al cui interno è situata una statua del cattivo ladrone (chiamatelo “U mallatrone” in presenza dei gallipolini) che ha sedotto nientemeno che Gabriele D’Annunzio, la frequento sin da quando, ragazzino, seguivo le performance di suo fratello Giorgio, batterista di talento che insieme con altri amici formava una band ormai disciolta da anni ma di cui ancora si rumoreggia tra chi è nato in tempi meno recenti. La sua famiglia mi ha sempre accolto calorosamente, un benvenuto dal significato assai speciale. Dovete sapere infatti che c’è una differenza invalicabile tra i gallipolini originari del centro storico e quelli nati al di là del ponte che collega la città vecchia (di fatto, un’isola) al borgo moderno. Chi ci è nato, a “Gallipoli vecchia”, ne è proprietario e possessore per sempre; tutti gli altri possono al massimo aspirare ad essere ospiti bene accetti, ché nemmeno se ti compri la casa tra le viuzze tortuose o vista mare ti verrà mai concessa la cittadinanza.

Qui si tratta di genealogia storica e di appartenenza urbanistica, il resto non conta. E così insomma io che sfido le folate del centro storico e continuo a perdermi tra i vicoli sin da bambino mi sento cittadino onorario proprio quando risalgo la sontuosa scalinata che dà accesso e casa di Mery e Giovanni, aggiorno la mamma di lei sulla mia vita e mi informo sulle imprese scolastiche e musicali di Simone, l’erede dei miei amici, che sulle orme dei genitori vive in simbiosi con questa dinamica cittadina così esclusiva. Lo osservo mentre si racconta con entusiasmo ragguagliandomi su scuola, le processioni e la confraternita della Purità, e mi chiedo se tra qualche anno sceglierà di giocarsi la propria realizzazione personale qui a Gallipoli o se, come molti suoi concittadini prima di lui, andrà ad arricchire un altro territorio lasciando dietro di sé l’ennesimo rimpianto per un luogo incantevole ma che fatica ad assicurare un lavoro costante ai suoi residenti.

Ma ora è tempo del mio rito personale: la visita a casa dei miei amici non è completa senza che mi affacci su di un balcone da cui si gode la più splendida delle vedute sulle isole di Gallipoli. Ne circolano miriadi, di foto, che ritraggono i panorami del centro storico della cittadina ma credetemi: quella che mi manda in estasi ogni volta che vengo qui è la più straordinaria di tutte!

Il tempo fugge e il Giovedì Santo è alle porte: a giorni sarà tempo di intraprendere quella sorta di pellegrinaggio rituale tra le varie chiese del centro storico condividendo con l’intera cittadinanza quello che è l’evento più atteso del ricco calendario di manifestazioni che caratterizza Gallipoli. Sono consapevole che la fama della mia città sia legata a spiagge stupende, un mare meraviglioso e uno stile di vita rilassato. Ma se scommetterete sulla Pasqua allora scoprirete una Gallipoli autentica, verace, tradizionale e ancor più accogliente di come la ricordavate. Cosa aspettate dunque? È arrivato il vostro turno…