La pelle del maschio è l'arte rivelata del suo narcisismo e della comprensione che l'esame sociale gli accredita.

Sempre più l'anatomia scoperta è il tema dell'abito, o della sua assenza che diviene presenza scenica educata alla scuola della forma dello stile.

Villoso o glabro il maschio si racconta senza pudore negli sguardi del pubblico come in quelli più consueti del privato: con un'attenzione alla massa corporea che si stilizza, o si conforma alle pulsioni della gola, per una multiforme propensione ideale oltre le vertiginose altezze a cui le passerelle della moda ci hanno abituato.

Le sue fasce muscolari e gli accenti pronunciati e tonici di una coltivata curvilinearità sono la forza della tradizione ritrattistica ed espressiva di un archetipo al quale, sempre più, si accosta la verità della scena anatomica terrena, in contrapposizione all'artificio di una vita di plastica e steroidi.

Pelo e naturalezza, giovinezza che rasenta l'arresto al solo indugio dello sguardo sulla pelle, o maturità degna delle tavole della legge, si contendono la scena con fiera consapevolezza e noncuranza del giudizio.

Il candore del tempo andato, che dichiara il tempo in scadenza, così come quell'acqua evaporata che lascia ombre profonde sui tratti del volto e rallenta, con indifferenza, la motorietà del corpo, sono gli addizionali dell'estetica maschile, fuori schema in questo scorcio di secolo, secondo una moda condiscendente alla natura.

Ogni porzione fisica dell'uomo è manifesta per la fierezza dell'esistere nella consapevole dose del vanesio che gli appartiene o solo per il bisogno di rintracciare il parametro del vero che lo attraversa.

Il prossimo Autunno-Inverno contestualizza la moda maschile nei modelli umani e comportamentali di Gvasalia per Balenciaga e di Miuccia Prada e Raf Simons per Prada ma anche negli accenni muscolari di matrice “fetish-onirico-genitale” di Van Beirendonck, e nell'impressionismo-anatomico di Glenn Martens, per Y/Project.

Il corpo del maschio rintracciato in queste presentazioni è sviluppato nelle protrusioni ingravidanti di un eros apparentemente teso ed impertinente che si sviluppa negli eccessi volumetrici e nella loro assenza.

Suo è lo sfrontato esercizio di una spalla possente che sorregge e penetra. Sua è la postura di chi sa condurre ma ti può tradire con il suo stesso riflesso.

L'osservatore che si riflette in queste immagini legge un maschio che porge letteralmente “il fianco” al suo sguardo, oltre i principi della termica stagionale.

In tale dimensione si muove il narcisismo contemporaneo perchè accelerato dalle dimensioni surrogate della realtà digitale che tanto concedono al libero arbitrio.

Ecco, dunque, l'abito del nudo che l'abito non porta ma che si veste della storia di quest'esperienza, che è più abito dell'abito stesso, e che ben si era esemplificato, nel 1971, attraverso l'occhio di Jeanloup Sief sul divino Saint Laurent.

Ignudo ma vestito dal suo “Io”, innalzato a divinità sulla pelle di un cuscino, osservatore, “osservato”, nel suo sentore mascolino e al contempo ibridato dal bagliore della cronaca come Yves più di Yves.

Lo spazio che in questo celebre scatto, si apre sulla pelle stessa del creatore di moda rappresenta la sua densa percezione epidermica del sociale, la sua struttura e matrice visiva che attraversa il sogno come patrimonio comune: ideale e al contempo umano oltre lo stereotipo.

Come la fotografia anche i tagli sartoriali posseggono il valore dell'inquadratura: sono squarci che oggi abbandonano il concetto di congiunzione tra lembo e lembo e sposano l'abbandono in funzione dell'accesso alla forma che l'abito ricopre o semplicemente porziona, incornicia, rivela.

Il Nude Look che tanto poté, tra 1966 e 1968, rivoluzionare la configurazione del corpo femminile agli occhi del mondo, attraverso il suo più acuto cantore (il sopra citato YSL), oggi investe l'universo maschile con la forza di un New Look che riporta il trapezio del torso, in primo piano, nel modellato sartoriale maschile.

Giacche sciancrate, come il celebre modello femminile “Bar”, di Christian Dior, del 1947, rieditato oggi per la storica maison, da Kim Jones, direttore creativo delle linee maschili.

Un gentleman che possiede l'androginia di Marlene Dietrich, affezionata cliente di casa Dior, che aveva a suo tempo ispirato la Maison Saint Laurent, che la vestiva dei suoi celebri tailleur pantalone, per il modellato della sua prima collezione maschile, che uscì, guarda caso, nell'anno in cui il suo fondatore si rivelava al mondo senza veli.

Le forme della teutonica diva divennero a quel tempo l'espediente per esaltare nel “Drop” accentuato un trapezio “virile” su cui volteggiare ed indugiare.

Oggi, il marchio Loewe, attraverso la mano di JW Anderson, aggiunge un tassello a cotanta impresa vivificatrice del maschio, oltre lo stereotipo, affrontando il concetto di meta-corpo. Esorcizzando le temperature della stagione fredda, attraverso la riproduzione, in forma di stampa, dell'anatomia maschile sul jersey o regalando al maschio una tenuta da spiaggia marcatamente gipsy.

In proporzione reale, Anderson, “spoglia” l'uomo di un altro corpo, fotograficamente sovraimpresso e geometricamente connesso ai punti che in immagine descrive e ricopre, mostrandolo svestito senza esserlo.

Più autentica di quella celata la forma anatomica è perfettamente onnicomprensiva del tutto e di dove esso si trova per ordine costituito, e così reale da regalare all'occhio la percezione di un maschio a torso nudo o in mutande senza che di fatto lo sia.

Porzioni epidermiche disvelate del gesto di chi spavaldo solleva una maglietta per mostrare fieramente il petto: effetto ottico dovuto ad un'impressione, un trompe l'oeil che libera la mente dalle convenzioni avviate.

Il maschio di oggi parla di una forza nuova che esibisce il vezzo fisico come percorso di virile coscienza della sua sperimentazione estetica: per dire che maschio è tutto come tutto è femmina.

Quel tutto che si avvale però del più collaudato apparato psicologico femminile, storicamente allenato all'approccio al maschile nella battaglia per la conquista di una pienezza espressiva troppo spesso negata, e che oggi investe “Adamo” nel vestirsi di quel colore dell'io che adotta materiale, taglio, e ogni stadio e stato fisico, per rintracciarsi oltre il ruolo e l'appartenenza sociale.

In questa logica le cosce e i polpacci esplodono all'occhio nella loro epidermica verità così come le ascelle e i peli che si avviano nell'iride di chi li scorge per parlare delle lecite profondità esperibili, sino ai loro più intimi umori.

Il petto assume la naturalezza che il respiro gli regala: non è più un tratto anatomico che contempla gli schemi formali ma piuttosto racconta la forma nella sua sostanza emotiva e polmonare.

Il torace maschile emerge nudo nell'esercizio del libero esserci senza doversi giustificare: disvelato alle coperture del pudore dell'occhio altrui perchè appagante per sé o per l'altro che ci tende la sua compiacente, quanto sino ad ora scomoda, verità.

Il maschio con il calzone corto rivela le gambe e la loro palpabile energia con la dignità di un centurione romano avvolto da un insieme sartoriale regalatoci, con il suo stile, da Thom Browne: un nuovo formale che con schiena, glutei, braccia addome e pettorali, chiude la diatriba sul bisogno di mostrare e vedere che, di fatto, appartiene ad entrambi i sessi, e ad ogni inclinazione umana.

Il torace nudo dell'uomo, lasciato scoperto sino all'anca nell'oltre dell'inguine, così come i capezzoli e le scapole, hanno ragione sui modelli sessisti imposti nel passato e riferiti, arcaicamente, per lo più alle donne o ai rappresentanti di un mondo ritenuto poco serio.

Questi aspetti anatomici ora sono temi da narrare e trovano lirica declinazione al maschile per il gusto del maschile e di una esperienza più libera della propria forma, senza l'ostensione di un cartello ma come indole ed attitudine.

Nel panorama musicale figure come Travis Scott, Sam Smith, Harry Styles, o gli italiani Måneskin raccontano di generazioni che hanno sfidato il senso del decoro per portare il medesimo ad una formula di nuova proporzione e significazione qualitativa.

Questa revisione dell'uomo, neutralizzato dal machismo, e avviato al virile nel suo carattere più autentico e nobile, s'innesca nella modernità di un “neo tribale” il cui simbolismo si riconosce nelle possibilità di accesso al fisico, come acquisizione culturale, e patrimonio di un nuovo erotismo che dialoga sulla sua alterità, e sulla sua fruibilità, attraverso la libera inclinazione verso se stessi e quanto di noi più ci somiglia, ed attrae, senza però dimenticare che tale strada è percorribile, da ognuno, nel rispetto dell'altro.