La pandemia ha reso indispensabile ripensare l’organizzazione del servizio sanitario, per superare i modelli di cura tradizionali ed offrirne di nuovi, nei quali il distanziamento non rappresenti una barriera, ma una opportunità.

Ciò che identifica la telemedicina è il prefisso “tele”, ovvero la distanza tra l’assistito e l’operatore sanitario che eroga la prestazione, indipendentemente dalla tecnologia con cui si realizza il contatto. Le tipologie previste dalle linee di indirizzo nazionali del Ministero della Salute e approvate dalla Conferenza Stato-Regione sono:

  • televisita;
  • teleconsulto;
  • teleconsulenza;
  • teleassistenza delle professioni sanitarie (infermiere, fisioterapista, logopedista, ecc.);
  • telerefertazione;
  • teleriabilitazione;
  • telemonitoraggio.

La telemedicina può essere effettuata in tempo reale, per esempio, nel caso della televisita (definita come atto medico in cui il professionista interagisce a distanza con il paziente) oppure del teleconsulto tra medici, ma anche in modalità asincrona, mediante le tecnologie store-and-forward che permettono di raccogliere i dati dei pazienti e di trasmetterli su piattaforme digitali, certificate secondo criteri tecnici ed organizzativi conformi al GDPR, a cui i professionisti possono accedere in qualsiasi momento. Le piattaforme digitali dovrebbero consentire l’interazione a video per le televisite ed i teleconsulti e lo scambio di informazioni in totale sicurezza, agendo da sistema di raccolta dei dati provenienti dalle diverse fonti per realizzare una conoscenza “panoramica” del paziente e rendere tracciabili le attività effettuate, per la sicurezza del paziente e la rendicontazione a fini amministrativi.

Il telemonitoraggio domiciliare può essere svolto mediante dispositivi indossabili o smartphone, utilizzabili dal paziente o dal care giver, che permettono di controllare parametri biologici fondamentali come la frequenza cardiaca, la saturazione di ossigeno, l’attività elettrica cardiaca, la pressione arteriosa, il peso corporeo, l’attività respiratoria, la glicemia. I software, mediante algoritmi di intelligenza artificiale, possono anche fornire informazioni decisionali immediate, ad esempio, l’interpretazione dell’Ecg. In caso di variazione dei sintomi o di valori alterati o critici secondo soglie prefissate, il sistema può attivare alert e messaggi automatici per richiedere una visita in presenza, in ambulatorio o a domicilio o, nei casi più gravi, l’intervento dei servizi di emergenza.

I vantaggi della telemedicina sono:

  • protezione reciproca di medico e paziente da malattie infettive;
  • possibilità per il medico di seguire i pazienti in isolamento;
  • risparmio di tempo (spostamenti, sala di attesa);
  • tracciabilità dei dati (riconoscimento economico, continuità assistenziale, aspetti medico-legali);
  • possibilità di teleconsulto per una seconda opinione;
  • maggiore possibilità di gestione autonoma della propria salute da parte dei pazienti;
  • riduzione barriere di accesso per gli abitanti di zone rurali o remote e soggetti con limitata mobilità;
  • raccolta di dati in precedenza non disponibili;
  • condivisione di referti, documenti, ausili educazionali (video, app);
  • possibilità di monitoraggio di parametri biologici.

Non sono peraltro assenti le problematiche; i limiti all’utilizzo della telemedicina sono:

  • arretratezza nella cultura digitale da parte degli operatori sanitari e dei pazienti/caregivers;
  • organizzazione dei servizi arretrata (es. software, piattaforme dedicate, strumenti di telemonitoraggio);
  • problemi tecnici, ad esempio, caduta della linea, immagini di cattiva qualità nelle televisite;
  • limitate evidenze su affidabilità, validità dei dispositivi;
  • disomogeneità delle reti di telecomunicazione e mancata integrazione tra diversi ambiti sanitari;
  • difficoltà di utilizzo nella pratica clinica quotidiana;
  • rischio di ipermedicalizzazione (sovra diagnosi e sovratrattamento);
  • possibile falso senso di fiducia nell’autodiagnosi e autogestione da parte del paziente;
  • aspetti etici e regolatori: problematiche di sicurezza e privacy;
  • scarsi investimenti da parte delle istituzioni;
  • rischio di prevalenza del dato sulla clinica.

Una barriera all’utilizzo della medicina digitale è sicuramente il digital divide, cioè la tendenza a escludere i pazienti non padroni della tecnica, anziani ma anche persone con basso status socio-economico. Negli USA è stato documentato, ad esempio, un elevato livello di disuguaglianza nell’utilizzo della video-tecnologia a fini medici. Anziani, non bianchi e non assicurati avevano una probabilità del 40-60% più bassa di utilizzare la video visita rispetto ai giovani, bianchi e assicurati. Ciò rappresenta un tema di primaria importanza, un problema di equità e di garanzia di accesso alle stesse opportunità, che rischia di confermare/accettare la realtà di popolazioni fragili “inesistenti”, escluse anche dalla medicina digitale.

La tecnologia deve essere a disposizione delle persone e non viceversa

La telemedicina non deve essere considerata un’entità “aliena” rispetto alla medicina tradizionale, riservata a pochi eletti, ma una risorsa di grande importanza e utilità in determinate situazioni. Per questo è necessaria una integrazione non solo tecnologica ma anche organizzativa, mediante un approccio di sistema che preveda un parallelo potenziamento della medicina territoriale e lo sviluppo di progetti di miglioramento dell’assistenza che tengano conto delle effettive necessità dei pazienti, anche extra-cliniche (psicologiche, sociali, familiari, di svantaggio economico o culturale, logistico), che influiscono fortemente sulla gestione clinica.

I pazienti, in gran parte non alfabetizzati sul piano digitale, devono essere formati ad un uso corretto della tecnologia, ad esempio, conoscere il rischio di falsi positivi e conseguenti falsi allarmi. Si deve inoltre evitare che gli assistiti possano confidare eccessivamente nell’auto-monitoraggio e nelle diagnosi “fai da te”, poco attendibili e comunque non desumibili semplicemente dall’analisi dei dati. È pertanto auspicabile (indispensabile?) una collaborazione tra i clinici e gli sviluppatori per integrare le possibilità della tecnologia con l’esperienza della pratica, per rispondere ai bisogni delle persone e alle loro reali necessità di cura. La nostra identità è ancora fondamentalmente analogica, pur in un mondo sempre più digitale.

Conclusioni

La direzione di massima è segnata, i dispositivi prima o poi diventeranno affidabili, probabilmente in forme che al momento non sono nemmeno ipotizzabili, e troveranno sicuramente indicazioni di utilizzo, almeno in pazienti e contesti selezionati. Il medico deve avere un approccio costruttivamente critico per utilizzare le enormi potenzialità della telemedicina ma anche conoscerne i limiti. Sicuramente la medicina non potrà mai essere soltanto virtuale né affrontabile unicamente con sensori o algoritmi. L’auspicio è che non tanto la tecnologia cambi la medicina ma che il sistema valoriale della medicina (uguaglianza, bisogni reali, accessibilità, continuità di cura…) possa “modulare” la tecnologia. Questa dovrebbe essere la vera innovazione, ad alto valore aggiunto, flessibile, potente ed economica, orientata ai bisogni veri delle persone.

Bibliografia

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