Parleremo oggi di una pala d’altare dipinta dal pittore Lorenzo Monaco nel 1413 per la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Firenze, sede fiorentina dell’Ordine Camaldolese. Partiremo da quest’opera per parlare della caratteristica principale che dovevano avere le pale di altare ed i dipinti, che si trovavano all’interno delle chiese in quel periodo.
La maggior parte dei credenti erano infatti analfabeti, non sapevano né leggere né scrivere ed era quindi compito del pittore metterli in condizione di capire ed interpretare quello che vedevano. La pala doveva essere come un film che si svolgeva davanti gli occhi del credente.
Una tavola completa doveva essere, quindi, formata da tre parti: le cuspidi in alto, la parte centrale e la predella in basso. Il film aveva inizio nelle cuspidi, nelle quali il pittore dipingeva l’inizio della storia, il prologo. Nella parte centrale appariva invece la scena principale e, infine, nella predella dei flash-back sulla vita del protagonista o della protagonista dell’opera.
Se guardiamo questo dipinto di Lorenzo Monaco ci rendiamo conto che il personaggio principale è la Vergine. Nelle cuspidi vediamo, infatti, l’Annunciazione, il momento in cui lei diventa un personaggio divino, vale a dire la madre di Gesù. L’arcangelo Gabriele le appare alle prime luci dell’alba per annunciarle che tra nove mesi diventerà la madre del Messia.
Nella scena centrale vediamo l’ultimo episodio che conosciamo sulla sua vita, vale a dire l’incoronazione in cielo, che avviene dopo la morte terrena.
E, infine, nella predella assistiamo a due degli episodi più importanti della sua vita: la Natività e l’Adorazione dei Magi. Negli altri quattro pannelli invece Lorenzo Monaco ha dipinto quattro episodi relativi alla vita di San Benedetto; essi sono un chiaro riferimento al pittore stesso, che era appunto un monaco camaldolese, un ordine che si ispirava a quello benedettino: “ora et labora”.
Oltre alle tre parti in cui la tavola era suddivisa e che servivano ai credenti per comprendere lo svolgimento dell’azione, era importante anche l’uso di un linguaggio iconografico che servisse a far capire i personaggi che avevano di fronte.
Guardiamo le varie iconografie usate dal pittore in quest’opera e che identificano i personaggi, partendo dal primo a sinistra. Esso oltre all’aureola, che serviva ad identificare un santo, mostra delle pietre sulla testa. Sono proprio quest’ultime che ci fanno capire che si tratta di Santo Stefano, il protomartire che fu lapidato.
In basso sempre a sinistra vediamo San Benedetto con indosso una tunica bianca, tipica dell’Ordine Camaldolese; alla sua destra si trova San Pietro con la chiave del Paradiso nella mano destra e San Giovanni Battista, che indossa un manto di pelle di cammello e tiene una croce astile nella mano sinistra. San Giovanni Battista è il patrono di Firenze e appare in moltissime delle pale di altare che si trovavano nelle chiese cittadine.
Nel gruppo di santi a destra vediamo il primo personaggio in alto a sinistra che tiene una grata; si tratta di San Lorenzo, il quale fu arso, appunto, su una grata, anche gli altri santi alla sua destra sono tutti riconoscibili grazie alla loro iconografia.
Il film, quindi, aveva i “sottotitoli” vale a dire le iconografie ed il credente era quindi nelle condizioni di comprendere tutto ciò che vedeva.
Per la Chiesa era più facile e più utile dare dei riferimenti ai credenti per interpretare le opere che insegnargli a leggere o scrivere, cosa che avrebbe richiesto molto più tempo e avrebbe distratto le persone dalle loro attività principali.