I consumatori italiani sono sempre più solleciti e sensibili alla sostenibilità dei prodotti, tuttavia i prezzi considerati eccessivi, il marketing spesso ingannevole o la bassa qualità tendono a scoraggiarli. A tracciare l’identikit dei consumatori al tempo del Covid-19 è l’EY Future Consumer Index che ha recentemente pubblicato la settima edizione di uno studio sulle opinioni, i comportamenti e i cambiamenti di oltre 14mila cittadini in tutto il mondo.

La maggior parte dei consumatori italiani afferma di prestare sempre più attenzione all'impatto ambientale (74%) e sociale (66%) di ciò che acquista, con un occhio di riguardo al cambiamento climatico (65%) e di riciclare prodotti o imballaggi dopo il primo utilizzo (85%).

Il prezzo resta però ancora il principale driver a indirizzare le scelte di consumo in quasi tutti i settori merceologici con la sola eccezione dei cibi freschi per i quali si privilegiano le caratteristiche salutari e l’origine locale.

In particolare, tra gli elementi che scoraggiano l’acquisto di beni e servizi sostenibili la bassa qualità incide per il 63%, come pure il marketing ingannevole (63%) e le informazioni fuorvianti sul prodotto (58%) oltre ai prezzi elevati (57%).

La divergenza tra la tendenza alla sostenibilità e l’effettiva attenzione al budget evidenzia così uno scarto tra la volontà di proteggere l’ambiente e gli ostacoli a un comportamento d’acquisto etico.

I consumatori, infatti, pur essendo consapevoli dell’importanza della sostenibilità preferiscono limitarsi a piccoli gesti legati all’opportunità di ricavarne un risparmio.

In cima alla graduatoria dei comportamenti virtuosi ci sono il riutilizzo delle buste per la spesa (94%), il risparmio d’energia e d’acqua (93 e 91%), il riciclo o riutilizzo dei prodotti dopo l’uso (86%) e la riduzione delle emissioni (84%).

Altre azioni più drastiche e impegnative raccolgono percentuali decisamente minori, come ridurre l’utilizzo dell’auto a favore di bici e mezzi pubblici (51%), evitare di mangiare carne (45%) e latticini (31%) e utilizzare l’energia solare per la propria abitazione (28%).

Secondo lo studio gli italiani nutrono aspettative nei confronti delle imprese che dovrebbero dunque compiere sforzi maggiori per favorire un consumo più etico. In particolare, il 72% degli intervistati sostiene che le aziende debbano proporsi come leader nel guidare le azioni positive verso l’ambiente e la società mentre una quota minore di cittadini (60%) crede che siano i consumatori a dover spingere le imprese verso modelli più sostenibili.

Le azioni richieste non si esauriscono soltanto nella maggior trasparenza (85%) delle scelte ambientali ma coinvolgono l’intero processo produttivo.

Dalle aziende ci si aspetta un comportamento etico verso i lavoratori e la comunità (84%), una produzione sostenibile (82%) e la scelta di fornitori con alti standard di sostenibilità (85%). Se da un lato per le aziende appare difficile elaborare una strategia generale, non esistendo un vero modello di “consumatore sostenibile” dall’altro la maggior parte dei cittadini sarebbe disposta perfino a pagare un premium se il prodotto riflettesse meglio i propri desideri, in particolare requisiti come l’alta qualità (48%), i prodotti nazionali (42%), prodotti che promuovono la salute (36%) e la sostenibilità (30%).

Nello specifico le imprese sono chiamate a offrire beni e servizi che rispecchino le richieste differenziate dei vari target di consumo, assicurandosi che anche le operazioni commerciali alla base del marchio soddisfino tali aspettative.

Per rispondere alle esigenze dei consumatori lo studio sottolinea l’importanza di una comprensione più approfondita del modo in cui l'esperienza della pandemia sta rimodellando gli atteggiamenti nei confronti della sostenibilità.

Una quota crescente di consumatori vuole infatti acquistare in modo sostenibile, ma ha bisogno che le aziende lo rendano possibile.