Bivacco notturno al monastero sui monti
Allungo la mano, afferro le costellazioni
Non oso parlare ad alta voce
Ho paura di svegliare chi sta sopra al cielo.

(Li Bai, Incisione su un monastero montano, VIII sec.)

Ore 22.00 di una serata qualunque. È ora di andare a letto. “Mamma, ci racconti una storia?”, chiedono le due voci come ogni sera. Lei si siede comoda e inizia a scavare nei suoi ricordi tessendo le fila di un racconto che viene da lontano, che parla di guerre e di un amore materno sconfinato, di terre sconosciute e di luoghi familiari, che intreccia mito e leggenda, epica e cultura pastorale. È la storia di Maja, la più bella delle Pleiadi, la ninfa che diede il nome alla Maiella, la montagna-madre.

La leggenda pastorale

“C’erano una volta, sui monti dell’antica Grecia, sette sorelle. Erano sette ninfe, figlie di Atlante, il titano che regge sulle sue spalle il peso del mondo, e di Pleione, la ninfa oceanica. I loro nomi erano Alcione, Maja, Elettra, Merope, Celeno, Taigete e Sterope. Oggi possiamo vederle alzando gli occhi al cielo nelle notti stellate quando si scorge chiaramente la costellazione delle Pleiadi. Tornando alla leggenda, si narra che Maja fosse la più bella tra le sorelle e che Zeus s’innamorò di lei e con lei ebbe un figlio, il gigante Ermes. Durante una battaglia Ermes venne ferito gravemente. La madre spaventata fuggì dalla Frigia, regione della Turchia, portando con sé il figlio per poterlo salvare. Arrivò sulla costa e, dopo aver attraversato il mare, giunse sulle rive dell’Adriatico centrale lungo il litorale abruzzese, ad Ortona. Decise di inoltrarsi sulla montagna per cercare l’erba miracolosa con cui voleva e sperava di salvare il figlio le cui condizioni stavano velocemente peggiorando. La montagna era però coperta di neve e questo le impediva di trovare ciò che le serviva per i medicamenti. Il tempo passava inesorabile e Maja era sempre più disperata. Non voleva perdere il suo unico figlio ma capì che i suoi tentativi sarebbero stati vani. Tornata ai piedi del suo gigante lo trovò senza vita. Per il dolore errò tra i boschi e le valli fino a quando, da lontano, non scorse il profilo del gigante addormentato che oggi è il Gran Sasso. Lì, in quel punto, stravolta dal dolore, si accasciò e si lasciò morire. I pastori della zona la seppellirono e adornarono il suo eterno giaciglio con fiori, erbe mediche e vasi pieni di metalli preziosi. Da allora la montagna prese il nome di Maiella, quella che oggi per tutti gli abruzzesi è la montagna-madre, origine della terra fertile d’Abruzzo”.

“Mamma è bella questa storia, parla della nostra montagna. Domani possiamo andare?”, sussurrano prima di addormentarsi convinti di poter ritrovare nelle morbide valli e nel profilo della montagna le gesta ascoltate pochi minuti prima.

La natura e la storia

E così l’indomani passeggiamo a testa in su, ci perdiamo tra i sentieri dove la natura fa il suo corso da millenni: grandi faggete secolari e boschi di querce, corsi d’acqua e cascate, valli e pianure, un sottobosco ricco e un sottosuolo antichissimo, una fauna protetta e selvaggia. Ci ritroviamo a guardare costruzioni scavate nella roccia a mano prima dell’Anno Mille, ripercorriamo la storia recente attraverso le voci di coloro che ricordano ancora la Seconda Guerra mondiale che qui si è fatta sentire lasciando una scia di sangue e paura ma anche di enorme resistenza e coraggio. Ci affacciamo su un crinale ad ammirare il mare, lì in fondo, a pochi chilometri di distanza e che appare chiaro con il suo azzurro inconfondibile. La montagna avvolge i sensi mentre i tanti borghi arroccati e seminascosti li accolgono a braccia aperte. Fortezze costruite a protezione di valli e piccoli centri abitati rubano i nostri sguardi. Negli occhi ancora tutta l’esplosione del verde intenso e dei colori accesi dei fiori e nelle orecchie ancora la storia di Maja. I pastori dicono che tra i boschi, quando soffia il vento, si senta il suo lamento di madre disperata alla ricerca della salvezza per il figlio che giace sull’altro crinale.

La terra e lo spirito

Qui tutto è bellezza, la Maiella è ricca di tesori. Non possiamo far a meno di pensare che stiamo passeggiando sul fondale di quello che milioni di anni fa era un mare. Proprio grazie alla sua ricchezza geologica e al sottosuolo antichissimo i 740 chilometri quadrati del Parco nazionale sono stati riconosciuti, lo scorso 22 aprile, Giornata Internazionale della Terra, Geoparco Mondiale dall’Unesco. Un’opportunità di sviluppo sostenibile per l’intera comunità abruzzese che vive nel parco istituito nel 1991 e che comprende parte dei territori delle province di L’Aquila, Pescara e Chieti. La Maiella Geopark entra così a far parte di un gruppo di 169 siti (11 in Italia) distribuiti in 44 Paesi, che l’organizzazione delle Nazioni Unite sostiene proteggendone la biodiversità e la geodiversità. Le aree geografiche che entrano nella rete globale dei geoparchi vengono gestite secondo un approccio olistico di protezione, educazione e sviluppo sostenibile. Una grande opportunità per far conoscere la storia di Maja e della sua terra.

Dalla terra allo spirito il passaggio è breve. Lungo i sentieri di Maja ci possiamo immergere nella quiete che culla l’anima. Le sue cime e le sue valli vennero scelte come rifugio di preghiera dagli uomini di fede che costruirono rifugi ed eremi scavati nella roccia integrandoli perfettamente con l’ambiente che li circonda. Umanità e natura qui si fondono in maniera perfetta. Silenzio e quiete. Qui sopra non c’è tempo per il mondo frenetico che ci si lascia alle spalle dopo aver percorso il lungo sentiero. Qui sopra non c’è tempo per le discussioni, per le polemiche, per decidere cos’è giusto e cos’è sbagliato. Qui ci siamo noi, faccia a faccia con il creato, con la potenza della natura che ci obbliga a riflettere, a meditare. Qui sembra che possa esistere un mondo giusto dove l’odio e l’indifferenza lasciano spazio all’amore e all’accoglienza perché qui, tra le braccia di Maja, tutto è bellezza.

Torniamo verso casa ogni volta un po’ più ricchi, pronti di nuovo per andare a dormire, con la certezza che anche questa notte, prima di chiudere gli occhi, ci sarà una nuova storia da raccontare ed ascoltare.

“Buonanotte bambini”.
“Buonanotte mamma”. E si spengono le luci.