Forse il nome deriva dal termine longobardo brix sinonimo di luogo scosceso, o dalla ‘brassica’ una pianta locale del passato, poco importa; Brisighella grazie alla sua posizione strategica inizia la sua storia con una piccola rocca eretta su un pinnacolo situato all’entrata della valle del Lamone, nel lontano 1290.

La fortificazione veniva ampliata pochi anni dopo nel 1310 con la costruzione di altre opere difensive su un secondo pinnacolo, nel mezzo si forma il borgo, tanto che nel 1410, la valle del Lamone è eletta contea con capoluogo Brisighella, che promuove leggi e regolamenti in proprio.

Venezia nel 1503 prende possesso della zona, e l’area viene ulteriormente rafforzata in termini di mura e di uomini, ma poi nel 1509, nonostante gli apparati di difesa, Brisighella non resiste alle truppe del Papa che saccheggiano il borgo e la rocca. Fatta eccezione per un breve periodo ‘napoleonico’, dal 1509 fino al 1860 Brisighella appartiene allo Stato Pontificio. Produzione di sete pregiate, carbone di legna, castagne, manufatti di lana, prodotti della terra e un commercio costante contribuiscono alla prosperità del borgo, che con il tempo si espande al di fuori delle mura.

Nel 1860, con la sconfitta degli Austriaci, Brisighella, come tutta la Romagna, passa all’Italia e, a parte violenti scontri tra le truppe partigiane e i nazifascisti durante le fasi finali della Seconda guerra mondiale, rimane il territorio operoso e accogliente del vecchio insediamento in stile medioevale.

La torre dell’Orologio, che fu il primo baluardo di difesa, risalente al 1290, sovrasta maestosa tutto l’abitato, e da lontano gli risponde la Rocca Manfrediana. Il complesso di questa fortezza si compone di un Torrione stile veneziano (inizi secolo XVI) e del trecentesco Torricino, edificato dai Manfredi di Faenza. Oggi, dopo un recente restauro, la Rocca costituisce un pregevole esempio dell’arte militare del Medioevo.

Centrale il paesaggio contadino con piante di ulivo, alberi, tra cui molti cipressi, ginestre, un focolaio familiare, manifesto nelle tante luci che si intravedono dalle case, accalcate tra loro; una visione poetica di ispirazione a molti artisti e scrittori del passato e del presente, tra cui Giuseppe Ugonia di Faenza, che qui aveva deciso di vivere.

Il cuore del borgo è piazza Marconi e l’originalissima via del Borgo, detta anche via degli Asini. Si tratta di una strada sopraelevata, coperta, illuminata da archi a forma di mezzaluna di differente ampiezza, che si può considerare unica al mondo nel suo genere.

All’interno dell’abitato, appena fuori le mura, si trova la chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, datata 1697, anche se la facciata è stata modificata di recente con l’aggiunta di un portone in bronzo.

Lungo la strada per Firenze, si trova la chiesa dell’Osservanza, eretta nel 1525 in nome di Santa Maria degli Angeli, semplice ma significativa nella forma e nei colori.

La sera in lontananza si intravedono le luci del borgo, come in un classico presepio, e questa atmosfera, unita alla fama culinaria della zona, porta al desiderio di piatti semplici e genuini tipici della gastronomia romagnola.

Spoja lorda

Un piatto da creare con semplici ingredienti, sfruttando un’esperienza millenaria, una pasta fatta in casa che consiste in piccoli quadretti adatti per ogni occasione, anche le più importanti come da tradizione.

Infatti, durante le feste, in Romagna è sempre un’abitudine imbastire grosse quantità di minestra per soddisfare i palati delle esigenti tavole di parenti e amici. In queste occasioni, nel passato, veniva riciclata la sfoglia e il ripieno avanzato, da qui il termine ‘spoja lorda’. Una ricetta semplice da preparare, migliore con un brodo di carne, ma anche adatta ad ogni tipo di sugo o salsa.

Ingredienti per 6 persone

Per la sfoglia:

300 g di farina
3 uova

Per il ripieno:

200 g di formaggio tipo robiola oppure della ricotta freschissima
100 g di parmigiano grattugiato
1 uovo intero
sale
noce moscata e scorza di limone q.b.

Mescolare la farina e le uova fino ad ottenere un impasto ben amalgamato e liscio. Dividere l’impasto in due parti uguali, quindi assottigliare fino ad ottenere due sfoglie con il mattarello o anche con una macchina per le sfoglie.

In una ciotola mescolare il formaggio robiola o ricotta, il parmigiano, l’uovo e il sale, la noce moscata e la scorza di limone, fino ad ottenere un composto morbido da lasciar riposare per qualche ora o anche per un giorno intero.

Mettere il ripieno sulla superficie di una delle due sfoglie, e coprire con la seconda sfoglia il tutto. Ritagliate la pasta in modo da ottenere tanti piccoli quadretti di medie dimensioni circa 2 cm a piacimento. Adagiarli poi su di un panno asciutto ed infarinato.

Cuocere in un buon brodo di carne, servire poi con una spruzzata di parmigiano grattugiato.