L'Arabia Saudita è una monarchia islamica assoluta ed è anni luce lontana dal nostro modo di concepire la democrazia; impensabile l'alternanza, figuriamoci il contraddittorio. Ma, come sostengo da tempo, più un Paese è lontano, anche nel rispetto dei diritti umani dal nostro e più va aumentata la cooperazione, il confronto.

Certo; come hanno dimostrato molti detrattori dell'unico politico italiano, Renzi, recentemente invitato a Riad, parliamo di uno dei Paesi più difficili per il rispetto dei diritti umani in quanto condanna alla pena di morte quasi 200 persone anno (184), dopo Cina (migliaia di persone) e Iran (251), seguono Iraq (100) ed Egitto. Qui, purtroppo, non c'è un trend di decrescita ma di crescita in quanto viene utilizzata come strumento politico per dissuadere gli oppositori della famiglia reale.

La sanguinosa guerra con lo Yemen, altro capitolo complesso, va compreso in uno scacchiere internazionale che vede l'Iran (in accordo con Obama, poi in disaccordo con Trump ed ora in un nuovo accordo con Biden) sostenere il “fronte ribelle - gli Huthi - del Consiglio politico supremo” che governa sulla parte più orientale dello Yemen che corrisponde ad un quarto dello Stato. I rimanenti tre quarti dello Stato vede il legittimo presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, Hadi, deposto da un colpo di stato nel 2015. L'Arabia Saudita sostiene quest'ultimo e non i ribelli assieme a Paesi europei come Inghilterra, Francia e USA. L'Arabia Saudita riceveva armi, sino alla settimana scorsa, sia dagli Usa che dall'Italia. Entrambi hanno deciso di sospenderne l'export come richiesto dalla società civile italiana, pur cercando di sostenere il governo legittimo. È una delle decisioni più sagge, frutto di un lungo lavoro legislativo, fatte dal governo Conte 2. L'Arabia Saudita spende in forze armate un dodicesimo degli Stati Uniti classificandosi comunque, assieme all'Italia, tra i 12 Paesi (su 192) che più spendono in armamenti al mondo.

Premesso e mai dimenticato questi due capitoli sui quali la diplomazia ha l'obbligo di confrontarsi, credo sia importante cooperare con l'Arabia Saudita in quanto è membro fondatore con Siria, Iraq, Libia, Egitto e Giordania della Lega Araba. Come l'Italia è tra i fondatori dell'Unione Europea. Qui si confrontano non più gli Stati ma le Regioni e le culture. Stiamo parlando del Maghreb e della penisola araba. L'Arabia Saudita ha promosso, per esempio, attraverso la Lega Araba l'iniziativa di pace israelo–palestinese del 2002 e poi rilanciato nel 2007 con il summit di Riad. E la Palestina necessita di far parte della Lega Araba per poter sopravvivere alle molte occupazioni. Inoltre, l'Arabia Saudita è uno dei principali donatori nella Striscia di Gaza. Il re saudita ʿAbd Allāh aveva investito, poco prima la sua morte, 1 miliardo di dollari in aiuti ai palestinesi proprio quando quest'ultimi si sentivano abbandonati dalla comunità internazionale.

Ma la presenza di Renzi è stata abbinata da una parola da lui stesso pronunciata: rinascimento. Non so se sia la parola più esatta per descrivere la trasformazione che l'Arabia Saudita sta subendo ma i diversi report delle Nazioni Unite ci narrano che è un Paese giovane con delle potenzialità inespresse. Quasi il 50% degli abitanti ha meno di 25 anni ed il tasso di fertilità è stimato al 2.17%); insomma, i nostri figli. Non solo ma anche un Paese istruito in quanto l’alfabetizzazione si attesta al 87,2% del totale della popolazione che se paragonata ad una generazione fa siamo in un altro mondo.

Un Paese religioso. Sede della città Santa, Mecca, e della città illuminata, Medina. Impensabile, in nome dei diritti umani violati, non cooperare con Riad in quanto solo la cooperazione può attenuare “lo scontro di civiltà” cristianesimo/islam e trasformarlo in incontro. E ciò riguarda tutto l'occidente ma in particolar modo la nazione che accoglie il Vaticano.

A proposito di accoglienza l'Arabia è accogliente. È il terzo Stato al mondo per accoglienza migranti. Dopo Usa e Germania. L'Italia che respinge a Trieste sia i migranti della rotta balcanica che quelli che tentano l'attraversata del Mediterraneo è il decimo. Parliamoci chiaro; l'Arabia ha necessità di manodopera a basso costo per la costruzione delle proprie città avveniristiche e assorbe molti rifugiati che scappano dai Paesi limitrofi. Se così non fosse, sarebbe l'Europa la meta.

Trattasi di un Paese allineato. La sua politica estera è fedele a quella Biden (a parte la parentesi isolazionista di Trump) e questo, nel ridisegnare un certo equilibrio in Medio Oriente al fine di sedare i conflitti e ridurre le rotte dei migranti, compresa la Balkan Route, è un fattore di stabilità. La comunità internazionale auspica che l'Arabia isoli lo Stato Islamico che è il nemico numero uno dell'Occidente e dell'Africa.

Un Paese contraddittorio. Il conservatorismo religioso si abbina con una volontà politica progressista che ha dato vita a Vision 2030. Questo prospetta un cambiamento su molteplici fronti che necessita, accanto alle riforme economico-finanziarie, anche di uno slancio progressista dal punto di vista sociale, fondamentale per conquistare consenso tanto tra i sudditi sauditi quanto tra i potenziali investitori e visitatori internazionali. Da pochi anni, infatti, il principe ereditario ha permesso a 49 Paesi, tra i quali l'Italia, di avere un visto in 7 minuti e di poter visitare l'Arabia con abiti “non troppo succinti”. Siti archeologici e Mar Rosso, un tempo impossibili da visitare, sono ora accessibili anche a noi occidentali.

Il cambiamento riguardo i diritti delle donne c'è, anche se lentissimo e non si limita alle prime donne al volante nelle grandi città; cosa che ha interessato i media di metà mondo. Nel 2019, il Global Gender Gap Report posiziona l'Arabia Saudita 146° su 153 Paesi analizzati, sotto il Libano di una posizione e sopra il Ciad in crescita rispetto gli anni precedenti. Nel gennaio 2019, durante i mondiali, le donne hanno avuto accesso per la prima volta allo stadio ed alcune di loro sono entrate a volto scoperto. Nel febbraio 2019, l’Arabia Saudita ha nominato la sua prima ambasciatrice donna presso gli USA: la principessa Rima bint Bandar al Saud, conosciuta ai più per difendere i diritti delle donne nel Paese.

L'immaginario del principe ereditario è una sorta di post-modernità. A Riad i grattacieli stanno crescendo come funghi; nonostante la pandemia. Idem per Jeddah. Da qui con strade larghe si raggiungono le città sante di Mecca e Medina. Questa rincorsa alla modernità “vetro e acciaio”, tralasciando l'architettura araba che conquistò il Mediterraneo compreso il nostro Sud Italia, non mi entusiasma a differenza di molti occidentali che amano gli skyline delle nuove città futuriste.

L'Arabia, da sempre e soprattutto per motivi religiosi, è attenta all'ambiente. Un metro quadro su tre è protetto. Ha un vasto sistema di aree protette tra le quali il parco nazionale dell'Asir, alcune riserve naturali tra cui la Dawhat al-Dafi e la Dawhat al-Musallamiyya, che in totale ricoprono il 37% del territorio del Paese.

Si tratta di un Paese intraprendente. Ha un PIL pari al 2.20% recuperando diversi punti percentuali dal giugno 2020, l'anno della pandemia. L'agenzia di rating Moody’s prevede per il periodo 2021-2024 una crescita dell’economia dell’Arabia saudita pari al 3%. Per essere il Paese più ricco della Lega Araba è un risultato non da poco.

Purtroppo, è poco italiana. Nonostante i sauditi amino acquistare il lusso “made in Italy” le mete europee da loro preferite vedono l’Italia al quinto posto, preceduta da Regno Unito, Germania, Francia e Paesi Bassi che, al nostro confronto, fanno desiderare.

Infine, è una nazione global. Non lo testimonia solo il forum annuale di fine gennaio “Future Investment Initiative (FII)”, una sorta di Davos del deserto, ma il fatto che il Paese si sia aggiudicato una tappa del Gran Premio di Formula Uno del 2021 che si terrà a Jeddah a fine novembre. Sappiamo come lo sport unisca le nazioni e la cosa era impensabile prima del 2017.

Tutto questo fermento, lo ripeto, non deve farci dimenticare le violazioni dei diritti umani sopradescritte ma è la cooperazione e non l'isolazionismo che ci aiuta ad evolvere entrambi in modo bidirezionale. Se accadrà in modo unidirezionale torneremo all'export di democrazia tipo Bush che di guerre in Medio Oriente e, conseguenti rotte migranti, ne ha create sin troppe.

La via per aiutare gli Stati nazione a rispettare i diritti umani è il regionalismo; la dimensione sovranazionale. Per noi l'Unione Europea e per l'Arabia la Lega Araba; insomma, consessi internazionali più ampi. La vecchia Europa potrebbe imparare ad accogliere i migranti che, peraltro, le consente di sopravvivere e far rinascere tutte le aree collinari o montane dismesse. Nel contempo nei Paesi della Lega Araba potrebbero essere aiutate tutte quelle primavere che sono state schiacciate dal conservatorismo. Ma in tutto ciò, per l'appunto, serve maggior cooperazione e non certo dar voce al sig. Boycott.