La pandemia ha dei risvolti che non ci hanno reso più facile il quotidiano. Ma un regalo che ci è offerto grazie ad essa riguarda i Festival del Cinema. Ante Covid 19 i film presentati ai Festival erano rivolti ad un pubblico limitato. Oggi, e fino a quando le sale cinematografiche resteranno chiuse, i film sono visibili sul computer di casa a chiunque sottoscriva l’abbonamento, che ha un prezzo modesto. Per richiedere l’accredito andare sul sito www.triestefilmfestival.it I film resteranno fruibili per 72 ore dalla prima trasmissione unicamente da utenti sul territorio italiano, con sottotitoli in italiano e in inglese. Mancano, certamente, i dibattiti in presenza con registi, attori e produttori dei film e il buio avvolgente della sala, che raccoglie le emozioni che circolano fra il pubblico durante la visione del film, ma da gioia pensare che in molti riusciranno a vedere i film che scompaiono dopo un Festival, se nessuno li ha comprati. Magari belli, ma considerati non commerciabili.

Il trentaduesimo Trieste Film Festival, on-line dal 21 al 30 gennaio, proietta dal 24 al 26 gennaio 2021 più di 50 titoli, fra lungometraggi, cortometraggi, documentari, una sezione Art&Sound e il premio Corso Salani. La nuova realtà da fronteggiare impone ai direttori, Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, nuovi format, per cui ci sarà una serie di meetings one-to-one on-line. Ogni dettaglio del gran numero di eventi organizzati sarà a disposizione di chi si accredita.

Se ad aprire il festival sarà Underground, Palma d’oro a Cannes nel 1995, la favola anarchica e surreale con cui Emir Kusturica “reinventò” col suo stile debordante la dissoluzione della Jugoslavia, a chiuderlo ci sarà un altro grande film, Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, vincitore del Grand Prix in quella stessa edizione. Due film che non si potrebbero immaginare più diversi, “come dire – per usare un’espressione coniata all’epoca dal critico cinematografico Morando Morandini –l’Iliade e l’Odissea di questa fine di secolo”.

Le trame di molti dei 13 lungometraggi sono fedeli alla storica missione di questo Festival, ossia di portare in Italia il meglio del cinema dell’Europa centro orientale, ma anche – basti pensare alle recenti edizioni dedicate al Muro di Berlino e alla riunificazione della Germania – tenere viva, proprio attraverso il cinema, la memoria delle pagine più importanti della storia di questa parte di (vecchio) continente, storia contemporanea di cui, in generale, si sa poco. Corruzione dei servizi sociali nella Serbia di oggi (Father di Srdan Golubović); vita precaria in Kosovo da cui si espatria per un futuro migliore in Germania(Andromeda Galaxy di More Raça); Ingegnere farmaceutico discriminato per ragioni etniche (Exil di Visar Morina ); difficoltà che affrontano le famiglie separate dall’emigrazione (I Never Cry di Piotr Domalewski ); dramma di una donna pronta a mettersi contro l’intero villaggio per ospitare un migrante ( Fear di Ivaylo Hristov). Dall’Europa di oggi si passa a trattare argomenti dell’immediato dopoguerra con A Frenchman di Andrej Smirnov, la Mosca del 1957 vista con gli occhi di un ragazzo francese, figlio di un ufficiale arrestato negli anni 30, e In the Dusk di Šarūnas Bartas, il romanzo di formazione di un diciannovenne sullo sfondo della Resistenza lituana contro l’occupazione sovietica dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Dalla Grecia arriva Pari di Siamak Etemadi, una madre iraniana per le strade di Atene alla ricerca del figlio studente, di cui non ha più notizie; dalla Romania la commedia satirica The Campaign di Marian Crișan, un politico in odor di corruzione. E ancora, due dei film più sorprendenti della scorsa stagione: il polacco Sweat di Magnus von Horn. tre giorni nella vita di una “fitness-influencer” che da star di instagram diventa vittima di uno stalker, e il georgiano Beginning di Dea Kulumbegashvili, storia di una donna, Yana, moglie del leader di una comunità di Testimoni di Geova attaccata da un gruppo estremista. Per finire, Faruk Lončarević, che in So She Doesn’t Live si ispira al più efferato caso di omicidio della Bosnia post-bellica per raccontare un mondo ancora brutale.

Dieci i titoli del Concorso documentari. Interessanti informazioni su Russia, Moldavia, Romania, Ucraina, Bulgaria e Lituania, attraverso differenti storie che si svolgono in quei paesi. Sedici i titoli del Concorso cortometraggi. L’Italia è rappresentata da Illusione di Lorenzo Quagliozzi e La tecnica di Clemente De Muro e Davide Mardegan (CRIC).

Due nuove sezioni integrano l’impianto tradizionale dei concorsi: Fuori dagli sche(r)mi e Wild Roses: Registe in Europa.

«Con Fuori dagli sche(r)mi – spiegano i direttori artistici – abbiamo voluto creare una vetrina dedicata alle nuove prospettive e alle nuove forme cinematografiche. Film che manifestano un grado di “libertà” tanto nella durata quanto nella struttura narrativa, aperti a ibridazioni di generi e linguaggi». Una sezione aperta tanto ad autori affermati quanto a giovani talenti.

A proposito di Wild Roses: Registe in Europa dicono Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo “ Ci è sembrato doveroso fare la nostra parte per valorizzare le registe europee attraverso una sezione ad hoc. Per cominciare, non potevamo che scegliere la Polonia, dove più che in ogni altro luogo, negli scorsi mesi, le donne hanno fatto sentire la propria voce contro nuove leggi che vogliono limitarne le libertà fondamentali”. Cinque le registe “presenti”, seppure in streaming, al festival (e che parteciperanno a un panel coordinato da Marina Fabbri: Hanna Polak con Something Better To Come, ritratto di Jula, che vive la propria adolescenza nella più grande discarica d’Europa; Agnieszka Smoczyńska con The Lure, l’amore tra due sirene e un bassista nella Varsavia degli anni 80, tra horror e musical; Anna Zamecka con Communion, storia di bambini che devono crescere (troppo) in fretta; Anna Jadowska con Wild Roses, la vita di una città nella Slesia meridionale, tra la chiesa e le coltivazioni di rose, uomini che lavorano all'estero e giovani che si ritrovano di sera alla fermata dell'autobus; Jagoda Szelc con Tower. A Bright Day, una prima comunione come tante mentre la tv riporta notizie inquietanti.

Promossa in collaborazione con Sky Arte, che premierà uno dei film della sezione attraverso l’acquisizione e la diffusione sul canale, Art&Sound propone quest’anno cinque titoli in anteprima che esplorano i più diversi ambiti artistici. Ci riempie di aspettative Le Regard de Charles di Marc Di Domenico e Charles Aznavour, quarant’anni di vita, amori, viaggi del mitico chansonnier e attore attraverso le riprese della sua prima, inseparabile cinepresa, dono di Edith Piaf.

Confermata anche quest’anno la formula del Premio Corso Salani 2021 che presenta cinque film italiani completati nel corso del 2020 e ancora in attesa di distribuzione: la dotazione del Premio (2mila euro) va intesa quindi come incentivo alla diffusione nelle sale del film vincitore.

Giunto all’undicesima edizione, When East Meets West. L’edizione 2021 prevede quattro giorni dedicati a produttori, broadcaster, mercati, fondi regionali italiani, europei, e non solo. L'idea, anche in questa edizione, è quella di dare vita a un appuntamento capace di creare un forte legame tra le regioni e i paesi coinvolti. Attraverso tavole rotonde, masterclass e case-study, si incontrano professionisti di diversi paesi, rendendo così WEMW punto di riferimento per i produttori che vogliono avviare collaborazioni per realizzare i loro progetti. Un’occasione di dialogo e confronto per ripensare il presente e trovare nuove ispirazioni per il futuro. Senza però perdere quell’atmosfera informale e quegli aspetti ludici che hanno sempre caratterizzato l’appuntamento di Trieste.