Lunedi 16 novembre 2020, Italia: di fronte a tutti i supermercati discount del marchio tedesco Lidl, fin dal mattino, si sono formate lunghe file di persone, in attesa dell’apertura delle porte. Motivo? La messa in vendita fino ad esaurimento delle scorte delle sneakers multicolorate a marchio e linea Lidl a circa 13 euro. È stato un sold out di cui hanno subito parlato tutti i media italiani.

Le scarpe (ma questo è un mio punto di vista e si sa, il gusto non è sinonimo di bellezza) sono abbastanza impresentabili per quanto riguarda l’aspetto estetico; certo, non sono le uniche in questo periodo, anzi, tutto sommato ad un primo sguardo si mischiano abbastanza facilmente con il resto dell’attuale produzione del settore. Non sono innovative, non sono rivoluzionarie e, dato il costo, non rappresentano neppure il frutto di chissà quale progettazione nella direzione del benessere.

Al di là delle parvenze effimere, il fenomeno è molto interessante da studiare e comprendere, da un punto di vista sociologico.

Parto con un’affermazione diretta e inequivocabile: oggi come non mai le masse si possono plasmare, convincere e far spendere, soldi ma soprattutto energie e tempo.

La lezione di Warhol continua a mietere vittime, insomma: il gusto pop kitsch prevale anche in questo momento difficile del nostro pandemico mondo.

Non so se c'è qualcuno tra voi, cari lettori, che ha fatto per ore la fila per aggiudicarsene un paio e soprattutto se c'è qualcuno che è disposto ad ammetterlo qui, pubblicamente.

Su cosa si basa questo boom che ha praticamente creato una campagna commerciale e informativa su tutti i media nazionali a costo zero per far passare il messaggio che ora il marchio Lidl sia di moda? Su 4 elementi ben precisi:

  • il fatto che comprarle ti fa sentire parte di un gruppo (rappresentanza, partecipazione);
  • il numero limitato delle scarpe in vendita (il metodo è figlio delle aste e del marketing artistico, ahinoi: l'arte contemporanea, che arte ormai non è più, è il cuore e il cervello del marketing moderno);
  • il prezzo bassissimo per delle scarpe a numero limitato (chi frequenta i discount cerca il risparmio, è il focus della loro attività, sa sempre);
  • ultimo punto, forse il più curioso, il fatto che molti queste scarpe non le indosseranno mai ma le metteranno in vendita direttamente, perché è stato fatto passare il messaggio che sarà possibile rivenderle on line a prezzi che chiamerei folli, anche fino a 300 euro al paio; è un “si dice” ma si sa, da che mondo è mondo spesso basta una diceria piena di speranza o di paura, senza specificarne la fonte, a convincere le moltitudini a pensare e ad agire in un certo modo.

L'idea del piccolo investimento che porti facilmente ad un grande risultato economico è quindi il cuore della questione. Certo, poco dopo l’acquisto, in tutti questi casi, si inizia a riscontrare qualche problemino a cui non si era preparati. Per esempio: chi è disposto a spendere, oggi come oggi, tali cifre per aggiudicarsi delle scarpe a marchio Lidl e non Nike, New Balance, Adidas o comunque marchi che nel settore hanno una storicità assoluta, più o meno condivisibile ma oggettiva?

Già oggi, detto tra noi, è possibile acquistare on line le stesse identiche scarpe a poco più di 70 euro: già il "presunto affare" è molto men che dimezzato nel giro di poche ore dalla messa in vendita ma tant’è. Torniamo al concetto sociologico: l'affare eclatante con il minimo sforzo. Questo è il mantra che da sempre, fin da quando è nato l'essere umano ed oggi ancora di più, sa smuovere le masse come nessun altro.

L'illusione di investire poco quanto acquistare qualche biglietto dei mezzi pubblici e moltiplicare velocemente per 15 la propria possibilità di guadagno è tutt'ora un'esca formidabile. Poco importa che poi non si riesca a vendere a tali cifre: “Sarà colpa mia nel caso”, pensa il felice possessore del tesoretto tanto agognato, del prezioso dono per cui si è stati disposti a svegliarsi alle 6 del mattino per mettersi in fila: “Sono io che non riesco a trovare il modo giusto per proporle, han detto che valgono 300 euro, l’ho anche letto sul giornale, eh!”.

Intanto la Lidl è finita in prima pagina e in prima serata su tutti i media, con una campagna pubblicitaria pressoché gratuita e capace di offrirle una "nuova immagine" da proporre al pubblico; allo stesso tempo gli speranzosi acquirenti sono stati fotografati nel mentre delle loro chilometriche code. Di fatto, solitamente, le comparse di un film o di una pubblicità vengono pagate per prestare la propria immagine: loro no, loro hanno anche pagato e dato qualche ora della loro vita per portare fieno in cascina all'immagine dell'azienda.

Geniale no? Comprendete per favore la qualità che sto dando al termine "geniale", vi prego...

Penso che il fenomeno delle sneakers economiche a numero limitato sia davvero figlio dei nostri tempi; tempi in cui lo specialista e artigiano che studia e costruisce con un processo "qualitativo" l'oggetto che poi metterà in vendita è considerato un povero idiota, passatista e incapace di adeguarsi al presente.

Oggi siamo ancora nel pieno dell'era della "quantità", da parte di chi produce e, aihnoi, da parte di tanti consumatori.

Anche le campagne elettorali si compiono ormai allo stesso modo.

Chiedetevi il perché.